martedì 14 febbraio 2017

I 70 anni  del Movimento Sociale
 Il ritorno della destra “pipparola”




La cosa non meriterebbe un pezzo, dal momento che  non si può neppure parlare di storia minore, perché, a differenza del fascismo di Mussolini, il Msi, alla stregua dei raffronti tra il Pci e il comunismo di Stalin,  non ha  dato,  nel bene e nel male, alcun  vero contributo storico. Come capita alle biblioteche di famiglia (i padri accumulano libri, le vedove donano, i figli vendono o gettano via), così il Msi ha gestito, e male, un'eredità ideologica, discutibile quanto si vuole, ma che era tale. E come? Scegliendo di coniugare,  per dirla con il geniale Maurizio Liverani di “Sai cosa faceva Stalin alle donne?" (1969), elettrificazione  e pensioni.
Naturalmente, i missini, pur lottando come leoni  per la parificazione pensionistica del combattenti Rsi,  non ebbero mai, durante la Prima Repubblica, l'imponente potere democristiano o comunista di dispensare pensioni di guerra, pompe di benzina, posti e non lavori. Tuttavia, quando Craxi negli anni Ottanta schiuse loro le porte della lottizzazione Rai, gli  sventurati  risposero.  Per non parlare della nobile  e difficile  arte del sottogoverno, in cui i post-missini hanno mostrato di essere  particolarmente versati,  quando sdoganati, pardon miracolati,  da Berlusconi.  
Il che vale per il  pane.  Quanto alle rose,  crediamo che  penoso  sia l’unico aggettivo che si può riservare all’incontro che ha chiuso  la celebrazione dei 70 anni  del Movimento sociale (1946-2016)  tenutosi il 10 febbraio scorso (*) ,  coordinato da Marcello Veneziani, ormai (come si dice a Roma)  cassamortaro  ufficiale di ciò che restava (poco) dell' eredità della cultura fascista,  da lui compendiata   -  quando si dice le "nuove sintesi"...  -   in  dio, patria,  famiglia:  sacra  triade che Veneziani considera  proprietà privata del fascismo.  Giusto.  Perché tutti coloro che votano Renzi sono mangiapreti e seguaci dell' amore libero. Per non parlare di quanto fossero bacchettoni i comunisti togliattiani  in grisaglia.      
Ciò che dispiace è che Battista e Lodoli, due intellettuali mai  banali, i cui padri  vestirono la camicia nera,  si siano prestati a un’ operazione di bassa cucina culturale… Come dire, di legittimazione un tanto al chilo.  In pratica,  si è applicato retroattivamente il metodo Berlinguer (Enrico)  anche al Msi di Almirante e ascendenti:  “ma quanto erano retti di qua, ma quanto erano retti di là”.  Diciamo che, visto ciò che è successo dopo,  i missini  pre-sdoganamento, non potendo sfiorare la marmellata, furono costretti ad essere retti: c'era la volpe, ma non c'era l'uva.   Del resto, come il dibattito chiarisce bene, e all’unisono purtroppo, sempre meglio degli anni Ottanta, quando l’untore Berlusconi, portò in Italia il morbo americano… Capito? I soliti  duri e puri dell’anti-consumismo. Tutti d'accordo, insomma: si stava meglio moralmente quando si stava peggio politicamente: peggio, secondo la vulgata degli anticapitalisti rossi e neri.  Passo del gambero, forever... 
Il che è molto deludente.  Anzi penoso, come detto. Perché, passi per Veneziani, che eccetto gli anni alla scrivania da consigliere Rai, sta  in piedi  tra le rovine da troppo tempo,  e per Lodoli rimasto fermo, romanticamente,  alle lucciole di Pasolini,  Battista sugli effetti positivi  delle trasformazioni culturali degli anni Ottanta ha scritto cose non banali.
Come concludere?  Che la celebrazione ( o commemorazione...) dei 70 anni  del Msi, poteva essere l’occasione per fare almeno un  convegno ( vero, non di partito)  su Giano Accame:  l’unico grande intellettuale della destra neofascista. Giornalista, scrittore, storico,  autore di libri che si dovrebbero ristampare. Subito.
Giano Accame era un fascista, intelligente, creativo, dialogico.  Oltre che una bella persona. E pure spiritoso. Ricordo che  un volta a cena, con altri amici, scherzando ( ma fino a un certo punto),  raccontava che esistevano due destre (fasciste),  quella dei baciapile, che lui definiva “pipparola”  e quella libertina, “scopereccia”. Ecco, quel che resta  oggi del Movimento Sociale, anche culturalmente (parola grossa), ha sterzato in direzione della destra "pipparola".

Carlo Gambescia    

(*)  https://www.youtube.com/watch?v=rpfPqGt_c6U