venerdì 22 aprile 2011

È tipico dei giovani, soprattutto se di intelligenza vivace, andare per le spicce nei giudizi, fino al punto di "fare il contropelo" ai soliti noti, anche se giustamente noti. Un metro che si applica perfettamente alla rilettura di Giacomo Gabellini  del comunque notevole testo di Alain de Benoist. Il lettore rilevi la vena leninista del post e in particolare la capacità di andare subito al nocciolo della questione, senza tanti giri di parole. Se son rose...
Buona lettura (C.G.)



Riletture 
Alain de Benoist, Nazismo e comunismo
 di Giacomo Gabellini



Storia e memoria sono due modalità assai differenti di approcciare con il passato. L'approccio storico, infatti, si prefigge di far luce sul passato con l'ausilio di metodi e strumenti imparziali e oggettivi, mentre in quello mnemonico subentra un'inevitabile componente soggettiva da parte di chi ricorda. Alain de Benoist parte da questa fondamentale riflessione per tentare di spiegare il perchè vi sia una radicale e generalizzata opposizione a comparare le due ideologie - nazismo e comunismo - al servizio delle quali sono stati immolati milioni e milioni di esseri umani (Nazismo e comunismo , Controcorrente Edizioni, Napoli 2005, pp. 152, euro 12 - http://www.controcorrentedizioni.it/ ). L'argomento comunemente accettato è di tipo etico-giudiziario: per un verso, si condanna la bruna cappa nazista quale sublimazione delle più infime e animalesche pulsioni umane, mentre, per l'altro, si assolve il solare e fiammeggiante comunismo in quanto presuntivamente portatore della necessità di liberare e nobilitare l'uomo. Senza tirarla per le lunghe, de Benoist recide sinteticamente tale nodo gordiano, affermando che:
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"Fare male in nome del bene non è meglio che fare male in nome del male. Distruggere la libertà in nome della libertà non è meglio che distruggerla in nome della necessità di sopprimerla". 

Una tesi indubbiamente condivisibile, che si occupa di prendere spunto in primo luogo dai fatti e non dalle intenzioni per esprimere un qualsivoglia giudizio di merito. Così inizia una lunga disamina di acute e originali comparazioni tra i due totalitarismi in questione, dalle quali emerge una serie di analogie (il fatto entrambi abbiano individuato un nemico da abbattere, che entrambi abbiano tentato - seppur con esiti diversi - di risollevare le sorti della popolazione ecc.) che portano l'autore a far propria la posizione sostenuta a suo tempo da Ernst Nolte, il quale aveva parlato di "nesso causale" tra comunismo e nazismo, ovvero che la seconda ideologia fosse nata dal timore del concretizzarsi della seconda. Al termine della disamina, de Benoist non si esime dall'esporre il proprio giudizio di merito. Egli pone l'accento sul fatto che il comunismo ha lasciato sul terreno molti più morti del nazismo, e l'efficienza della sua macchina repressiva si è concentrata principalmente all'interno dei confini nei quali esso si è sviluppato, contrariamente al Terzo Reich, che ha scatenato la propria furia per lo più su popolazioni non germaniche. In giurisprudenza costituisce effettivamente un aggravante il commettere reati sui propri familiari piuttosto che su individui estranei.
Altre osservazioni convincono però assai poco, come il tentativo di inquadrare Stalin come la naturale continuazione di Lenin, malgrado quest'ultimo sia deceduto dopo aver espresso nell testamento politico le proprie durissime considerazioni sul conto del primo e ben prima di aver assistito al modus operandi staliniano.
Per concludere, Alain de Benoist è indubbiamente un talento filosofico, capace di penetrare con sbalorditiva abilità all'interno dei più grandi e complessi problemi, e questo libro ne fornisce, di nuovo, la dimostrazione convincente. Ma talvolta - e spiace dirlo - sembra ragionare molto con il senno del poi, sobbarcando, ad esempio, su Lenin responsabilità ascrivibili a Stalin. Egli isola solo alcuni testi e gesta di Lenin dal contesto generale, avvalendosi di ciò di cui ha bisogno per dimostrarne l'oggettiva uguaglianza con Stalin, ignorando di fatto tutto il resto. Lenin era certamente favorevole all'eliminazione fisica di determinati strati di popolazione considerati "nemici della rivoluzione", ma ciò non costituisce un argomento valido per valutare storicamente la sua teoria rivoluzionaria. E' vero che la Rivoluzione Francese produsse un Robespierre, ma i massacri giacobini non invalidano di certo il valore capitale di quello specifico fatto storico.



Giacomo Gabellini si interessa di filosofia, storia, politica e geopolitica. Autore di numerosi articoli che toccano i temi indicati per il blog "Conflitti & Strategie" (www.conlittiestrategie.splinder.com), con il quale collabora attualmente.

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