*********************senza "metapolitica" si finisce sempre per fare cattiva "politica"*******************
venerdì 29 marzo 2013
mercoledì 27 marzo 2013
Per i politologi il
M5S è una vera manna. Per quale ragione? Perché
offre la possibilità di studiare in corpore vili il processo
di istituzionalizzazione, ossia il processo di
trasformazione di un movimento politico in
partito. Ovviamente. Grillo, nonostante la
"parlamentarizzazione" di Cinquestelle, continua
a negare perfino la possibilità di una
dinamica del genere ("Noi non diverremo mai un partito
come tutti gli altri, eccetera, eccetera"), mostrando così
un' ignoranza abissale nei riguardi dei processi
sociali. Dal momento che, "in natura sociale"
un movimento o si istituzionalizza, come sta accadendo anche
per Cinquestelle, o rischia di sparire. Tertium non datur. E
l'amico Teodoro nell'ottimo articolo di oggi ci spiega perché. Buona
lettura. (C.G.)
Chi di mouse ferisce, di mouse perisce
di Teodoro Klitsche
de la Grange
Tornando al
“Movimento 5 stelle” e alla sua natura sostanziale di partito politico, ci si
trova, data la modestia di documentazione (statuti; programmi; proclami) in
ovvia difficoltà: quello di Grillo è un partito (apparentemente) liquido, tutto
l’opposto dei partiti-milizia e/o d’apparato del XX secolo, uno dei quali
(quello comunista sovietico) fu da Stalin paragonato all’ “Ordine dei
portaspada”. Tuttavia qualche considerazione legata alla scarsa documentazione
specifica disponibile e alle notizie di stampa pare possibile farla, salvo
aggiustamenti all’esito d’informazioni più complete ed attendibili.
Il partito politico
democratico del XX secolo aveva due funzioni principali: quella di trasmettere
la domanda politica dalla base al vertice, facendo conoscere a questo
aspirazioni, bisogni, necessità della popolazione; e l’altra di partecipazione
all’attività politica sia “esterna” (al partito) come elezioni, referendum e
così via, sia interna (assemblee e comitati, nomina dei dirigenti, elezioni
degli organi, dibattiti). Ambedue queste funzioni principali hanno
(soprattutto) funzione integratrice, come già notato (vedi il nostro articolo
del 20/03/2013:http://carlogambesciametapolitics.blogspot.it/2013/03/nel-ringraziare-lamico-teodoro.html ). È chiaro che non esauriscono le
attività e i compiti del partito, ma ne sono le principali.
Dalla documentazione
disponibile del Movimento 5 Stelle è dato di capire che:
a) il Movimento 5
Stelle “va a costituire, nell’ambito del blog stesso, lo strumento di
consultazione per l’individuazione, selezione e scelta di quanti potranno
essere candidati a promuovere le campagne di sensibilizzazione sociale,
culturale e politica promossa da Beppe Grillo… organizzandosi e strutturandosi
attraverso la rete Internet cui viene riconosciuto un ruolo centrale nella fase
di adesione” (v. “non-statuto” art. 4); subito dopo vi si legge “Il Movimento 5
Stelle… vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed
efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami
associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o
rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di
governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi”. Ovviamente è ribadito che
non vuole essere un partito.
b) Quanto alla selezione
dei candidati all’art. 7 del “non-statuto” si legge che il Movimento
“costituirà il centro di raccolta delle candidature ed il veicolo di selezione
e scelta dei soggetti che saranno di volta in volta e per iscritto, autorizzati
all’uso del nome e del marchio nell’ambito della propria partecipazione a
ciascuna consultazione elettorale. Tali candidati saranno scelti fra i
cittadini italiani” . Non è indicata la cosa più importante: chi li sceglie? Il
potere è sempre personale dato che si concreta in una decisione umana, e
sarebbe interessante sapere a chi spetta. Né sono indicate le regole che il /i
“decisore/i” dovrà applicare. Infatti si legge: “Le regole relative al
procedimento di candidatura e designazione a consultazioni elettorali nazionali
o locali potranno essere meglio determinate (da chi?) in funzione della
tipologia di consultazione ed in ragione dell’esperienza che verrà maturata nel
tempo”.
c) Quello che è
chiaro sia nel “non-Statuto”, sia nello “Statuto” (da poco “scoperto” e
diffuso) è che la “partecipazione” alle scelte dell’ignoto decisore avverrebbe
tramite internet. È un fatto non solo espresso, ma anche rivendicato.
d) Non si parla di
organi, comitati, direttivi, assemblee, sezioni, ecc. ecc.
e) Infine è
chiarissimo che proprietario del simbolo-contrassegno del Movimento è Grillo
(che ne è l’unico titolare).
A questo punto e
tenuto conto di quanto sopra scritto occorre fare qualche considerazione:
1) Che internet sia
uno strumento di discussione (e mobilitazione) efficace è fuori dubbio: ma ogni
gruppo politico è costituito ed esistente non (solo) per discutere, ma ancor
più per decidere. E i due momenti sono essenziali (anzi ci si passi la
reminiscenza orwelliana, il secondo è più essenziale del primo). Onde tanto
discutere se non porta a una decisione è inutile; se invece porta ad una
decisione è una pura collaborazione a chi (?) decide, il quale poi lo farà, da
parte sua, non si sa se tenendo conto del numero delle teste, del peso delle
medesime, della qualità delle opinioni ecc. ecc.
2) La discussione
politica, che si svolga in un’assemblea popolare (l’ecclesia greca o i comizi
romani), in un organo legislativo (come i parlamenti degli stati moderni), o
anche in un’assemblea o un comitato di partito, e comunque presuppone la
presenza di una collettività adunata, la cui decisione si forma nella
discussione; ma, attraverso il web la presenza non si può avere e quindi è
carente l’elemento della pubblicità.Tenuto conto che le consultazioni via
internet si svolgono davanti al computer in casa propria o in ufficio privatim il loro “procedimento” ed esito
somiglia assai di più a un sondaggio d’opinione, raccolto caso per caso come
quello fatto dagli appositi istituti, che ad una discussione politica.
3) Ancor di più:
nella discussione politica chi discute decide anche. Questa stretta connessione
tra discussione e decisione è costantemente osservabile in ogni “luogo” di
decisione politica. Costituisce una curiosa eccezione che nella Costituzione
(napoleonica) dell’anno VIII, il potere legislativo fu affidato a due camere:
il Tribunato che discuteva i progetti di legge, senza deciderli; il Corpo
legislativo che decideva senza discutere. La stranezza di tale configurazione,
in particolare del Corpo Legislativo, indusse a dire ironicamente che Napoleone
aveva creato una camera muta. In effetti il tutto non era bizzarro e tantomeno
casuale: era appositamente voluto perché la Costituzione
riservava il reale potere di decisione al Primo console, cioè a Bonaparte al
quale una camera a poteri completi avrebbe creato ostacoli.
Smend e Duverger
sostengono che il potere organizzato nello stato (ma anche in altri tipi di
collettività) prevede norme e procedure aventi funzione integrativa. Ma queste
risulta che, nel M5Ssi riducano ad una sola; tutti possono “discutere” (cioè
servirsi privatim del computer), ma decide un
altro, cioè Grillo, il che provoca un’integrazione debole (meglio che
inesistente) . A fare un esempio la regola di maggioranza, è non solo una forma
di razionalizzazione della forza, ma per quanto qui interessa, ha una grande
capacità integrativa dato che “salda” la volontà del capo/i a quella del
seguito, attraverso la corrispondenza (e la misura) dell’una con altra.
Solo che la regola
maggioritaria nel “non-Statuto” (né, che si sappia, altrove) non è prescritta.
Quanto “costa” in termini di incidenza politica, di “prassi” efficace, di
capacità riformatrice e, soprattutto, di durata, non averla prevista?
In realtà, e per non
uscire dai limiti del presente articolo, Maurice Hauriou, che oltre ad acuto
giurista era anche sociologo, osservava che nello Stato ad ogni governo di
fatto (di durata breve) segue un governo di diritto , cioè
l’istituzionalizzazione, e che la ragione d’essere dell’esercizio del potere in
forma istituzionale è di garantire una lunga durata al “progetto” di esistenza
e governo della comunità (non foss’altro perché l’istituzione non muore).
Considerazioni che si applicano, con i dovuti cambiamenti, ad ogni gruppo
sociale duraturo. Per durare l’istituzionalizzazione, cioè in primo luogo la
previsione e regolamentazione di organi, competenze, rapporti di subordinazione
e coordinazione, regole, procedure, è indispensabile. Prima o poi (sempre nel
termine breve) anche il M5S si dovrà organizzare (nel senso cennato), se vuole
durare.
E se non lo fa?
Allora le conseguenze più probabili sono: o conquista il potere in poco tempo
(e con ciò, inevitabilmente si istituzionalizza). Ma, anche se il regime
politico italiano è debole e in avanzata decadenza, non è detto che ciò possa
avvenire, atteso anche il carattere “liquido” del M5S e i limiti d’efficacia
che ciò comporta, se i militanti non portano le spade ma smanettano con i mice.
L’altra è che, invece, si riveli un fuoco di paglia destinato ad essere
smembrato e sparire. Un “Uomo qualunque” nell’epoca di internet. Stiamo a
vedere.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato,
giurista, direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ).
Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno
dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009)
martedì 26 marzo 2013
Angoscia e politica
Il tema della
gestione politica dell’angoscia sociale è discusso da
numerosi studiosi. Qui ricordiamo solo i nomi di Hannah Arendt, Franz Neumann,
Harold D. Lasswell, Sheldon S. Wolin, Ernst Nolte.
Qual è l’influenza
dell’ angoscia collettiva - quale timore diffuso di un
declassamento sociale - sulla decisione politica? Quali
sistemi politici sono meglio ( o peggio) attrezzati per contrastarla (o
favorirla)?
Come si vede sono
questioni di non facile soluzione, dal momento che non esistono sistemi
politici perfetti, né l’uomo ha mai mostrato di essere storicamente e
sociologicamente libero, come dire, da “turbe” psico-sociali. Infatti, per un
verso, la libertà è avvertita come un peso, perché implica
l’assunzione di un rischio per la sicurezza individuale che non tutti gli
uomini sono disposti a condividere; per l'altro, anche la mancanza
di libertà, pur in presenza di una condizione diffusa di
sicurezza sociale, non sempre viene tollerata da tutti.
L'uomo, insomma, è una specie di complicato volatile dalle ali
talvolta troppo pesanti.
Si tratta perciò
di un problema di massimo e di minimo: all’interno di un
sistema politico e sociale quanta libertà può essere tollerata? Quanta insicurezza
può essere accettata? Ciascuno risponderà secondo la propria visione ideologica
e istituzionale. Fatta salva, come alcuni sostengono, la pura
constatazione de facto che le società, per autoconservarsi,
oltre una certa soglia minima di libertà e sicurezza non
possono scendere. Diciamo che, ipoteticamente, da un lato abbiamo la
società-carcere dove tutti i cittadini sono schedati e controllati, dall’altro
la società-morente, dove cittadini, pur liberissimi, muoiono per inedia perché
incapaci di procurarsi liberamente le risorse necessarie al sostentamento
fisico. Mentre, nel mezzo, vanno collocate le
diverse esperienze storiche e sociologiche. Dalla cui conoscenza ci si potrebbe
fare un’idea di quanto anche le stesse idee di massimo e minimo
sociale e politico siano relative. E così valutare
con equanimità il proprio tempo. Purtroppo (ecco perché
abbiamo usato il condizionale), le cose vanno in modo
diverso: gli uomini reali al capire preferiscono il
credere. Di qui, al contempo, lo sviluppo dell' angoscia
collettiva e del tentativo politico di
contrastarla…
Carlo Gambescia
lunedì 25 marzo 2013
Gentile donna
Mestizia,
in quest’ora
difficile per le nostre Forze Armate, baluardo della Nazione, facendo appello
al Suo patriottismo e al Suo senso dello Stato La prego di pubblicare il mio
comunicato urgente.
A nome ed insieme a
tutto il personale delle Forze Armate, ci stringiamo affettuosamente ai nostri
Fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ammirandone
l’esempio, il coraggio, la disciplina e il senso dello Stato. Sono consapevole
e condivido la loro sofferenza e soprattutto quella delle loro famiglie che da
noi non saranno mai abbandonate, oggi così come dopo la conclusione di questa
vicenda. Auspico che questa vicenda che sta sempre più assumendo i toni di una
farsa si concluda quanto prima e che i nostri Fucilieri, funzionari dello Stato
in servizio di stato, alla stessa stregua di tutti i militari che operano
all’estero con onore per la pace e stabilità internazionali siano al più presto
riconsegnati alla giurisdizione italiana. Il presente comunicato è partecipato
anche al Presidente del Cocer Interforze, Generale Perelli Cottarelli.
Firmato: il Capo di Stato Maggiore della
Difesa Ammiraglio Luigi Vispelli Tereselli.
Aggiungo a titolo
personale che, turbati e scossi nel profondo da questa vicenda, il Generale
Perelli Cottarelli ed io ci siamo consultati e, dopo matura riflessione, pur
consapevoli delle serie ripercussioni del nostro gesto, abbiamo concordemente e
irrevocabilmente deciso di rinunciare al dessert già inserito dalle nostre
rispettive signore nel menu del pranzo pasquale p.v., che da lunga pezza
avevamo stabilito di consumare insieme in località coperta da segreto militare.
La prego di segnalare ai Suoi lettori che il dessert in oggetto è una “pastiera
napoletana”, dolce tipico che richiede una elaboratissima preparazione, ad
approntare il quale le nostre Signore, con il valido ausilio dei nostri
attendenti, impiegheranno ore ed ore ed ore di indefesso lavoro: e che tanto il
Generale Perelli Cottarelli quanto io ne siamo, sin dall’infanzia, estremamente
ghiotti.
RingraziandoLa per l’ospitalità, La saluto
cordialmente. Viva l’Italia!
Amm. Luigi Vispelli
Tereselli
Signor Ammiraglio,
non potevo
attendermi di meno dalle tradizioni della nostra Marina e dal senso dell’onore
delle nostre FFAA. Il gesto Suo e del Generale Perelli Cottarelli, al quale La
prego di trasmettere questa mia, m’ha richiamato alla memoria il gesto compiuto
da un altro ufficiale di Marina, ormai settant’anni fa. In risposta alla Sua
preg.ma, riporto la lettera di quell’ufficiale, a testimonianza che i tempi
cambiano, l’onore no.
Mamma carissima,
quando riceverai
questa mia lettera saranno successi dei fatti gravissimi che ti addoloreranno
molto e di cui sarò il diretto responsabile.
Non pensare che io
abbia commesso quello che ho commesso in un momento di pazzia, senza pensare al
dolore che ti procuro.
Tu conosci cosa
succede ora in Italia e capisci come siamo stati indegnamente traditi e ci
troviamo ad aver commesso un gesto ignobile senza alcun risultato.
Da questa
constatazione me ne è venuta una profonda amarezza, un disgusto per chi ci
circonda e, quello che più conta, un profondo disprezzo per me stesso.
Da mesi, mamma,
rimugino su questi fatti e non riesco a trovare una via d'uscita, uno scopo
nella mia vita.
Da mesi penso ai
miei marinai del Tazzoli che sono onorevolmente in fondo al mare e penso che il
mio posto è con loro.
Spero, mamma, che mi
capirai e che anche nell'immenso dolore che ti darà la notizia della mia fine
ingloriosa, saprai capire la nobiltà dei motivi che mi hanno guidato.
Tu credi in Dio, ma
se c'è un Dio, non è possibile che non apprezzi i miei sentimenti che sono
sempre stati puri e la mia rivolta contro la bassezza dell'ora.
Per questo, mamma,
credo che ci rivedremo un giorno.
Abbraccia papà e le
sorelle e a te, Mamma, tutto il mio affetto profondo e immutato.
In questo momento mi
sento vicino a tutti voi e sono sicuro che non mi condannerete.
Carlo*
_________
(*) All’armistizio del 1943 il capitano di corvetta Carlo Fecia di Cossato, medaglia d’oro al V.M., per non violare il giuramento al Re aveva obbedito all'ordine di consegnare la flotta al nemico; e pur ripugnandogli l'idea del cambio di campo, al comando dell'Aliseo non aveva esitato ad attaccare l'alleato del giorno prima, per poi trovarsi a fronteggiare il governo Bonomi che rifiutava di giurare fedeltà al Re. Disobbedì all’ordine di uscire in mare. Fu messo agli arresti in fortezza, poi liberato e posto in congedo per tre mesi, nella speranza che mettesse la testa a partito. Non potendo raggiungere la famiglia al Nord, si trasferì a Napoli, ospite di un amico, rifiutando gli incarichi di comando che gli venivano offerti dagli Alleati. Invano tentò di avere un colloquio con il luogotenente del Regno Umberto di Savoia per spiegargli i motivi della sua insubordinazione. All'avvicinarsi della fine del congedo, il 21 agosto 1944 scrisse questa lettera testamento indirizzata alla madre e il 27 agosto si uccise a Napoli, sparandosi un colpo di pistola alla tempia.
(*) All’armistizio del 1943 il capitano di corvetta Carlo Fecia di Cossato, medaglia d’oro al V.M., per non violare il giuramento al Re aveva obbedito all'ordine di consegnare la flotta al nemico; e pur ripugnandogli l'idea del cambio di campo, al comando dell'Aliseo non aveva esitato ad attaccare l'alleato del giorno prima, per poi trovarsi a fronteggiare il governo Bonomi che rifiutava di giurare fedeltà al Re. Disobbedì all’ordine di uscire in mare. Fu messo agli arresti in fortezza, poi liberato e posto in congedo per tre mesi, nella speranza che mettesse la testa a partito. Non potendo raggiungere la famiglia al Nord, si trasferì a Napoli, ospite di un amico, rifiutando gli incarichi di comando che gli venivano offerti dagli Alleati. Invano tentò di avere un colloquio con il luogotenente del Regno Umberto di Savoia per spiegargli i motivi della sua insubordinazione. All'avvicinarsi della fine del congedo, il 21 agosto 1944 scrisse questa lettera testamento indirizzata alla madre e il 27 agosto si uccise a Napoli, sparandosi un colpo di pistola alla tempia.
Roberto Buffagni è
un autore teatrale. Il suo ultimo lavoro, attualmente in tournée, è Sorelle d’Italia – Avanspettacolo fondamentalista, musiche di Alessandro Nidi, regia di
Cristina Pezzoli, con Veronica Pivetti e Isa Danieli. Come si vede anche dal
titolo di questo spettacolo, ha un po’ la fissa del Risorgimento, dell’Italia…
insomma, dell’oggettistica vintage...
sabato 23 marzo 2013
La realtà è servita
Tuffi nel vuoto
cadute nei precipizi.
Eppure si cerca
un barlume della città di Dio
in questa cecità
che annebbia i luoghi.
Adesso si collezionano
piccoli compendi di sconfitte
la realtà è servita
dal catalogo delle dissonanze.
Il nostro tempo vive
un trapasso di civiltà.
Nicola Vacca
Tuffi nel vuoto
cadute nei precipizi.
Eppure si cerca
un barlume della città di Dio
in questa cecità
che annebbia i luoghi.
Adesso si collezionano
piccoli compendi di sconfitte
la realtà è servita
dal catalogo delle dissonanze.
Il nostro tempo vive
un trapasso di civiltà.
Nicola Vacca
Nicola Vacca è nato a Gioia del Colle e vive a Salerno. È scrittore, opinionista, critico letterario, collabora alle pagine culturali di quotidiani e riviste. Svolge, inoltre, un’intensa attività di operatore culturale. Ha pubblicato numerosi libri di poesia, tra i quali ricordiamo, Civiltà delle anime (Book) , Incursioni nell’apparenza ( Manni), Esperienza degli affanni e Almeno un grammo di salvezza (Edizioni Il Foglio) .
venerdì 22 marzo 2013
In cerca di un nemico
Grillo, Bersani,
Berlusconi, Monti e Carl Schmitt
Sulla retromarcia
del Governo a proposito del ritorno dei marò in India è inutile qualsiasi commento.
Perché sarebbe come sparare sull’ambulanza della Croce Rossa… Quel che
invece ci preoccupa veramente in questi i giorni
- e il lettore se ne sarà accorto - è la questione
della nascita del nuovo governo. La cui soluzione
richiederebbe un senso di responsabilità morale che sembra invece latitare in
tutte le forze politiche. Berlusconi, teme, per non finire in prigione, di fare
un passo indietro. La Lega ,
sorniona, preferisce rimanere alla finestra. Bersani, sostenuto da
Vendola, si ostina nell’inseguire un interlocutore politico - il M5s -
che di alleanze non ne vuole assolutamente sapere. Grillo (e Casaleggio)
giocano al tanto peggio tanto meglio. Infine, su Lista Civica, puro
e semplice cartello di interessi elettorali, neppure facilmente governabili,
è meglio stendere il classico velo pietoso.
Tuttavia, dal punto
vista strettamente politico ( e non morale), così ben
teorizzato a suo tempo da Carl Schmitt, va fatta
un’osservazione dirimente: mentre Grillo ha individuato perfettamente il
"nemico" e tiene il suo partito in pugno, le altre forze politiche
sono divise proprio sul nome dell'avversario principale. In pratica,
girano a vuoto intorno al castello di carta dei veti incrociati.
Perciò il M5s, per
dirla in gergo sportivo, mostra di possedere una marcia in più. E buone
possibilità, in caso di elezioni "anticipatissime", di
accrescere i consensi. Soprattutto se non verrà cambiata le legge
elettorale in senso maggioritario a doppio turno (come alcuni
consigliano). Quindi andare al voto con il
porcellum sarebbe un suicidio per tutti i partiti, ma non per
quello di Grillo.
Che poi il
plusvalore politico di Cinquestelle possa favorire la soluzione dei problemi
italiani è pura questione di opinione politica. E perciò, come si scriveva
ieri, di calici giudicati per metà pieni o vuoti.
Carlo Gambescia
giovedì 21 marzo 2013
Il libro della settimana: Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini ( a cura di),Il partito di Grillo , il Mulino 2013, pp. 240, Euro 16,00.
www.mulino.it |
Nelle prossime ore
Grillo salirà al Quirinale. Secondo voci giornalistiche, il comico sembra
pronto a rivendicare un monocolore Cinquestelle…
Fantapolitica? No
realpolitik... Con i suoi otto milioni (e passa) di voti, il M5s è una
forza decisiva del sistema politico italiano. Se poi contribuirà a rinnovarlo o
distruggerlo è tutt’altra questione. Infatti, c’è chi associa il movimento di
Grillo al fascismo delle origini; chi parla di neopaganesimo di massa; chi di
qualunquismoon line, chi vi
scorge il prolungamento della politica spettacolo berlusconiana; chi, per
contro, lo eleva addirittura ad agente storico della prima e vera rivoluzione
italiana.
Sono, ovviamente, tentativi di definizione politica, viziati dalla necessità di bocciare (molti) o promuovere (pochi) un avversario fattosi decisamente pericoloso. E che per lo studioso lasciano il tempo che trovano. Perciò, se si vuole capire il reale significato del ciclone Grillo, è necessario fare un salto di qualità. Un'ottima guida di taglio politologico, del tipo senza ira né pregiudizi, è rappresentata dal notevole volume curato da Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini, Il partito di Grillo (il Mulino), docenti universitari e animatori dell’Istituto Cattaneo ( il primo né è stato più volte direttore, la seconda ne è l'attuale presidente).
Sono, ovviamente, tentativi di definizione politica, viziati dalla necessità di bocciare (molti) o promuovere (pochi) un avversario fattosi decisamente pericoloso. E che per lo studioso lasciano il tempo che trovano. Perciò, se si vuole capire il reale significato del ciclone Grillo, è necessario fare un salto di qualità. Un'ottima guida di taglio politologico, del tipo senza ira né pregiudizi, è rappresentata dal notevole volume curato da Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini, Il partito di Grillo (il Mulino), docenti universitari e animatori dell’Istituto Cattaneo ( il primo né è stato più volte direttore, la seconda ne è l'attuale presidente).
Lo studio,
sicuramente pionieristico ma di alto livello, disseziona in
cinque essenziali capitoli quello che Elisabetta Gualmini definisce
acutamente il «web populismo» del comico genovese. Il lavoro è basato su
una solidissima letteratura politologica (basta scorrere la ghiotta
bibliografia) e sul saggio uso empirico del sondaggio e dell’intervista
mirata. Temporalmente, Il partito
di Grillo si ferma alle soglie delle elezioni di febbraio.
Prima, insomma, della grande vittoria.
Il populismo
italiano di Grillo viene distinto teoricamente da quello moralistico di Antonio
di Pietro, dal populismo padronale di Berlusconi e da quello «terrigno e
secessionista» della Lega. Anche se si tratta pur sempre di populismo. E
pertanto, ci permettiamo di aggiungere, di un nemico - il che
francamente inquieta - della pur necessaria (insieme alla decisione)
mediazione politica di stampo liberale.
Il primo capitolo
(“Dalla Tv ai palasport, dal blog al Movimento” di Rinaldo Vignati) è
un’autentica sociologia di Beppe Grillo. Detto altrimenti: il dato biografico
rinvia, e sempre acutamente, alla connotazione sociologica. Quel
che colpisce della ricostruzione, per un verso sono le notevoli capacità
politiche del “personaggio” ( di autorappresentarsi, di aggregare, di
individuare nemici, di scegliere i punti deboli dell’avversario); per l’altro
l’assoluto vuoto politico in cui si è potuto dispiegare l'incontestabile
carisma di Grillo (dai riflessi mesmerici, soprattutto negli
interventi pubblici). Diciamo che si è trattato di un’ascesa diventata
irresistibile a causa dall’incapacità dei partiti tradizionali di
autoriformarsi, intercettando per tempo alcuni cavalli di battaglia grillini
(si pensi solo al taglio del finanziamento
pubblico ai partiti).
Il secondo capitolo
(“Lo shock elettorale” di Pasquale Colloca e Francesco Marangoni), spiega
con grade sottigliezza come i successi elettorali del 2012 ( dalle
amministrative alle elezioni siciliane) abbiano agito da moltiplicatore, quasi
keynesiano, di due fattori: a) la consapevolezza di essere sulla strada giusta;
b) la capacità di conquistare consenso esterno (prima al Nord, poi al Sud),
attivando un circuito virtuoso tra Movimento e Paese. Una “storia di successo”,
regolarmente confermata, dalle elezioni politiche di febbraio.
Nel terzo capitolo
(“Gli elettori del Movimento 5 Stelle” di Andrea Pedrazzani e Luca Pinto),
basato su solidi dati empirici, si riconduce la capacità del partito di Grillo
di catturare voti a destra e sinistra all’abilità
nell’intercettare, grazie al programma politico dai contorni
imprecisi, un elettorato «dalla duplice anima», conservatore e progressista al
tempo stesso; «duplicità [che] potrebbe aprirgli la via di un successo
elettorale dalle proporzioni fino a pochi mesi fa impensabili» (p.121).
Previsione, anche questa, confermata dal voto del 24-25 febbraio.
Nel quarto capitolo
(“Dentro il Movimento:organizzazioni, attivisti e programmi” di Gianluca
Passarelli, Filippo Tronconi, Dario Tuorto) si entra nel cuore della questione,
o meglio del programma politico. Due i punti di forza: a) un programma
«post-ideologico», capace di piacere all’elettore di sinistra (
ambientalismo e democrazia di base) e all’elettore di destra (antifiscalismo e
antiburocratismo), nonché di risultare gradito a entrambi e perfino
agli astensionisti (critica della partitocrazia). E perciò
in grado di conquistare, da vero "pigliatutto", anche le
varie classi di età; dal giovane "smanettone" al quarantenne in
mobilità, dall'esodato cinquantenne al pensionato aggredito e stremato
dalla crisi economica; b) una facilità di accesso al movimento ( basta un
personal computer), capace di attirare i delusi e i respinti dalla politica
tradizionale. È per certi versi il trionfo di quella che Elisabetta Gualmini
definisce, non senza ironia ci sembra, la «wikipolitica, dove anche
l’ultimo arrivato può dire la sua e cambiare il programma»… Non meno
numerosi sono però gli elementi di debolezza. Ne ricordiamo due: a) la natura
accentrata del potere carismatico di Grillo che rischia di entrare in conflitto
con quella di un Movimento che, come del resto è sotto gli occhi di tutti, non
potrà non trasformarsi in Istituzione (tradotto: in partito vero e
proprio, con i suoi pregi e difetti sociologici); b) la difficoltà di coniugare
democrazia di base, movimentista con la democrazia rappresentativa, istituzionale,
che deve essere accettata da qualsiasi partito che si imponga di operare, per
l’appunto, nelle istituzioni. E qui, si legga un’altra osservazione di
sconcertante attualità: «In gioco (…) [è] la decisione di saldare l’ala
movimentista con la componente che, una volta nelle istituzioni necessiterà di
un coordinamento. Pena, nel breve-medio periodo, il disfacimento e il
cannibalismo da parte di altre forze”» (p. 144).
Nel quinto capitolo
(“Il Movimento e la Rete ”
di Lorenzo Mosca e Cristian Vaccari ), due sono le intuizioni, empiricamente
corroborate, che colpiscono: in primo luogo, che il famigerato uso intensivo
del web riguarda più i simpatizzanti che i candidati, legati invece ai media
più tradizionali; in secondo luogo, che se è verissimo che Internet «rappresenta
il collante di un Movimento», risulta altrettanto vero che esso «nella
sua grande eterogeneità si riconosce come parte di un tutto proprio in virtù
del ruolo di “editore” di Grillo, del suo blog e dello staff che, non senza
tensioni e polemiche, ne alimenta i contenuti» (p.194) . Ciò significa che, in
buona sostanza, «l’ adozione e l’uso massiccio delle tecnologie non sono
sufficienti a superare un dilemma classico delle organizzazioni politiche,
ovvero quella tensione irrisolta fra desiderio di partecipare attivamente alle
decisioni da parte della base ed esigenze di esercitare un controllo ferreo da
parte di una dirigenza oligarchica» (Ibid.). Se ci si passa la battuta: 1 a 0 per Roberto Michels…
Nelle conclusioni
Piergiorgio Corbetta si interroga sul destino del «web
populismo» sbandierato da Grillo. Populismo che,
secondo lo studioso, proprio per il
richiamarsi alla Rete rappresenta, per certi versi, un
fattore di «assoluta novità» rispetto ai populismi
tradizionali. E neppure negativa, dal momento che «la Rete potrebbe in effetti
rappresentare uno strumento cruciale per il passaggio da una ”democrazia
rappresentativa” (nella quale la volontà del popolo viene espressa dai suoi
rappresentanti eletti) a una “democrazia deliberativa” nella quale le decisioni
di carattere politico-amministrativo vengono prese da assemblee alle quali
possa partecipare – per l’appunto attraverso canali informativi – ogni
cittadino» (p. 211).
Insomma,
il calice-Grillo potrebbe essere mezzo pieno. E in definitiva
anche il suo messaggio non antipolitico ma politico o quasi. E
proprio in forza, come sembra sostenere Corbetta, della sua
idea democratico-deliberativa della politica. Vedremo.
Carlo Gambescia
mercoledì 20 marzo 2013
Nel ringraziare l’’amico Teodoro dell’eccellente analisi, ci permettiamo di ricordare, per inciso, che all’elezione di “un anziano funzionario del regime” alla Presidenza del Senato, va sommata quella di una giovane “funzionaria” del “regime” ( o "baraccone") Onu alla Camera. Ovviamente, a Montecitorio, senza il "prezioso" concorso dei cinquestellati. I quali, probabilmente, neppure sapevano chi fosse la dottoressa Boldrini…
Buona Lettura (C.G.)
Cinquestelle? Un
vaso di coccio…
di Teodoro Klitsche
de la Grange
Il primo atto
politico-istituzionale del Movimento di Grillo è stato di aver concorso – a
quanto pare per un dissenso “interno” – all’elezione alla Presidenza del Senato
di un anziano funzionario del regime tanto contestato (il quale lungi dall’
“arrendersi”, così si è sistemato); contraddicendo totalmente
quanto predicato in campagna elettorale (e prima). Il che fa riflettere sulla
natura e sui meccanismi dei partiti (o “movimenti”) volti a gestire il potere e
le istituzioni politiche.
Fino a circa
vent’anni fa “andavano di moda” i modelli di partito ereditati dalla prima metà
del novecento: il partito pigliatutto, il partito dei notabili, il
partito-milizia e così via. Tutti, pur nelle differenze anche vistose,
accomunati da alcuni connotati: il primo dei quali è che realizzavano
l’integrazione tra vertice e base in tre modi fondamentali: l’integrazione
personale, data dalle caratteristiche del capo e soprattutto dal carisma
attribuitogli; quella materiale, conseguente alla condivisione dei
valori (e interessi), e quindi alla weltanschauung del movimento; quellafunzionale realizzata dalle procedure e modalità
con cui si organizza, agisce e si mantiene il movimento (elezioni, nomine,
manifestazioni).
La funzione
dell’integrazione è duplice: da un lato realizzare l’idem sentire tra vertice e base; dall’altro
conseguire l’unità d’azione del partito e la corrispondenza
dell’azione ai fini ideali. Anzi essendo la politica un’attività pratica,
l’aspetto principale è quello dell’agire,
del fare, del realizzare. È il primato - a servirsi
dei termini classici – della prassi, così efficacemente sintetizzata da Marx
nell’11° glossa a Feuerbach. E perché la prassi sia coerente alle idee occorre
che il partito/movimento possa agire unitariamente; da cui consegue la
“disciplina” di partito e la (relativa) “insensibilità” alle direttive (agli
interessi, alle idee) degli altri partiti. Senza la quale finisce per fare la
fine del vaso di coccio tra i vasi di ferro: va (rapidamente) in pezzi.
Se è vero che una
dozzina di senatori grillini hanno votato il candidato del PD alla presidenza
del Senato, malgrado la contraria indicazione del “vertice”
il processo di de-composizione è già iniziato al primo vagito istituzionale del Movimento 5 Stelle.
Il che non stupisce
(lo stupore è limitato alla rapidità sorprendente del processo); tuttavia pone
all’attenzione due temi.
Il primo è quello
accennato: come s’è “integrato” il movimento grillino? Il consenso al capo non
appare granché né soprattutto è un collante sufficiente (vedi i risultati); il
“programma” del partito-rivelatore dei “valori” e “interessi” del movimento - è
un catalogo di ovvietà, equamente prelevate dai programmi degli altri partiti e
alcune addirittura dalle realizzazioni dei medesimi (v. la proposta sui farmaci
generici, da diversi anni legge); quanto all’integrazione “funzionale” non è
chiaro come avvenga, quali organi e articolazioni abbia il movimento e con
quali competenze e collegamenti, come i dirigenti vengano selezionati e/o
eletti, quale sia lo status(“partitico”) dei parlamentari e
così via. Ma una “buona” (cioè efficace) integrazione è essenziale all’azione
ed alla consistenza del movimento; e di converso azioni infedeli ne rivelano l’insufficienza.
Il secondo è a che
cosa serva politicamente un partito che, all’atto di decidere, fa scelte
incoerenti (e non univoche) a quanto predicato fino a pochi giorni prima. Non è
un’unità partitica, un’ “organizzazione” volta a conseguire degli scopi propri ecomuni agli aderenti, ma un contenitore dove
altri partiti – più consistenti e strutturati – “pescano” i voti necessari a
insediare i loro uomini e a realizzare i (loro) programmi, valori, interessi.
Onde votare per un partito del genere non è valutabile secondo i criteri della
bontà delle proposte e delle intenzioni esternate e se queste siano valide o
meno: diventa semplicemente inutile (anche perché imprevedibile). Tanto vale,
ed è più onesto (e trasparente) dare il suffragio direttamente agli altri. Per
quanto ci si debba turare il naso (e non solo quello).
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato,
giurista, direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009).
martedì 19 marzo 2013
Ortega y
Gasset amava parlare di filosofia del
tramvai, nel senso di approfittare del percorso in tram
per cogliere lo "spirito della gente". Nel suo (e
nostro) piccolo, Carlo Pompei, che
invece viaggia in metro, ci offre alcune
interessanti riflessioni sugli umori
"politici" della gente comune, da vero
sociologo di strada... Buona lettura.
(C.G.)
Italia. Dalle Stelle
allo stallo
Mini-sondaggio
politico del nostro inviato da (Metro) Lepanto (*)
di Carlo Pompei
In questi giorni di
accanimento giustizialista e persecuzione ad orologeria, per alcuni, e di
regolare corso legale, per altri, abbiamo riscontrato le reazioni sull'uno e
sull'altro fronte. Ne è uscito un quadro di rabbia, meschinità, disillusione,
disaffezione e disperazione. Avrete compreso che non parliamo delle arringhe
delle "toghe rosse" o delle dichiarazioni di quelli che hanno
intonato l'inno di Mameli dinanzi il Tribunale di Milano, ma che vogliamo
riferirvi a proposito dei commenti della gente comune, persone intervistate nei
bar di Roma nei pressi delle fermate della metropolitana.
Si tratta di un'
mini-sondaggio, riguardante l’immagine del Cavaliere e di Grillo ( e
“grilini”), fatta prevalentemente tra persone inserite in un livello culturale
medio. Del resto l'Italia del 2013 è anche, e forse soprattutto, ancora
questa, bisogna tenerne conto. Parliamo di anziani stanchi e
demotivati, tagliati fuori dalla comunicazione moderna e giovani lobotomizzati
dalla stessa ipertecnologia. Senza dimenticare i quaranta-cinquantenni
con famiglia, terrorizzati dalla reale probabilità di perdere il lavoro o
disperati per averlo già perso. I primi imprecano davanti a tg sempre più
bugiardi e pubblicità sempre più stucchevoli: a volte spengono la TV con un calcio; gli altri già
passano il sapone sulla corda e il calcio lo daranno allo sgabello.
Vediamo.
Chi critica Berlusconi, generalmente, è mosso da fondamentalismo politico, da invidia (chissà per quale motivo, poi: è anziano e ha un bel po' di grane), in pochi hanno argomentato la propria avversione senza scadere nel "sentito dire da Santoro o Travaglio"; chi si schiera con lui, invece, sempre generalmente, ha un tornaconto personale o spera di averne, per il resto, vuoto pneumatico su ideali politici.
Chi critica Berlusconi, generalmente, è mosso da fondamentalismo politico, da invidia (chissà per quale motivo, poi: è anziano e ha un bel po' di grane), in pochi hanno argomentato la propria avversione senza scadere nel "sentito dire da Santoro o Travaglio"; chi si schiera con lui, invece, sempre generalmente, ha un tornaconto personale o spera di averne, per il resto, vuoto pneumatico su ideali politici.
Potremmo definirla
"invidia buona" e "invidia cattiva", attribuite voi
l'aggettivo agli uni o agli altri, poiché, a seconda dell'angolazione di
pensiero cambia la visuale e, quindi, il giudizio. Berlusconi ne è consapevole.
Di qui, il mix di forza e debolezza che ha sempre condizionato l’azione politica
del Cavaliere. Naturalmente, fino a quando i giudici, tagliando il
nodo gordiano del conflitto di intresse, non decideranno il pubblico
destino del leader del Pdl…
Passiamo a Grillo.
Le domande sul
leader del M5S, invece, hanno ricevuto per metà un no comment. Mentre un
quarto degli intervistati scuote la testa e il rimanente lo dipinge come Che
Guevara, confermando l'esito delle urne. Alcuni, che potremmo definire elettori
grillini disincantati si chiedono: “Ma che fa il Movimento 5 Stelle? Ora
promuove concorsi di lavoro e collaborazione ad un segmento di laureati
(dandone per scontata idoneità e preparazione). Ma se hanno una
specializzazione in quel particolare campo è perché hanno già un lavoro, oppure
hanno la strada spianata da qualcuno, costruirsi da soli il cavallo di Troia
sembra un'idea stupida o una via di fuga”. Affermazione che evidenzia – questa
la nostra conclusione – il timore di una parte degli elettori M5S per certa
impreparazione tra i grillini eletti nel ricoprire i ruoli richiesti. Hanno
dirottato un aereo, ma non sanno come pilotarlo? Le votazioni alla Camera e al
Senato parrebbero confermare questa ipotesi.
Ci permettiamo di
consigliare a Grillo una rapida uscita dalla fase di stallo, altrimenti alle
prossima tornate elettorale "El comandante" avrà un amaro risveglio
dal sogno nella notte stellata. Sempre se è realmente intenzionato a far
governare i suoi.
Carlo Pompei
(*) Stazione Metro
Roma della Linea A, in zona tribunali, non lontana da
San Pietro e da alcuni grandi mercati rionali; crocevia
di un' "umanità" socialmente eterogenea,
composta di professionisti, magistrati, avvocati
(e assistiti), impiegati, pensionati, studenti, casalinghe,
sacerdoti, disoccupati, piccoli commercianti anche abusivi
e mendicanti: il milieu rappresentativo della Roma di
oggi. E non
solo...
Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena
nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a
disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura,
illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.
lunedì 18 marzo 2013
Cara donna Mestizia,
cinque anni fa, nel
giorno del mio cinquantesimo compleanno, il responsabile Risorse Umane della
mia azienda mi inviò un sms così concepito (l’ho fatto ingrandire e
incorniciare, ce l’ho sotto agli occhi):
“Gentile
Collaboratore, come lei sa, la crisi economica non ha risparmiato il settore di
mercato nel quale opera la nostra Azienda. Le comunico pertanto che si è deciso
di ristrutturare alcune posizioni, tra le quali quella da lei occupata.
Rammentandole le clausole sulla riservatezza da lei sottoscritte al momento
dell’assunzione, e augurandole un pronto reinserimento, la saluto cordialmente.
Suo dr. K. Iller. P.S.: L’ufficio va sgombrato entro le ore 17.55 di stasera.”
Lì per lì ho
accusato il colpo, e confesso che sono precipitato in una depressione clinica
devastante, ma grazie al sostegno della mia famiglia e del mio psicoterapeuta,
che mi ha prescritto un regime accuratamente bilanciato di ansiolitici,
antidepressivi ed eccitanti, sono riuscito a reagire. Dando fondo a risparmi ed
energie, ho aperto una società di consulenza alle imprese nei campi di mia
competenza, e ho gradualmente costruito un portafoglio clienti di tutto
rispetto (tra i primi clienti, la mia ex Azienda). Nel giro di un paio d’anni,
però, ho dovuto accorgermi che lavoravo sempre di più e guadagnavo sempre di
meno. Da un canto, la generale contrazione dell’attività economica diminuiva
non solo i miei introiti, ma le stesse occasioni di lavoro; dall’altro, le
spese correnti, il costo del credito bancario e del personale benché precario,
la tassazione, non facevano che aumentare. Tagliato tutto il tagliabile, per
praticare prezzi concorrenziali e restare a galla ho dovuto sempre più spesso
lavorare in nero.
Ieri l’altro, giorno
del mio cinquantacinquesimo compleanno, ho ricevuto una lettera dell’Agenzia
delle Entrate nella quale mi si informa, in buona sostanza, che mi hanno
beccato. Ho cercato consiglio presso il commercialista, mio caro amico fin dai
tempi del liceo. Però, se gli telefono in studio la sua segretaria (assai
attiva nella parrocchia frequentata anche dalla mia famiglia) nega recisamente
di conoscere il mio nome; se gli telefono a casa, la domestica filippina (che
vive in Italia da venticinque anni) mi risponde in tagalog, i suoi figli
(compagni di scuola dei miei) mi dicono che ho sbagliato numero, e sua moglie
(con la quale vissi, in tempi migliori, una torrida vicenda erotica
clandestina) appena sente la mia voce mi ribatte seccata che no, non vuole
abbonarsi a Sky; e bruscamente riattacca. Lui, naturalmente, ha cambiato il
numero del cellulare personale.
Le scrivo questa
lettera alla fine di un lungo pomeriggio di meditazione, trascorso qui, nel mio
studio deserto, nella sola compagnia di una bottiglia di pregiato whisky di
malto, di due telefoni ai quali ho provveduto a tagliare il filo, e di tre
computer che mi sono tolto il capriccio di sbriciolare a martellate. Al mio
cellulare parla, in questo momento, la famigliola di pesci giapponesi che abita
l’acquario, e che immagino profitti dell’insperata occasione per rinsaldare i
legami con la numerosa parentela rimasta nel Paese del Sol Levante; tanto poi,
quando gli arriva la bolletta possono sempre fare seppuku.
Ma torniamo a noi.
Tirate tutte le somme, sono giunto a una conclusione incontrovertibile: che a
me, i compleanni portano sfiga. Ho pertanto deciso di smetterla: smetterla di
compiere gli anni, voglio dire. Con il martello utilizzato per disintegrare i
computer ho sminuzzato e polverizzato tutti gli psicofarmaci della mia
farmacopea, ricavandone una bomba nucleare chimica più che sufficiente a
catapultarmi nel più inaccessibile e lontano degli Aldilà. Ma un attimo prima
di trangugiarlo scolandoci sopra il resto della bottiglia di whisky, un dubbio
mi ha trattenuto: e se facessi la figura del pirla? Ho notato, infatti, che
mentre nei primi tempi della crisi i media davano notevole risalto alla figura
dei suicidi per ragioni economiche assortite, da un po’ di mesi questa nuova
figura sociale, che pure stava assumendo una sua centralità simbolica, è per
così dire arretrata sullo sfondo della scena sociale, o addirittura sparita
dietro le quinte, nei camerini fiocamente illuminati dell’anonimato.
Insomma: e se non
fosse più di moda, suicidarsi? Raggiungi dopo un vivace dibattito interiore la
sofferta decisione, organizzi accuratamente la cerimoniale messa in scena
dell’addio al mondo crudele, dedichi un lungo “labor limae” al messaggio
finale, reprimi con un soprassalto di volontarismo la ribellione dei tuoi
“animal spirits”, spegni gli ultimi dubbi, sormonti le residue esitazioni, e
finalmente, là! ti suicidi. Ma se poi il giorno dopo esce la notiziola sul
quotidiano locale, chi è morto giace e chi è vivo si dà pace, e l’epitaffio
definitivamente scolpito sulla tua avventura terrena è: “Che pirla”? Sarò
vanitoso, ma un po’ mi seccherebbe. Lei che ne pensa?
Più Di Là Che Di Qua
2013
Caro Più Di Là Che Di
Qua 2013,
dia retta a me:
certe cose non passano mai di moda. Un conto è l’effimero, superficiale brillio
delle voghe e delle passioni più o meno artificiali, un conto i valori veri,
consolidati da tempo immemorabile: che difatti, nonostante tutte le smemoratezze
e gli appannamenti, presto o tardi tornano sempre di moda. Veda ad esempio
negli abiti: dopo la sciocco gusto per i giacconi supertecnici da commandos,
non è tornato di moda il buon vecchio loden? E se oggi il loden sembra ricaduto
nel dimenticatoio, stia tranquillo che prima di quanto si pensi tornerà a
ricoprire le spalle degli uomini di buon senso, e a campeggiare - fra gli
osanna - sulle prime pagine dei giornali. Vada, vada per la sua strada! Come
dice il poeta, non si curi di lor, ma guardi e trapassi.
P.S. Ricordo a Lei e
ai Suoi eredi che il Suo abbonamento a questa rubrica non è rimborsabile a
seguito del Suo decesso. Qualora Ella ritenesse opportuno favorirmi con
informazioni riservate raccolte nella Sua prossima destinazione, Gliene sarò
grata. Sono certa di interpretare le Sue (ultime) volontà garantendoLe che
l’eventuale compenso per dette informazioni Le sarà corrisposto a mezzo non
fiori, ma opere di bene.
Roberto Buffagni è
un autore teatrale. Il suo ultimo lavoro, attualmente in tournée, è Sorelle d’Italia – Avanspettacolo
fondamentalista, musiche di
Alessandro Nidi, regia di Cristina Pezzoli, con Veronica Pivetti e Isa Danieli.
Come si vede anche dal titolo di questo spettacolo, ha un po’ la fissa del
Risorgimento, dell’Italia… insomma, dell’oggettistica vintage...
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