domenica 12 febbraio 2017

Vittorio  Feltri e   Geppi Cucciari:
politicamente scorretto contro politicamente corretto
 Tra i due litiganti…



Ieri abbiamo criticato  “Libero”   che  per demerito di  Vittorio Feltri  è assurto a  portabandiera della destra con la bava alla bocca, quella che vola rasoterra. E come si usa dire,  “politicamente scorretta". Oggi invece tocca a Geppi Cucciari, che rappresenta la punta dell' iceberg, di una sinistra che ha reinventato il politicamente corretto per  bacchettare  tutti da diecimila metri d’altezza. Vuoi mettere l’eguaglianza, che evoca Babeuf  e Marx,  con lo spirito da caserma del colonnello Buttiglione?   
Feltri parla di patate bollenti? Quindi usa il  registro basso.  Geppi Cucciari, allora che  fa?  Scomoda  il   Je suis Charlie,  celebrato  dalla sinistra porgi-l'-altra-guancia,  pennellando  un  Je suis patata bollente che, come piace dire alla cultura di sinistra, fa ridere e pensare.  Come il Totò, riveduto e corretto da  Pasolini.  Quindi registro alto. Altissimo.  
Si dirà è solo un’ attrice comica: sbagliato! Era però al Festival di  Sanremo (dieci milioni e rotti di telespettatori).  Oggi, come provano  indagini  al riguardo,  sono i comici alla   Crozza ( pure lui ospite),  tutti rigorosamente di sinistra,  a spostare voti. E soprattutto a diffondere quel clima di perfettismo morale, che nella pratica quotidiana, quella del popolo sovrano che prende la metro,  si traduce  “nel signora mia è tutto un magna magna”. A parte, naturalmente,  il vecchio Pci, con tanto di Berlinguer aureolato e i cinque stelle del beato  Frate Grillo e di  Santa Maria Virginia Raggi sindaco di Roma per grazia di Santo Casaleggio  da Milano. Amen.  
E qual è il prodotto finale? Che politicamente, sempre tra il popolo sovrano della metro,  viene meno qualsiasi forma di deferenza nei riguardi della classe politica e delle istituzioni parlamentari. Sicché, come sta avvenendo, rischia di stravincere, anche elettoralmente, la più stupida  credulità in quei   movimenti antipolitici  che rifiutano a priori - certo, a parole, come insegna Michels -  le “oligarchie politiche”.   Pertanto, per fare nomi e cognomi,  il politicamente corretto dei comici  rischia di  consegnare l’Italia al Movimento Cinque Stelle che -  quando si dice il caso -  ha come leader carismatico un comico.
Si dirà, questa classe politica  si è messa nei guai da sola. I comici fanno il proprio mestiere. Giusto. E poi  non si possono negare casi corruzione. Certo.  Ma l’Italia  non è mai stata una repubblica delle banane,  come la descrivono i Crozza, le Cucciari ( e compagnia cantante), di sicuro, almeno fino alla svolta giustizialista e populista del 1992-1994. E  per scoprirlo basterebbe leggere qualsiasi buona storia d’Italia, da  Lanaro a Bedeschi (ma in metro oggi si naviga...).  Però rischia di diventarlo. E per sempre. Soprattutto, se  destra e sinistra accapigliandosi stupidamente sul contrasto politicamente corretto-politicamente scorretto (tradotto: patata bollente vs Je suis patata bollente), continueranno a  inseguire l’antipolitica. I comici possono, anzi devono far ridere: sta poi alla politica evitare il linguaggio da cabaret televisivo. E governare.    
Il  “tutto sbagliato,  tutto da rifare”,  ripetuto in modo ossessivo, da  comici e politici insieme, rappresenta la ciccia dell' antipolitica  (dai due registri, alto e basso).  E se  amplificato  dai Crozza e dalle Cucciari e rilanciato dai  Salvini-Meloni, dai Berlusconi, perfino dai Renzi e  dalla vecchia guardia dei Pd,  rischia di favorire  Grillo. Il cui movimento,  come ogni forza politica, che non ha mai governato (a livello nazionale), assume davanti agli occhi degli elettori (il popolo sovrano della metro)  una credibilità superiore a quella  dei partiti che hanno governato negli ultimi venti anni, il più delle volte male.  Scienza politica? No, puro buonsenso: tra i due litiganti, il terzo gode... 
Dimenticavamo: Geppi Cucciari ha chiuso la sua performance invocando anche  la “verità per Tullio Regeni”. Cosa dire? Che  un pizzico di quel sale  complottista che piace tanto anche alla destra populista  non guasta mai. Solo che a sinistra si chiama, pomposamente,  ricerca della verità.
 Carlo Gambescia