venerdì 20 ottobre 2017

Sondaggi
L’insostenibile pesantezza del populismo




Montagne di studi sul comportamento elettorale, eppure "di  doman"  ne sappiamo meno di prima. Perché? tecnicamente parlando, si sonda  ciò che c’è  di più volatile: opinioni formatesi, visto che il voto ideologico è sparito da un pezzo,  sull’ultimo telegiornale. Per capirsi: chi viene intervistato ripete a pappagallo le parole di chi abbia "parlato" per ultimo: un titolo di giornale, una notizia alla televisione,  uno scambio di idee con la zia, eccetera, eccetera.  I sondaggi, insomma, non sono molto  attendibili, se non  quelli -  ma anche in questo caso  con larghi margini -  effettuati a pochissime  ore dalle elezioni.    Quindi va sempre fatta la tara.
Un sondaggio del Barometro (*), uscito sulla Stampa,  dà in vantaggio  Pd (29%) e M5S (28 %). Mentre,  il Centrodestra,   assai frazionato,  potrebbe perseguire, se sommati,  la maggioranza dei voti ( 33,5/34 %),  ma, allo "scomputo" non quella  dei seggi.  Se non interverranno precisi accordi  tra i partiti, da veicolare abilmente agli elettori, il Centrodestra dove si vota con l’uninominale, andrà a fondo, rischiando di perdere,  come potrebbe accadere ai pentastellati  (anch'essi bisognosi di accordi), fino a  un terzo dei seggi.
In realtà, il Pd, soprattutto se si presentasse compatto, potrebbe ottenere la maggioranza relativa dei seggi, stravincendo la battaglia dell'uninominale.  Mentre Centrodestra e Cinque Stelle, come in un sistema di vasi comunicanti, potrebbero perdere o guadagnare seggi  ai danni dell’uno e dell’altro.
Altro dato che emerge  è che gli italiani sarebbero scontenti del Rosatellum, non tanto in sé, quanto perché  percepito  come una riforma  approvata in favore di alcuni partiti contro altri.  In realtà,  non si intuisce  il vero motivo di debolezza della legge: con  il Rosatellum, non ci sarà alcun vero vincitore, capace di governare da solo dopo elezioni. Infatti, il disegno complessivo della nuova legge è proporzionalista, non maggioritario. 
Si è invece accreditata,  la  versione anti-renziana della legge.  Evidentemente  “passata” nel Paese negli ultimi giorni.  Che l’elettore “sondaggiato” ripete a pappagallo.   Il che però  spiega due cose, che i mass media e i social sono largamente anti-renziani, danneggiando però con  Renzi, anche l’ipotesi riformista. Portando, di conseguenza,  acqua avvelenata  al mulino populista.  Insomma, i sondaggi, possono assumere forza  propria, e se ripetuti e diffusi capillarmente, influenzare, anche se in misura non sempre determinante, il voto. Quello vero.
Ovviamente, ripetiamo,  sono sondaggi: riflettono l’opinione - ci scusiamo per la  brutale semplificazione - del cretino che ha parlato per  ultimo, e possono perciò mutare rapidamente.  Del resto non  si dice la mamma dei cretini, eccetera, eccetera?
Rimane però un dato di fondo, strutturale,  pesante:  gli italiani  non sembrano ravvisare nel populismo un pericolo.  Anzi incoraggiano. Come a suo tempo  -  allora i sondaggi non esistevano - incoraggiarono il fascismo,  variante armata di un populismo che torna regolarmente ad affacciarsi nella storia d’Italia.  Dopo di che,  però,  il "popolo sovrano"  la pagò cara.
Eppure sembra che la lezione non sia servita. 

Carlo Gambescia