giovedì 9 febbraio 2017

Grillo e la libertà di  stampa
Il fascista digitale

Spaventa il feroce  odio di  Grillo e dei suoi accoliti  verso giornalisti e giornalisti. Del resto non passa giorno  senza  che il leader pentastellato non lanci pesanti insulti a questo o quel giornalista, chiedendo pene esemplari.     
Diciamo che in Italia il giornalismo ha sempre avuto vita difficile. Il cammino della libertà di stampa è iniziato da poco più di  due secoli. In Italia, intorno alla metà dell’Ottocento  la stampa libera, come la si intende nei manuali americani di giornalismo,  perfino nel Piemonte, che captava esuli da tutti Italia,  era ancora un sogno.  Nell’Italia liberale  le cose andarono un pochino meglio,  ma per i giornali "sovversivi" (anarchici, socialisti e cattolici), la vita era molto dura. Inoltre, in un paese con un  tasso di analfabetismo altissimo, giornali e giornalisti parlavano a se stessi e alle élites. Comunque sia, soprattutto all’inizio del Novecento, il giornalismo degli Albertini, dei Bergamini, dei Frassati, visse una  stagione  di modernizzazione e sviluppo.   
Dopo di che la Guerra (la prima ), per ragioni propagandistiche  e soprattutto  il fascismo, addirittura capeggiato un buon giornalista, distrussero totalmente la libertà di stampa in  Italia.  Libertà  che riprese il suo cammino  nel secondo dopoguerra. Ma ormai il danno era fatto: nell’immaginario collettivo italiano, il giornalista rimaneva  un  propagandista  ben pagato al servizio del potere economico:  soprattutto  per  cattolici e  comunisti,  libertà di stampa non era mai sinonimo di libertà dal denaro.
Di qui, nell’arco del dopoguerra, una serie di iniziative da parte di chi aveva subito l’elitismo giornalistico liberale e la durissima censura fascista. Si volle  favorire lo sviluppo di un stampa libera, a partire dai piccoli giornali, introducendo i finanziamenti statali diretti e indiretti.  Si tentò, insomma, di liberare i giornali dal denaro dei privati, iniettando denaro pubblico. Come poi finì, tra Tangentopoli e  Post- Tangentopoli,  tutti sappiamo.  Inutile rigirare il coltello nella piaga. Oggi, più o meno, si vendono meno copie di ottant’anni fa. E gli editori, tra l’altro investiti dalla bufera del digitale, non possono non arrangiarsi.   
Pertanto, quando Grillo si scaglia contro giornali e giornalisti non  ha del tutto torto.  Ciò che invece preoccupa è come  possa in lui  conciliarsi il peana alla libertà di stampa con la visione totalitaria, assolutamente illiberale, della politica e del Movimento 5 Stelle (visione fascistoide tra l'altro condivisa anche dai Casaleggio).  A volte, per certi toni, sembra di  rivedere il remake di Mussolini, quando  criticava e faceva bastonare  i giornalisti che non la pensavano come lui. Ad esempio, il fatto che  un esponente pentastellato  additi  al ludibrio del  popolo una lista di giornalisti “nemici”, chiedendo alla Federazione della Stampa di intervenire è di una gravità inaudita. Perfino Mussolini, fu costretto a “digerire”, almeno inizialmente,   il liberale Bergamini, fondatore del famoso "Giornale d’Italia"  alla presidenza della Federazione della stampa, salvo poi farlo bastonare e costringere alle dimissioni come direttore e presidente.      
Grillo non ha alle dipendenze squadristi, ma dispone di un'arma probabilmente ancora più potente: lo squadrismo dei Social,  il nuovo fascismo digitale che denigra e manipola,  galvanizzando e aizzando la web-folla. Gli appelli e le polemiche di questi giorni  su ”bufale”, “fake news” e quant'altro, ad opera soprattutto dei membri dell’establishment politico e giornalistico,  indicano che si inizia  a capire che  il pericolo di una manipolazione squadristica  della realtà   è  incombente, forse andato già oltre il segno,  come  del resto, cosa ancora più grave,  la virulenza  della  minaccia  grillina alla libertà di stampa. Certo, il giornalismo italiano, come abbiamo rapidamente ricostruito,  ha tradizioni zoppicanti. E tende a schierarsi, dopo aver fiutato l'aria, con i possibili vincitori, magari per pura  sopravvivenza.  Quindi l’establishment, soprattutto quello editoriale, potrebbe non essere in buona fede. Anche quando ribatte a Grillo.
Indro Montanelli, giornalista autentico, ripeteva spesso, citiamo a memoria:  "Sì, difendiamo la libertà di stampa e di mercato, ma teniamoci alla larga da editori e  imprenditori...".  Eppure nemmeno Montanelli riuscì a farcela. Negli ultimi anni dalla padella Berlusconi finì nella brace post-comunista. E oggi i personaggi come Travaglio (ex "il Giornale" che  seguì Montanelli  a " La Voce") sono schierati, calzando gli stivaloni digitali, dalla parte di Grillo. Il che vorrà dire pure qualcosa.  O no?                            
              Carlo Gambescia