mercoledì 9 marzo 2011

Polemiche
Festa della Donna e dintorni




Dal post di ieri sulla Festa della Donna è scaturito un interessante dibattito . Di particolare rilievo l’intervento di Fabrizio Marchi, giornalista, scrittore, fondatore del Movimento degli Uomini Beta, impegnato, come dire, nel contro-femminismo militante, nonché autore di Le donne una rivoluzione mai nata (Mimesis), recensito qui: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2007/10/il-libro-della-settimana-fabrizio.html
Ecco la mia replica. Prima però il commento di Fabrizio Marchi:
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Caro Carlo,
in realtà la mia critica era rivolta soprattutto alla prima parte del tuo intervento (sulla questione eguaglianza fra i sessi e il riferimento a Tocqueville dirò qualcosa fra breve). Quella, per capirci, dove sostieni che, cito testualmente “le donne oggi guadagnano meno degli uomini, sono licenziate prima degli uomini, e non fruiscono nella stessa misura degli uomini, pur essendo spesso più brave, di analoghe posizioni di comando e responsabilità. Quindi sotto questo profilo resta ancora strada da percorrere”.Non sono d’accordo, oggi la grande maggioranza degli uomini (quelli non appartenenti alle elite maschili dominanti) , come spieghiamo (non a chiacchiere ma con i fatti) in tanti articoli del nostro sito, vive una condizione di oggettiva subordinazione, materiale e psicologica, sia nei confronti delle suddette elite dominanti (sia maschili che femminili), sia nei confronti del genere femminile nel suo complesso. A tutt’oggi, nel terzo millennio, i maschi di “terza classe“sono coloro che svolgono i mestieri più pesanti, nocivi e rischiosi. E sono gli stessi a crepare sul lavoro con percentuali che definire bulgare è un eufemismo (97%; il rimanente 3% di donne muore in itinere, cioè mentre si reca sul posto di lavoro… ). Sarai d’accordo con me che è quanto meno singolare che in una società dominata dalla spregevole oppressione maschilista” a morire sul lavoro siano quasi esclusivamente uomini…Pensa se invece la società fossimo dominati dal femminismo…(è ovviamente ironico ciò che dico, noi pensiamo che in realtà lo siamo…)Oggi un uomo e un padre “normale” (cioè un impiegato, un operaio, un tecnico, un insegnante, un precario) che si separa, viene espropriato di tutto: dei figli, della casa (anche se è di sua proprietà e ci sta pagando il mutuo), del reddito. In altre parole viene letteralmente buttato fuori di casa, gettato sul lastrico, in una condizione di prostrazione psicologica e morale devastante. E’ ormai noto che una gran parte degli “ospiti “ delle varie sedi della Caritas sono uomini e padri separati. Oggi un uomo che non appartenga alla elite dei maschi “vincenti” e di successo, economicamente e socialmente affermati, è praticamente un “invisibile”, costretto a sbattersi e a scimmiottare penosamente i modelli sociali dominanti senza averne i mezzi, sia materiali che immateriali, per poter vivere uno straccio di sessualità, “affettività” (a condizione…) e di vita relazionale, altrimenti negategli. In parole molto povere, è un povero cristo costretto ad elemosinare o peggio, a “comprare” (direttamente o, il più delle volte indirettamente) dei “beni” immateriali (sessualità e affettività) ridotti concettualmente, culturalmente, prima ancora che praticamente, a merce.Questa storia degli uomini (tutti) , sempre e comunque oppressori e privilegiati, e delle donne, sempre e comunque oppresse, discriminate e vittime innocenti è ormai, come si suol dire, una leggenda metropolitana che deve essere sfatata. Un banale quanto rozzo copia-incolla del concetto marxiano di conflitto di classe applicato alla relazione fra i generi. Poco più di una favola per bambini, per quanto mi riguarda. Eppure si è fatto largo nella cosiddetta “sinistra” occidentale liberal e post sessantottina che lo ha sposato in toto. Ricordo peraltro (senza nessuna nostalgia, sia chiaro, ma solo per correttezza di informazione…) che il femminismo non è nato né a Mosca né soprattutto a Pechino (nella Cina ultracomunista e ultra ideologizzata di Mao) dove era considerato, e non a torto, un “prodotto del capitalismo nonché un fenomeno piccolo borghese reazionario da combattere con risolutezza”...(sto usando quello stesso linguaggio utilizzato in quei contesti proprio per essere ancora più chiaro ed esaustivo…)Tornando a noi, quella del minor reddito complessivo femminile rispetto a quello maschile, è un’ altra delle grandi operazioni di mistificazione in corso da tempo (come quella sulla mano omicida degli uomini come prima causa di morte per le donne: 140 donne uccise in media ogni anno in Italia di cui il 20% per mano femminile, e circa 20.000 stroncate dal cancro…Nonostante l’evidenza sono arrivati a sostenere simili menzogne…) Il fatto che le donne guadagnino complessivamente meno degli uomini non è dovuto a discriminazione (sfido chiunque a portarmi un contratto di lavoro in cui a parità di qualifica e mansioni una donna guadagni meno di un uomo…)ma ad una serie di fattori: 1) la maternità 2) una gran parte opta per lavori meno impegnativi e con un minor orario e carico di lavoro (scuola e pubblica amministrazione 3) molte scelgono di lavorare part time e lasciano al marito il compito (e l’onere) di portare a casa la fetta maggiore di reddito, di cui comunque godono a loro volta i frutti, anche e soprattutto nel caso di separazione o divorzio… Il calcolo del reddito femminile è una delle operazioni più ipocrite, paragonabile a quelle sul PIL dei vari paesi. E’ ovvio che, sulla base delle considerazioni testè svolte, se mettiamo sulla bilancia il monte ore di lavoro complessivo delle donne e quello maschile, il reddito delle prime sarà minore di quello dei secondi…Ciò detto, nessuno disconosce che, ai più alti livelli (banche , finanza, industria ecc.) siano gli uomini (alcuni uomini, una esigua minoranza) ad occupare in maggioranza i posti più remunerati (e di più alta responsabilità). Ma questo è il risultato di un processo storico, sociale, culturale e antropologico estremamente complesso che rimanda alla divisione sociale dei compiti, dei ruoli e delle funzioni che nel corso dei millenni è andato costruendosi fra i generi e che non può essere ridotto (a meno di non voler essere banali) a questo banale paragone fatto col “bilancino” del dare avere, destoricizzato e decontestualizzato, come viene invece fatto dalla vulgata dominante corrente e “politically correct”.A fronte dei privilegi maschili (fra cui, ricordiamolo, anche quelli di crepare in miniera o in trincea o su una nave che affonda in pieno oceano) quali sono stati e quali sono tuttora i privilegi femminili? Ne vogliamo parlare? Quando volete, sono a disposizione di tutti e mi farebbe molto, molto piacere.
Sulla questione dell’eguaglianza e del riferimento a Tocqueville. Ci siamo occupati molto di questo tema sul nostro sito. E’ stata fatta negli ultimi decenni, molta confusione su questo punto. Il concetto di eguaglianza è stato artificiosamente sovrapposto con quello di omogeneizzazione e massificazione, tipici della cultura dominante di quello che un acuto e non omologato pensatore di nome Costanzo Preve, definisce come “capitalismo assoluto”. Noi non pensiamo affatto che maschi e femmine siano eguali, nel senso di uniformi. Siamo altresì convinti che i due generi siano ontologicamente differenti. E’ ovvio (come spieghiamo in un articolo del sito dal titolo “Natura e cultura”) che non ha senso separare completamente natura e cultura. Gli esseri umani sono appunto esseri sia naturali che culturali, e sono il risultato di questo complesso processo evolutivo che vede i due fattori compenetrarsi vicendevolmente (la vulgata di destra ritiene che la natura umana sia immodificabile, quella di sinistra, al contrario, ritiene che tutto possa essere modificato in seguito ad operazioni di ingegneria sociale).Noi riteniamo invece che gli uomini e le donne debbano riconoscersi reciprocamente nelle loro rispettive diversità e peculiarità, cosa che oggi non avviene perché il genere maschile è stato ed è costantemente colpevolizzato e criminalizzato. Una operazione mascherata come “progressista”, di “sinistra” e “politicamente corretta”, ma in realtà profondamente qualunquista, interclassista, sessista e razzista. Il contrario insomma di ciò che dovrebbe essere la Sinistra (senza virgolette e con la S maiuscola).Naturalmente il discorso sarebbe ed è lunghissimo e sono stato fin troppo prolisso per un post su face book. Però rivolgo un appello a Carlo e agli altri amici e amiche di questa lista. Vogliamo approfondire la questione? Ne vogliamo parlare dal vivo e con più tempo e calma? Siamo consapevoli che l’argomento è tabù, sia a destra che soprattutto a sinistra (alla quale apparteniamo, senza dogmi né steccati, e credo che proprio quanto stiamo affermando lo dimostri…), dove siamo considerati alla stessa stregua dei “socialfascisti” al tempo dello stalinismo o di negazionisti dell’Olocausto. Devo purtroppo ammettere che a “sinistra”, l’integralismo e la rigidità ideologica sono tuttora molto più potenti e radicati che non a destra (credo). Proprio questo tema lo dimostra. A sinistra è crollato tutto quello che poteva crollare eppure se si prova anche solo ad avanzare una critica al femminismo (e a come si è evoluto) scattano i fili dell’alta tensione. Come mai? Cosa c’è dietro a questa riluttanza (è dir poco…) a voler mettere mano alla questione?...Io qualche idea ce l’ho ma mi fermo qui…Grazie e scusatemi ancora per la lunghezza ma se siete nella lista di Carlo Gambescia siete sicuramente in grado di “reggere” queste mie modestissime e forse noiose riflessioni.


P. S. Vi invito a leggere alcuni articoli del sito, in particolare il Manifesto del Movimento, dal titolo “Il Movimento Beta”, a mia firma, e “L’emergere storico della Questione Maschile”, a firma di Rino Della Vecchia, entrambi sulla homepage)


Fabrizio Marchi
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Caro Fabrizio,
un piccolo appunto. Non si risponde, diciamo così, ad una “Allocuzione” ( il mio post di ieri, circa tremila battute) con una “Enciclica" (il tuo commento, circa diecimila battute). Bisogna battersi ad armi pari: a tremila battute si risponde con tremila battute. Altrimenti, io che dovrei fare? Rispondere con una doppia Enciclica? O addirittura scrivere un libro sugli Uomini Beta? Del resto anche tu scrivi di mestiere e sai benissimo quali sono le regole del gioco. Tuttavia è proprio l’impetuosa lunghezza del tuo testo a denunciare un atteggiamento intellettuale - scusami - che a me non piace: quello della guerra culturale, del colpo su colpo… Che, di regola, non porta da nessuna parte. Come ben spiega, se condotta all’estremo, la nullificante retorica delle opposte statistiche ( e quindi nel "mucchio" mi ci infilo anch'io...). Però la sociologia politica, pur servendosi delle cifre, insegna che Auctoritas, non veritas facit legem…
E qui vengo al punto. La questione fondamentale è quella del principio organizzatore. Ora, in una società come la nostra che venera l’eguaglianza, riconoscendone l’ Auctoritas, a prescindere dalla sua Veritas, come è possibile opporsi ad essa rimanendo al suo interno? Tocqueville, suggeriva l’associazionismo, come forma di temperamento dell’ eguaglianza e dell’ individualismo dei moderni. Un rimedio che forse poteva funzionare nell’Ottocento, ma che nella nostra società tardo sensistica, praticamente disintegrata, implica quasi automaticamente - parlo sempre dell’associazionismo - la guerra per bande, come prova la nascita di movimenti intellettuali fortemente conflittuali (io li chiamo "antisti") come il tuo, e di altri movimenti, altrettanto duri, che vi si oppongono.
Il problema, purtroppo, non è quello di una diversa declinazione del concetto di eguaglianza (che ha due sole varietà, soprattutto sul piano applicativo: formale e sostanziale), ma di dove trovare un altro principio organizzatore. E soprattutto di come imporlo.
Perciò caro Fabrizio la rivoluzione non potrà non essere totale. Ma chi ci assicura che dopo staremo tutti ( uomini e donne) meglio?


Carlo Gambescia

Ecco la contro-contro-replica di Fabrizio Marchi.

Caro Carlo,

mi scuso ancora per la lunghezza, non voleva assolutamente essere una forma di scortesia nè tanto meno di scorrettezza nei tuoi confronti. Ci mancherebbe altro...Purtroppo la sintesi non è il mio forte e la passionalità con cui ...porto avanti le mie idee mi porta talvolta involontariamente a debordare...Sono certo che hai compreso perfettamente quale fosse il mio spirito. In realtà non c’era nessuna polemica nelle mie parole, ho solo preso spunto dalle tue considerazioni, sempre estremamente interessanti, puntuali e mai scontate (anche in quei casi in cui non le si condividono), per sostenere le mie ragioni. Diciamo che ho approfittato per prendermi un po’ di spazio…Un peccato veniale che certamente mi perdonerai perché tu per primo sai quanto sia difficile portare avanti argomenti che cozzano con il cosiddetto “pensiero unico dominante” (in qualsiasi ambito e su qualsiasi materia…).Ciò detto, ti ringrazio moltissimo per lo spazio, la considerazione e la stima (assolutamente reciproca) che hai nei miei e nei nostri confronti. Ribadisco che, avendone tempo e voglia, si potrebbe organizzare un incontro su questo tema che io considero “strutturale”, come ben sai. Non sono necessarie iniziative ufficiali (convegni, conferenze ecc.). Anzi, credo che sia opportuno che innanzi tutto gli uomini si incontrino ufficiosamente per discutere di queste problematiche che li riguardano molto da vicino e che invece normalmente tendono a rimuovere (spiego le ragioni di questa rimozione sul sito http://www.uominibeta.org/ nell’articolo a mia firma dal titolo “Ciò che paralizza gli uomini”,proprio sulla homepage).Mi metto naturalmente a disposizione per l’eventuale organizzazione di questo incontro informale e ufficioso. Naturalmente chiunque volesse mettersi in contatto con noi può farlo scrivendo alla posta del sito.Grazie ancora per tutto. Un sentito, sincero e affettuoso abbraccio a te e agli altri amici e amiche della tua lista!
Fabrizio Marchi



Caro Fabrizio,
grazie, prendo nota di tutto. Benché - e ti prego di apprezzare la sincerità - io sia piuttosto pessimista sugli esiti di eventuali incontri pubblici o parapubblici.

Carlo Gambescia

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