mercoledì 29 marzo 2017

 La Scozia  chiede il referendum
Europa, prove tecniche di guerra civile?


Perché meravigliarsi del referendum chiesto dalla Scozia? Quando la Gran Bretagna si è comportata nello stesso modo nei riguardi dell’Europa?  Inoltre, in ogni stato nazionale europeo (ma anche altrove), da secoli, esistono minoranze sempre sull'orlo della secessione. Va però anche sottolineato che la febbre referendaria che sta assalendo l’Europa sembra non promettere nulla di buono. Probabilmente parlare di  guerre civili annunciate può apparire eccessivo.  Ma il rischio esiste. Proviamo perciò a capire  meglio  le cose, magari proprio dal punto di vista sociologico e metapolitico.
Diciamo intanto che  non esiste un tasso preciso di conflittualità tra unità politiche in base alle dimensioni: quanto al “formato” politico, piccolo non è bello come non  è bello neppure grande e addirittura “medio”.  Inoltre, non c’è una relazione precisa tra regimi politici e tasso di conflittualità.  Non può però essere negata l’esistenza di una costante o regolarità egemonica, ossia  la naturale tendenza all’accrescimento delle unità politiche: un' azione centripeta cui corrisponde la reazione centrifuga delle unità minacciate di assorbimento, e così via. Perciò  ogni sistema - tendendo alla crescita - vive sempre  in uno stato di tensione politica, motivato dalla contesa tra forze centripete e centrifughe,     
Ora, fra tutte le formule, storicamente usate, per legittimare la costituzione di macro-unità,  la formula democratica dell’autodeterminazione dei popoli in base alla nazionalità è probabilmente la più instabile.  Non che le altre formule (impero, città-stato, comuni mercantili,  signorie e principati o comunque regni regionali, assoluti o temperati) non abbiano inconvenienti, ma  la dinamica democratica, unita a fattori come sovranità del popolo, lingua,  territorio,  rappresenta una sostanza, sociologicamente parlando, analoga alla nitroglicerina.
E per quale ragione? Perché non siamo di fronte, come negli altri regimi citati,  di privilegi e franchigie  che possono essere  revocati (certo, talvolta provocando conflitti), ma di diritti, perciò non di fattori volatili.  Siamo davanti alla proclamazione di un  principio di funzionalità deontologica che, a prescindere dal fatto che possa confliggere o meno con la funzionalità sociologica del processo di  accrescimento,  se richiesto da popolo, deve essere implementato.
Lo sviluppo  e il consolidamento  degli stati nazionali -  che non è altro che un processo di transizione dal micro al macro -  è  storicamente contraddistinto da questi episodi.  Perciò, perché credere che il  processo di unificazione europea, quindi un passaggio, anche storico,  dal micro al macro, sia  esente da reazioni centrifughe,? Reazioni,  che per giunta come nel caso scozzese,  hanno radici lontane e legate a precedenti processi di unificazione?    Se si accetta  una  formula politica imperniata sulla funzionalità deontologica, quindi all'insegna del "costi quel che costi" dell'etica dei princìpi,  non si possono  non mettere in conto le spinte centrifughe, addirittura appoggiate da élites,  anch'esse "dentologicamente" contaminate,  quindi   sempre sul  punto di dividersi.  
Insomma, il dover essere, quale principio e diritto all’autodeterminazione, rischia di incidere, e pesantemente,  sull’essere sociale.  Detto altrimenti:  sulla funzionalità sociologica del consolidamento di una macro-unità (a prescindere dal reale "formato" raggiunto);  funzionalità,  come abbiamo visto, dettata da una tendenza egemonica all'accrescimento, metapoliticamente naturale. Che insomma va al di là della forma di regime.
Ciò però significa che all’interno di una democrazia, la cui formula politica è  basata sul diritto all’autodeterminazione, il contrasto  tra  funzionalità deontologica e funzionalità sociologica (e metapolitica) non è facilmente risolvibile.  Se non con il buon senso da parte di tutti gli attori politici. E quando manca quest’ultimo, inevitabilmente,  con un atto di forza.  Che però può preludere alla guerra civile.

Carlo Gambescia