venerdì 21 luglio 2017

La sentenza su “Mafia Capitale” e la delusione dei “Giornaloni Unificati”
A Roma non si usava la lupara




Sintomatica la delusione dei "Giornaloni Unificati"  (d'ora in avanti, GU),  a proposito della sentenza su “Mafia capitale” che azzera una bufala politica:  quella di Romolo e Remo  con la lupara…  Ma, sintomatica,  di che cosa? Di  aver visto andare a fondo il teorema  della “cupola”  di cui parlavamo ieri, applicato a Roma.   Così amato da certo giornalismo del  cupio dissolvi, per dirla dottamente. Oppure,  se si preferisce,  "del tanto peggio tanto meglio": il vischioso pantano ideologico dove  sguazzano beatamente i GU.   Che, consapevolemente o meno,  con questo fare giustizialista,  sono riusciti  a spianare la strada al populismo  grillino. Complimenti. 
Si dirà ma “Corriere della Sera”, “Repubblica”, “Stampa”, sono politicamente  moderati.  Sì, ma non quando si parla di giustizia.  Soprattutto se applicata alla destra berlusconiana e al centro-sinistra renziano: i nemici per eccellenza dei salotti buoni ("Ma che bontà, ma che bontà, questa sinistra qua"). Esiste, infatti,  una sorta di riflesso condizionato verso  tutto ciò  che si oppone a certo moralismo sinistrorso di casa nei GU.   Una reazione che, politicamente parlando,  ha radici antiche: si potrebbe arrivare fino a Felice Cavallotti (che però non temeva i duelli...).  Parliamo di  un moralismo flaccido che non va per il sottile, imperniato sulla "questione morale", ma solo quando tocca agli altri... O meglio, ai nemici politici.   E che interpreta la storia d’Italia  a senso unico:  come storia  di un leggendario malaffare, sullo sfondo del perverso  connubio tra  mafia e politica, cadendo così  nella fallacia (argomentativa) dell'accidente converso. Tradotto: della generalizzazione affrettata.    
Pertanto il “caso Roma”, per i GU  non rappresentava  che un altro ghiotto passo verso la prova definitiva di  un teorema  politico-giudiziario. Insomma,  gioco ricco mi ci ficco.  E invece è andata male.  Sembra che ogni tanto, anche in Italia,  ci sia un giudice a Berlino. Il che spiega i titoli aciduli.  
Invece di indagare sulle ragioni sociologiche  di quel “mondo di mezzo”,  il mondo degli appalti pubblici e della piagnucolose cooperative sociali,  i  GU  sono saliti in cattedra,  facendo finta di non vedere che il male è in un’economia pubblica, corrotta proprio perché pubblica. Che dispensa soldi dei contribuenti a destra e manca.  Perché?  Per la semplice ragione  che  i GU  continuano a succhiare finanziamenti pubblici, seppure indiretti, proprio come faceva il vampiro Buzzi: il principio era ed è lo stesso. Come   ad esempio  sul piano fiscale: IVA ridotta  o esente. Fortunatamente,  sono state sospese le agevolazioni postali (al 2012 le poste avanzavano crediti per 251 milioni euro) e quelle sul prezzo "politico" della carta (*). Si dirà, poca cosa alla fin fine. Ma, talvolta, a pensar male...
E comunque sia,  al di là delle questioni ragionieristiche, c’è un  male più profondo: quello dell’assoluta mancanza, da parte dei GU del senso della dignità nazionale. Qui siamo veramente al di sotto del minimo sindacale. Ci spieghiamo: l’idea che i panni sporchi si debbano lavare in famiglia, non ha alcuna nobilità morale. Ma che pensare  dell’idea di veicolare all’estero,  senza avere alcuna prova, l’immagine di una  Roma, capitale d'Italia,  armata di  lupara?  Che razza di  messaggio si è trasmesso?  E parliamo di  giornali italiani che fanno opinione all’estero. Che giornalismo di merda (pardon).    
Ora i giudici hanno rimediato. Ma l'immagine di Roma è compromessa. Al posto del sindaco, chiederemmo i danni...
   


Carlo Gambescia                
  
(*) Qui una dignitosa sintesi della questione: http://www.ilpost.it/2014/01/10/contributi-editoria-giornali/.  Qui invece sulla nuova legge: http://www.ilpost.it/2017/03/27/giornali-soldi-pubblici/