giovedì 28 aprile 2011

Il libro della settimana: Ernst Friedrich Schumacher, Piccolo è bello, Mursia 2011, pp. 306, euro 16,00. 

http://www.mursia.com/
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Ernst Friedrich Schumacher? Un dilettante, ma di genio. Infatti - suprema perfidia dell’accademia, anche dei controeconomisti - il suo nome non è tra le voci del Biographical Dictionary of Dissenting Economists ( 2000), il Gotha cartaceo dell’ economista non conformista. A dirla tutta, Schumacher, come ricorda Piero Bolchini, nell’ interessante prefazione a Piccolo è bello (Small is Beautiful) da pochi giorni tornato il libreria ( Mursia, pp. 306, euro 16,00), « nato a Bonn nel 1911 da una famiglia di docenti universitari e diplomatici, aveva ottenuto nel 1930 la prestigiosa borsa di studio Cecil Rhodes, che gli aveva consentito di seguire corsi di economia a Oxford e alla Columbia University di New York senza tuttavia conseguire il titolo di studio»(p. 7) . Di qui probabilmente quel perfido silenzio dell’Accademia, cui abbiamo accennato.
Schumacher si sarebbe poi guadagnato la vita, una volta cittadino britannico, come Consigliere economico del National Coal Board, grazie alla nazionalizzazione delle miniere decisa nel dopoguerra dal governo laburista. Incarico dal quale si dimetterà nel 1970 per dedicarsi alla sua missione di scrittore e conferenziere di cose metaeconomiche (sì, metaeconomiche, più avanti spiegheremo perché…). Titoli e riconoscimenti ad honorem verranno dopo la pubblicazione di Piccolo è bello , cui si affiancherà nel 1977, anno della sua morte, A guide for the Perplexed . In Italiano è possibile leggere anche la raccolta Buon lavoro (Red Edizioni).
Ma torniamo a Small is beautful, titolo tra l’altro, come ricorda Bolchini, imposto dall’editore Blond & Briggs. Quello originale recitava così: Homecomers. A Study of Economics as if People Mattered (Quelli che tornano al focolare. Uno studio di economia come se la gente contasse ). Il sottotitolo, come è tuttora ben visibile, rimase invece tale e quale.
Si dirà, perché perdersi in queste minuzie? Una ragione c’è. La metaeconomia di Schumacher parla alla gente comune. Dal momento che a suo avviso l’economia appartiene a tutti, e in particolare ai semplici cittadini. A quelle persone, piccole piccole, che “fanno” realmente l’economia ogni giorno, come lavoratori e consumatori.
Populismo economico? Forse. Ma il discorso di un’economia a misura di uomo è sicuramente giusto. Anche perché, il famoso “piccolo e bello”, non va inteso, come talvolta capita di leggere, in chiave eco-rivoluzionaria. Scrive Schumacher, da buon riformista:


«Ciò che voglio mettere in evidenza è la dicotomia del bisogno umano quando deve affrontare un problema di dimensione: non esiste risposta unica. Per questi diversi scopi l’uomo necessita di molte differenti strutture, piccole e grandi, alcune assolute e altre relative. Ciò nonostante la gente fa molta fatica a tenere a mente allo stesso tempo due esigenze apparentemente opposte. La gente tende sempre a invocare a gran voce una soluzione definitiva, come se nella vita ne esistesse una al di fuori della morte: per operare in modo costruttivo, si deve anzitutto e in ogni caso restaurare un certo equilibrio. Al giorno d’oggi soffriamo di un’idolatria quasi universale per il gigantismo. Perciò è necessario insistere sulle virtù della piccola dimensione, almeno dovunque essa sia applicabile. (se prevalesse un’idolatria del piccolo che non prestasse attenzione ai problemi o agli scopi, si dovrebbe cercare di esercitare un’influenza nella direzione opposta » (p. 70) .


Chiaro? Quanto di più lontano dal fondamentalismo descrescista. Del resto per definire meglio le idee di Schumacher abbiamo usato il termine metaeconomia: qualcosa che è a monte dell’economia e che concerne la riforma interiore dell’uomo: condizione necessaria, secondo Schumacher, prima di tentare qualsiasi riforma del mondo esteriore. Non per nulla egli parlerà di scienza economica buddista, prendendo spunto dalla grande tradizione orientale:


«Mentre il materialista si interessa principalmente ai beni, il buddista si interessa principalmente alla liberazione. Ma il Buddismo è la “via di mezzo” e perciò niente affatto contrario al benessere fisico. Non è la ricchezza che ostacola la via della liberazione ma l’attaccamento alla ricchezza, non il godimento delle cose piacevole ma la brama di esse (…) . Perché il problema non è la scelta fra crescita moderna e stagnazione tradizionale. Si tratta di trovare il giusto corso dello sviluppo, la Via di Mezzo fra la sventuratezza materialista e l’immobilità tradizionalista: in breve bisogna trovare il “giusto sostentamento” anche in economia (p. 61).

Sviluppo sostenibile? Forse. Diciamo che Schumacher si pone a metà strada tra l’economia mercatista e l’economia di comando: fra neoliberismo e socialismo burocratico. Non vuole superare o abbattere il capitalismo, ma temperarlo, puntando sulla riforma morale, sulla sussidiarietà e, dove possibile, senza forzature dall’alto, sulla piccola impresa cooperativa, privata, pubblica e mista.

In questo senso, un’utile integrazione storica e sociologica alla metaeconomia di Schumacher resta l’opera di Leopold Kohr, Il crollo delle nazioni ( The Breakdown of Nations, 1957). Libro in cui si dimostra che l’eccessiva grandezza-grossezza (“the bigness”) è una patologia sociale (http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2006/06/riletture-leopold-kohr-1909-1994.html). Kohr è il teorico, per alcuni duro e puro, della piccola comunità, da lui presentata come perfetto esempio di fisiologia sociale. Il che significa che, almeno nei contenuti, il famoso slogan “small is beatiful”, imposto dall’editore, risale invece a Kohr. Per il quale quanto più un gruppo sociale cresce di dimensioni, rispetto ad altri gruppi, tanto più esso tende a dominarli. Nel suo volume tra i tanti esempi negativi citati, Kohr rinvia alla città-stato antica ( Roma), e allo stato-nazione moderno (la Prussia, e poi la Germania).
Un libro, quello di Kohr, non più in commercio da anni, che Mursia - lanciamo un appello - potrebbe riproporre nella stessa bella collana (“Mondo Migliore”), dove è appena uscito Piccolo è bello. Kohr, scomparso nel 1994, gradirebbe. Schumacher anche. E i lettori pure. 

Carlo Gambescia

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