giovedì 21 aprile 2011

Il libro della settimana: Gian Enrico Rusconi, Cavour e Bismarck. Due  leader fra liberalismo e cesarismo, il Mulino 2011, pp. 212, euro 15,00.   

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La politica è arte del possibile o dell’impossibile? Il vero liberalismo è solo economico o anche politico, anzi soprattutto politico? E che differenza c’è tra un realista liberale e un realista tout court? Ecco i tre quesiti che fanno da sottotesto al denso studio di Gian Enrico Rusconi, insigne politologo ed editorialista de "La Stampa", Cavour e Bismarck. Due leader fra liberalismo e cesarismo (il Mulino 2011, pp. 212, euro 15,00). Libro che non può assolutamente essere liquidato come opera di occasione. E ci riferiamo, in particolare, alla massa inarrestabile, di testi più o meno mediocri, che ha invaso le librerie in occasione del Centocinquantenario. Ma entriamo nel merito di un volume sicuramente ricco e interessante.
Al primo quesito, Rusconi risponde così:


«La politica è “reale” nel senso della “politica dei fatti” e quindi del successo di contro alla semplice enunciazione dei grandi principi e delle condizioni filosofiche (o ideologiche), il cui dottrinarismo di carattere prevalentemente moralistico, può portare all’inconcludenza. La politica “reale” invece non è semplice testimonianza “identitaria” che “non negozia” i propri ideali, ma è competenza di governo capace di tenere conto realisticamente degli ideali degli altri» (p.173).

Ciò significa che Cavour e Bismarck, pur dotati di culture politiche diverse, vanno considerati realisti. Perché « hanno un senso acuto per la contingenza degli accadimenti che fa della politica “l’arte del possibile” » (pp.173-174). E in un senso preciso. Quale?


«Che, prosegue Rusconi, questa espressione [arte del possibile, ndr] non vuole affatto dire che “tutto è possibile”, o che si procede a casaccio: al contrario l’arte del possibile tiene fermi i propri obiettivi ideali in condizioni di incertezza e/o complessità che vanno affrontate cogliendo le opportunità che si presentano, senza attendere che si creino situazioni ottimali. È proprio in situazioni d’incertezza che diventano necessari “fatti compiuti” come riduttori di complessità » (p.174).

Il che implica, e veniamo al secondo quesito, che il liberalismo, quello autentico, secondo Rusconi rimane essenzialmente politico. Perché, pur restando all’interno di un quadro di libertà costituzionali ed economiche, in cui crede, il leader liberale assume politicamente « rischi che non escludono l’azzardo, cioè l’agire al di là del calcolo delle probabilità di fronte a fattori imprevisti, appunto non calcolabili» ( Ibid.). Quindi Cavour e Bismarck furono simili, ma non troppo… Infatti, agli occhi dei liberali tedeschi del tempo, Cavour era un vero liberale politico, di cui veniva apprezzata la « capacità di governare, di decidere, di guidare, addomesticandola la rivoluzione democratica, sentita come radicalismo o estremismo». In una parola, Cavour, incarnava un « liberalismo che sa[peva] decidere» (p. 82), garantendo un quadro di libertà. Mentre Bismarck, sempre secondo il liberalismo tedesco dell’epoca, restava un puro e semplice realista politico che sfruttava le istituzioni parlamentari, senza però credervi, a differenza di ogni vero liberale. In seguito l’ala nazionalista del liberalismo tedesco, avrebbe cambiato idea, cooptando, obtorto collo, Bismarck, Ma questa è un’altra storia.  E qui giungiamo al terzo quesito:

«Bismarck - rileva Rusconi - realizza l’unificazione tedesca riconfermando, anzi rifondando il sistema costituzionale monarchico prussiano, costruito su basi illiberali, e arricchito ora di una gestione cesarista per le sue componenti demopopuliste (…), Cavour invece unifica l’Italia mettendo alla prova e collaudando, con esito ragionevolmente positivo, il sistema monarchico costituzionale parlamentare liberale piemontese quale era concepito e praticato alla metà dell’Ottocento. Operando in questo modo vengono alla luce alcuni atteggiamenti personali che nel linguaggio del tempo sono qualificati dittatoriali o (in Germania) cesaristi. Ma a ben vedere dal momento che mancano esplicite componenti plebiscitarie, che sono invece essenziali per il cesarismo vero e proprio, quella di Cavour si presenta come una originale forte leadership parlamentare , ovviamente con tutti i pesantissimi limiti di una rappresentanza popolare che erano tipici del tempo»(pp. 194-195).



Ma c’è un altro punto del libro dove si cerca di spiegare, e in base ai risultati storici, la differenza tra liberalismo politico e realismo politico tout court.
Osserva Rusconi:


« Sin dall’inizio di questo saggio abbiamo insistito sulla dinamica europea, senza la quale non si spiegano le due unificazioni nazionali, italiana e tedesca. Ma se uno degli scopi dell’azione cavouriana è “ricondurre l’Italia all’Europa”, lo scopo bismarckiano è l’autoaffermazione della Prussia/Germania come potenza europea. Si tratta di due significati diversi di occidentalizzazione: quella italiana è avvicinamento, imitazione delle nazioni occidentali; quella tedesca è competizione oscillante tra il sentirsi l’anti-Occidente e l’altro Occidente. Sono così poste le premesse di quello che poi si sarebbe chiamato il Sonderweg tedesco [nel significato di una storia nazionale dal percorso particolare, ndr], destinato alla fine a degenerale in catastrofe» (199).


 Si può però sostenere, diversamente da Rusconi, che pure in Italia, il liberalismo politico subirà un identico, o quasi, percorso degenerativo, da Cavour a Giolitti. Non va infatti dimenticato, che in nome del realismo politico, Giolitti, per altri rispetti leader liberale capacissimo, ritenne, almeno all’inizio, Mussolini e i fascisti dei liberali un po’ maneschi ma capaci di difendere le libertà costituzionali. Facilitandone così la conquista del potere.
Certo, se per un verso va riconosciuto che in quella «situazione di incertezza » (1919-1922), il liberalismo politico italiano fece la scelta sbagliata, per l’altro va ammesso che il liberalismo, come ogni altro realismo politico, per usare la terminologia di Rusconi, «azzardò e perse»: i «fatti compiuti» lo smentirono, e duramente.
Purtroppo, nessuna ideologia politica è perfetta. A partire dal realismo liberale. 

Carlo Gambescia

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