martedì 29 marzo 2011

Tremonti, Sarkozy e List



 Qualche giorno fa Tremonti ha presentato il decreto che, a proposito della Parmalat aggredita da francesi, fa slittare di due mesi l’Assemblea. Ad essere sinceri il Ministro dell’Economia ha praticamente preso tempo, come un pugile, che dopo aver subito un paio di cazzotti bene assestati - di quelli che quasi mettono a tappeto - si appoggi all’avversario, pesantemente, nella speranza di tenerlo a bada… In realtà, il vero punto della questione, al di là delle regole che verranno o meno, è quello classico, ma oggi dimenticato, del ruolo fondamentale dello Stato nell’economia. E in particolare, dell’ essenziale difesa dei settori strategici, come ad esempio l’energia e la tecnologia militare. E perché no? Anche la devastante fuga dei giovani cervelli all’estero. Su questi argomenti, Tremonti, che spesso si vanta asserendo di aver letto e riletto Friedrich List, il padre del protezionismo liberale dell’Ottocento e dell’unificazione economica delle Germania, sembra invece navigare vista. Qualche malevolo parla addirittura di un suo brancolare nel buio… Su List consigliamo di leggere, anche se in un'ottica geopolitica, l'ottimo contributo di Giacomo Gabellini (http://conflittiestrategie.splinder.com/post/23947705/lamerica-di-friedrich-list-di-g-gabellini ).
Qui il vero rischio non è rappresentato dal tentativo di scippo francese della nostra busta della spesa piena di latte e derivati, quanto dal pericolo che in futuro, molto vicino, siano cinese, indiani a fare shopping in casa nostra e di ben altri prodotti. Per non parlare degli americani, in ribasso ultimamente, ma sempre pericolosi.
 Di conseguenza la necessità, se non l'urgenza, di una politica comune europea, capace di ritornare alla lezione di List: massimo liberismo all’interno, ma, se non proprio protezionismo verso il resto del mondo, massima attenzione verso furbi che vogliono venire in Europa, per comprare e vedere ai nostri danni. Marchionne, che s’atteggia a “foresto” è perciò avvisato. E invece che accade? Che i professori neo-liberisti che comandano la Banca Centrale Europea e le altre istituzioni economiche Ue, credono peggio delle beghine nella religione del liberismo assoluto E quindi impongono all’Europa di aprirsi non solo all’interno ma anche all’esterno. Il che tradotto, significa colonizzazione da parte di affamate multinazionali e giganteschi fondi sovrani extracomunitari.
Bisogna reagire. Ma come? Recuperando la cultura di un’economia sociale mercato, attenta principalmente ai bisogni degli europei e delle nazioni che compongono e vivificano l’Europa. Impresa non facile, se non impossibile, in tempi in cui il neo-liberismo, come abbiamo detto, sembra farla da padrone. Attenzione però: economia sociale di mercato, significa, per noi italiani, economia nazionalpopolare, parola oggi in disuso, spesso fraintesa se non addirittura maledetta.
 Se ricordiamo bene, Tremonti, in uno dei suoi libri, ha spezzato una lancia in favore di un’economia rispettosa delle diverse identità, catturando così il consenso trasversale dell'intero fronte politico, da destra e sinistra, leghisti compresi. E come? In chiave, per l' appunto, nazionale e popolare. Perché non ripartire da lì? Guardando ovviamente in prospettiva a una patria-nazione ancora più grande? Quale? La “Nazione-Europa”, naturalmente.

Carlo Gambescia

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