sabato 7 dicembre 2019

Rapporto Censis 2019
Perché gli italiani sognano l’uomo forte?


In linea  di massima  la cosa non dovrebbe meravigliare, soprattutto l’addetto ai lavori, il sociologo insomma. Eppure merita una spiegazione.  
Di che parliamo?  Del 53° Rapporto Censis (*) dal quale si evince che un italiano su due è favorevole all’uomo forte al potere. E che quindi  non vuole sentir parlare di governo delle leggi.   Detto altrimenti,  di stato di diritto e democrazia rappresentativa
Qui si registra una continuità antropologica che va oltre il Rapporto.  Attenzione, nulla di lombrosiano. Con il termine intendiamo continuità culturale. Un aspetto che rinvia alla condizione umana. Pensiamo a  una specie di  “seconda natura” O se si preferisce  un'  antropologia  acquisita nel tempo storico. Ci spieghiamo meglio.
Gli uomini per migliaia di anni sono stati governati da altri uomini. Il governo delle leggi, o meglio la teorizzazione compiuta del governo delle leggi, è cosa moderna, che ha pochi secoli di vita (seppure con alcuni precedenti filosofici). Pertanto la sottomissione al “capo”  è  la regola sociologica non l'eccezione.
L’uomo, antropologicamente, vuole essere governato da altri uomini, meglio ancora se  da un uomo solo al comando: un re, un imperatore,  un principe, ma anche un tiranno, un dittatore, un duce.  
Esistono ovviamente spiegazioni, etnologiche, psicanalitiche, mitografiche, storiche e politologiche  che qui è inutile richiamare.  Il punto fondamentale resta  quello della preferenza culturale verso forme di  obbedienza, spesso assoluta, all’ uomo e non a leggi impersonali.  Leggi, queste ultime, create e codificate dagli uomini per altri uomini, alle quali per convenzione  tutti poi dovranno  ubbidire: legislatori e cittadini.   E per questo motivo  sospette ai più.  Perché, ci si chiede, fidarsi di uomini come me?  Che non hanno alcuna qualità speciale?   
Per contro, e a riprova,  si pensi,   in pieno Novecento, al delirio delle folle  per figure ritenute  invece “speciali”  come Mussolini, Stalin, Hitler. Oppure,  ancora oggi, al fascino che esercita  sulla gente  uno strambo personaggio come Trump. Siamo dinanzi a qualcosa che travalica la forma stessa dei regimi politici. Un sedimento antropologico.
Inoltre,  cosa non secondaria, lo  stato di diritto, richiede ragionamento e argomentazione, mentre l’appello al popolo del  “Cesare” di turno (il Cesare “originale”, ad esempio, affossò lo “stato di diritto” della Repubblica romana), è immediato e comprensibile per  tutti:  si  procede per sì o no, senza dover argomentare. E a colpi di spada quando occorre. 
Tra lo stato di diritto  e il  culto del capo c’è la differenza che passa tra  la diligente applicazione che richiede lo  studio e un schiaffo sferrato con violenza. Lo studio impone tempi lunghi,  uno schiaffo può essere sferrato da chiunque in un attimo. Le regole sono faticose da capire,  la violenza, a cominciare da quella verbale,  è chiara per tutti.
Ovviamente, come insegna la sociologia,  il potere è sempre gestito da pochi. Anche un sovrano assoluto ha necessità dello stato maggiore:  non esiste il potere solitario. Però per molti uomini e donne è bello e facile crederlo. Di qui,  il fascino del  “capo” che come un  dio, vede provvede.  
Insomma, la teorizzazione liberale  (dello stato di diritto e della democrazia rappresentativa)  resta assai difficile da comprendere  perché impone regole, procedure, tempi lunghi, spesso errori e  incertezze. E gli uomini, piaccia o meno,  al capire preferiscono il credere. 
E sembra essere  ancora   più  incomprensibile   in un momento come questo,   dove  due italiani su tre, come asserisce il Censis, dichiarano di   vivere  in stato di ansia per il futuro.  Che l’ansia sia motivata da fatti reali o meno, qui non interessa, il vero punto è  la incombente (e ricorrente) deriva canina...  Il fatto che  la metà degli italiani,   come quei cani dagli occhi umidi,  implori   un padrone capace di accudirli.  
In qualche misura, se ci si passa la mediocre figura retorica,   l’intonaco liberale  mostra  segni di scrostature in più punti. Sotto la vernice affiora la rozza pietra di un uomo per secoli abituato a obbedire a un uomo ritenuto come solo al comando. 
Purtroppo, ripetiamo,  la sottomissione volontaria al potere assoluto sembra essere la regola,  il liberalismo l’eccezione.  Un’eccezione che ha pochi secoli di vita. Il liberalismo è un vero e proprio esperimento antropologico. Quasi un miracolo.
Il Censis sembra perciò  confermare  una regolarità sociologica, diremmo metapolitica.  Quale?  Che  gli uomini alla  libertà, sotto il governo delle leggi,   preferiscono la sicurezza  regalata  dal tiranno.
Il liberalismo innanzitutto parla ai  coraggiosi. Non ai codardi.  Del resto, come osservava il pavido Don Abbondio  manzoniano, "il coraggio uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare"...  

Carlo Gambescia

                                                     

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