martedì 3 gennaio 2017

L’intervista al “Corriere della Sera”
Il mea culpa di Paolo Di Canio



Oggi sul  “Corriere della Sera” Paolo Di Canio,  intervistato da Marco Imarisio, cerca in qualche in modo di mettere una toppa  alla storia del tatuaggio mussoliniano. In particolare, crediamo, per  essere reintegrato come  opinionista televisivo (*).  
La nostra interpretazione, a prima vista, sembrerebbe  collimare con quella (prossima ventura) dei duri e puri (Di Canio-Badoglio, eccetera, eccetera).  In realtà, comprendiamo le ragioni economiche  che probabilmente  sono  dietro la "ritrattazione" del ex giocatore laziale.  Economiche e sociologiche però: perché  dietro il mea culpa si nasconde  anche quell' ansia di approvazione sociale, che appartiene agli uomini e donne dello spettacolo, quasi sempre  egoisti a metà,  dal momento che il loro è un egoismo spurio, quale perenne apprensione prima di arrivare, poi di rimanere sulla cresta dell’onda; un egoismo dimezzato, che ha bisogno del consenso degli altri, a differenza dell’egoismo puro, che basta a se stesso, perché vive dell’amore  per  il  lavoro creativo in quanto tale, un amore "privato", sconfinato, diremmo intimo, che  prescinde dagli applausi come dai fischi.
Di Canio, nell’intervista,  giustamente condanna il fascismo, il delitto Matteotti,  l’alleanza con Hitler, le leggi razziali.  Sull'onda - ovviamente senza saperlo - di  certa storiografia, portata a sottovalutare, non sempre correttamente, la deriva nazista del fascismo. Infatti, anche per Di Canio, il fascismo finisce nel 1938.   Per lui,  “Mussolini rappresentava un’idea di società con regole, vere, che tutti rispettano. L’amore e l’orgoglio patrio". Cose, aggiunge "che vorrei per il mio Paese e non vedo neppure oggi”.  Anche perché, continua, “ho   creduto in una destra sociale, ho seguito le varie svolte da Fiuggi in poi”. Ma, conclude,  “non ho mai preso una tessera. Sono 17 anni che non voto”.  
L'impressione è che l’ex calciatore della Lazio, continui a  credere,  piuttosto ingenuamente, in un fascismo denazificato e, soprattutto, nell’opera demiurgica (come si diceva allora) e simbolicamente rappresentativa di Mussolini: il che spiega il tatuaggio. Certo, nell’intervista, Di Canio liquida le sue scelte passate come sbagli. Rinnega anche i saluti romani, derubricati a errori di gioventù: figli e nipoti degli  "Irriducibili", i fascio-laziali, lo scomunicheranno, magari in lacrime, ma lo scomunicheranno...   Però, ecco il punto,  attribuire a Mussolini -   dittatore che, cinicamente, introdusse le leggi antisemite, per dare un contentino a Hitler -   il rispetto delle regole sociali, significa avere un’idea alquanto approssimativa del concetto di regola…
Cosa dire? Di Canio, ripetiamo,  almeno mentalmente,  è rimasto  fascista, probabilmente  fascista mussoliniano, magari confuso. Il che rischia di penalizzarlo professionalmente, purtroppo per lui. Forse l'intervista andava evitata (come insegnano i buoni avvocati, nei  processi mai produrre troppi atti, figurarsi perciò in quelli alle idee...). Però, chi scrive, ricorda che, nel momento in cui Alleanza Nazionale del dopo Fiuggi era politicamente al top,  molti  imprenditori privati -  quindi persone con ottimi studi e  non  figli di muratori del Quarticciolo come Di Canio -  facevano a gara, pur di essere favoriti al tavolo dei  giochini di sottogoverno,  nel  vantarsi, con il ministro aennino di turno,  di aver conservato la tessera del nonno e del padre, tutti ri-go-ro-sa-men-te fascisti…
Lasciatelo lavorare Di Canio, signori di Sky…  Siate liberali.  Non sarà, per dirla con Manzoni, un povero untorello fascista...  Il ragazzo (cinquant’anni…) non è sicuramente peggiore degli imprenditori di cui sopra che continuano a macinare miliardi.   E  poi, lui, di calcio ne capisce.   

Carlo Gambescia
        

2 commenti:

  1. Carlo, presta la tua abile penna al servizio di cause migliori. Vero che siamo nella società dell'immagine, ma questo opinionista tatuato che risponde al nome di Di Canio quale peso può mai avere nel mondo della cultura?

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  2. Sono laziale... :-) Scherzi a parte: e infatti, consiglio che si occupi solo di calcio... Mi piacerebbe vederlo in coppia, con quel tale che "non è nato a Nazareth", ma a Piombino, Aldone Agroppi... Tipo Guareschi vs Pasolini. La "rabbia", però calcistica :-)

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