venerdì 7 luglio 2017

  Il Premio Strega 2017 a  Paolo Cognetti
Uno spettro si aggira per l'Europa: la montagna





Wikipedia  ha subito  recepito  la vittoria al  premio Strega di Paolo Cognetti,  ricordandoci  che   "Le otto montagne  uscito per Einaudi  l’ 8 novembre del 2016  è  (…) il suo primo romanzo in senso stretto:  venduto in 30 paesi ancor prima della pubblicazione”.
30 paesi. A breve torneremo sul punto.
Paolo Cognetti scrive bene? Scrive male? Di lui, come scrittore, sappiamo poco o punto. Non andiamo oltre il “compitino” di Wikipedia. E del romanzo sappiamo ancora meno, tranne che celebra  “il ritorno alla montagna”. Insomma,  la fuga dalla civiltà.  Classico mito  romantico, che se nell’Ottocento ( tra l’altro, secolo dell’alpinismo, come innocuo sport però) avesse vinto,  oggi vivremmo  tutti  come gli stambecchi. 
Finisse così: Cognetti ha vinto, viva Cognetti, avanti il prossimo, il danno sarebbe limitato.  E invece no. Ci  sono i cretini mediatici (dall’inviato  del Tg1,  ai dementi dei Social), che, come da copione decrescista, devono rilanciare un messaggio letterario,  tramutandolo però  in una  specie di Manuale dell'Unica Salvezza Possibile, che unirà tutti i neo-proletari della montagna, trasformando quest’ultima nell’ennesimo spettro (post-marxiano) in giro per l’Europa.
Ci spieghiamo meglio: il Social-cretino, andando oltre (forse) i desiderata di Cognetti,  celebra “il ritorno alla montagna”, come ideologia politica. Il tutto, tra poco,  moltiplicato per 30 paesi.
Basta aver letto Arnold  J. Toynbee, dove parla di civiltà arrestate e di sfide ambientali,  per capire, che la civiltà, quella che lascia il segno e, quando tramonta,  passa il testimone (e che testimone…),  nasce dove c’è il mare, il fiume, la pianura, persino la steppa, il deserto, la foresta, ma non  tra  ghiacci e vette. E se pure qualcosa si sviluppa ci si limita alle funzioni essenziali: pascolare il bestiame se possibile, coltivare quel che si può, proteggersi dalle intemperie e,  nelle ore libere, pregare il dio degli elementi naturali. Chiamala se vuoi sopravvivenza.   
Pensiamo a luoghi panoramici, ottimi per ritemprarsi e ritrovare se stessi, ma non per scalare il cielo della storia umana:  conquistare popoli,  creare arte, cultura, diritto, eccetera, eccetera.  Eventualmente, la montagna può essere un punto di fuga, un luogo da dove scappare, gettandosi verso la pianura e il  mare, come insegna la storia della montuosa Ellade. Un punto di partenza. Al quale  ritornare, dopo n-generazioni,  con giacche a vento, sci e dopo-sci.
Ora, Cognetti è uno scrittore, fa il suo mestiere (bene o male, chi siamo noi per  giudicare…),  ma il cretino mediatico che rilancia, un messaggio estetico (per alcuni, estetizzante), trasformandolo in politico, andrebbe letteralmente preso a calci tra i denti (pardon).  Perché una cosa è la “filosofia delle vette” ( che tra l’altro, non l’ha scoperta Cognetti), un’altra è proporre il montanaro e la vita tra le montagne, come reale modello di civiltà. Addirittura,  come un “mondo possibile” per tutti: un'alternativa pratica, fattibile, sciué sciué.  
Per carità, nessuno ne parli con quelli di Cinque Stelle.

Carlo Gambescia