sabato 10 gennaio 2015

Parigi sotto choc
Rassicurare, sopire spegnere



Gli autori degli eccidi  di Parigi  sono stati eliminati con una mobilitazione di tipo  militare che non ha precedenti recenti,  se non  nella guerra franco-algerina. Però  il  sentimento che ora sembra prevalere, nonostante il  dispiegamento di forze,  è  lo smarrimento.  E non solo in Francia.  Insomma,  se reazione   vi è stata,  si è trattato di una specie di riflesso burocratico del braccio poliziesco cui si è affiancata la tromba mediatica  delle dirette, delle dichiarazioni politiche scontate e delle polverose manifestazioni di piazza.  L’impressione è che, questa volta, i politici (quelli chiusi fino a poche ore prime chiusi nei palazzi del potere), come la gente comune (quella rimasta attaccata alla televisione), abbiano capito che la guerra (perché di questo si tratta)  sarà lunga, sarà dura, sarà difficile. 
Una guerra ideologica,  feroce e  asimmetrica  con un  nemico invisibile in casa… Di regola,  in guerra, i civili all'estero  delle nazioni nemiche  vengono internati o espulsi.  Ma come internare milioni di cittadini  francesi di religione islamica ? O espellere o  impedire l’accesso a  milioni di emigranti?  E poi chi colpire militarmente? Come e dove?  Anche perché  occorrerebbero mezzi e  risorse, materiali e politici immensi, di cui   Francia ed  Europa, al momento,  non dispongono.  Per non dire dell’Italia: non osiamo immaginare quel che sarebbe successo se una cosa del genere fosse accaduta a Roma o Milano.  
Di qui,  lo smarrimento della gente e della stessa  sinistra,  che però  inizia, seppure confusamente,  a capire che non  basta fare la punta alle matite o scendere in piazza per sconfiggere il nemico.  Uno smarrimento collettivo  sul quale  soffia invece  una destra irresponsabile  che,  gridando alla contro-guerra santa, sembra non aver  compreso  che la politica è arte del possibile: commisurazione tra  mezzi e fini. O se si preferisce "immaginazione del disastro".   
Che fare?  Alla guerra invisibile si dovrebbe rispondere con una guerra invisibile, altrettanto feroce nella sostanza, ma fredda e mirata nella forma,  tesa a eliminare le centrali del terrore con ogni mezzo.  Valutando di volta in volta le possibilità di escalation regionale sulla base delle risorse politiche e materiali disponibili allo scopo.  Dietro, naturalmente, una facciata politica  fatta  di moderazione e buon senso verso l’Islam, quantomeno per provare a dividerlo, favorendo, indirettamente,  ovunque possibile regimi laici e processi di secolarizzazione. E sempre con il sorriso sulle labbra e la mano tesa in segno di amicizia.  
Per  fare tutto questo,  i politici di destra e sinistra  dovrebbe  studiare o ristudiare da cima a fondo Machiavelli, i media collaborare, come del resto l’apparato giudiziario. E tutti insieme rileggere anche Carl Schmitt.   Stato di eccezione?  Sì, ma senza dichiararlo.  Rassicurare, sopire, spegnere.

Carlo Gambescia 

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