giovedì 19 ottobre 2017

La mozione  del Pd presentata ieri contro Visco
 Renzi e la Banca d’Italia, 
non solo isteria…
  


La mozione del Pd contro Visco ha prodotto molte letture  politiche, ne ricordiamo solo alcune: la complottista (Renzi vuole  vendicarsi del "torto"  subito dalla Ministra Boschi); la bancaditaliaista (Renzi vuole mettere un suo  uomo,  esterno alla Banca d’Italia); bancario-politica (Renzi, vuole dare un contentino - e che contentino… -  ai suoi amici del mondo  bancario); la ipocrito-politica (Renzi, vuole minare l’autonomia economica  della Banca d’Italia); l’antiberlusconiana (Renzi, vuole favorire  Berlusconi, che odia Visco, per poi fare più facilmente, dopo le elezioni,  le larghe intese), la pseudo-sovranista (Renzi vuole sostituire Visco, con un nome più gradito alla "bancocrazia" mondiale).
Come si vede, ce n’è per tutti i gusti.
Personalmente, riteniamo che Renzi, come nota oggi Eugenio Scalfari,  -  una tantum,  giustamente -  soffra di periodici attacchi di isteria, e che di conseguenza finisca ogni volta per  rinunciare a qualsiasi forma di  prudenza, prendendo decisioni improvvise,  prive di qualsiasi costrutto politico.
Si pensi, in passato,  alla subitanea decisione di personalizzare il referendum  costituzionale,  (“Con me o contro o me”), finendo così per favorire il coalizzarsi di  tutti  i suoi scombinati  avversari.  E lo stesso potrebbe accadere con Visco. E ovviamente con conseguenze dannose per  Renzi e per l’Italia,   per i  possibili riflessi economici, quindi non solo di immagine.
Va pure detto che  dietro la difesa  di Visco e della cosiddetta autonomia- indipendenza  della Banca d’Italia, c’è  ipocrisia in dosi industriali.  L’Istituto di Emissione  non ha mai volato da solo: la guerra monetaria è sempre stata  cosa troppa seria per essere lasciata ai governatori.  Certo, nella storia dell’istituto di emissione, dopo la dittatura fascista,   ci sono  stati tra potere politico e Banca d’Italia,  periodi di lunga  bonaccia, si pensi agli anni aurei di  Guido Carli, e di violenta  bufera, come ai tempi di Fazio ( e ancora prima di Baffi).  Del resto, contrariamente a  tutte le fregnacce (pardon) democraticiste e socialiste sulla proprietà collettiva della moneta,  l’introduzione del mandato a termine,  ha rappresentato, di fatto,  una  riconferma della sottomissione della Banca d’Italia ai desiderata del potere politico.  Tradotto:  “Caro Governatore, a chiacchiere sei indipendente, se però provi ad alzare la testa o  scontentare politicamente qualcuno, a fine mandato, torni a fare l’impiegato di sportello” (si fa per dire).
Del resto, per portare un altro esempio,  la Banca Centrale Europea, nonostante Draghi guardi più o meno benevolmente all’Italia, dipende, di fatto, dalle banche tedesche, che a loro volta, dipendono, altrettanto di fatto, dalle decisioni della politica tedesca: di una nazione che, economicamente, rappresenta il 50 per cento dell’economia europea. E, quindi, con una forza politica, di pari valore. Sono le leggi della politica, bellezza…     
Pertanto, per tornare all’Italia, ripetiamo:  autonomia-indipendenza della Banca d’Italia dalla politica? Una barzelletta.  Il fascismo la comandava a bacchetta,  la Repubblica così e così. Ma l’ultima parola, mai dimenticarlo,  è sempre stata della politica.
Renzi, sintetizzando, invece di lavorare ai fianchi Visco, promettendogli qualche altro incarico prestigioso, in preda alla solita isteria,  rivendica, ciò che in Italia, terra dell’economia mista, è regola, purtroppo:  il predominio della politica sull’economia.  E, in particolare, sulla Banca d’Italia.
E chiunque oggi provi  meraviglia per questo,  o fa il  furbo o è cretino.


Carlo Gambescia