martedì 7 dicembre 2010

 I giovani e la  politica 
Non basterà essere eletti


.
Chiacchiere tante, fatti pochi, I giovani in politica restano fermi al palo. Colpa delle false speranze create dal giovanilismo post-sessantottino? Oppure di una classe politica ultrasessantenne che non vuole mollare l’osso agli under trenta? Difficile dire. Meglio agire, ma come?
Secondo i “giovani” deputati Sandro Gozi, Pd ( classe 1968) Gianluca Pini (classe 1973), Pdl, Nicola Formichella, Lega Nord ( classe 1975) basterà approvare una proposta di legge che verrà presentata nelleprossime settimane, tesa ad abbassare l’età perl’elettorato attivo e passivo, sia alla Camera che al Senato. Detto altrimenti: Todos Onorevoli a 18 anni e Senatori a25.
Attualmente, a 18 anni si può votare per eleggere un deputato, ma bisogna averne non meno di 25 per essere eletti alla Camera. Mentre sono richiesti 25 anni per eleggere un senatore, ma non si può essere eletti al Senato prima di 40.
«In Parlamento - osserva Gozi, promotore dell’iniziativa - occorre pensare al futuro e dare spazio e priorità a chi il futuro lo rappresenta, alle nuove generazioni. Laparte più creativa della società non può determinare le leggi delloStato in cui vive. Nella società dell'informazione la conoscenza èconcentrata nei giovani. Che però non possono decidere quale società dell’informazione possono avere, quale libertà dare alla rete, quali debbano essere diritti e garanzie della privacy. Ma soprattutto quale futuro darsi». Del resto, conclude, « le norme oggi in vigore rappresentano una meradiscriminazione basata sull’età che non ha ragione di esistere e checoinvolge più di 5 milioni di persone».
I nostri magnifici tre peccano d’idealismo. E per una ragione molto semplice: i giovani sono lontani anni luce dalla politica. Stando allo Iard (Rapporto 2007), massima autorità italiana in argomento, due giovani su tre (tra i 15 e 34 anni) non si interessano di politica. E hanno come valori di riferimento amicizia, lavoro e amore. Anche nei riguardi della religione non c’è grande interesse.
Oggi, insomma, ci troviamo davanti a ragazzi che, a differenza dei padri e dei nonni, non credono più nell’ideale sessantottino del “privato uguale pubblico”… E quindi nella capacità della politica di “cambiare” il mondo. Un altro aspetto interessante, che viene fuori, è quello della bassa sindacalizzazione dei giovani e in particolare della percezione negativa, o comunque non positiva, del sindacato quale strumento di difesa del lavoratore. Altro ideale sessantottino andato in frantumi…
Gozi, Pini e Formichella, ripetiamo, si fanno troppe illusioni. Perché, probabilmente, l’abbassamento dell’ età per eleggere ed essere eletti alla Camera e al Senato, dopo un entusiasmo iniziale, non muterebbe di un virgola l’atteggiamento di sostanziale disinteresse dei giovani verso la politica. E qui va ricordato che negli altri paesi europei, dove l’età per essere eletti in Parlamento è più bassa che in Italia, come Finlandia, Germania, Olanda, Svezia, Regno Unito, Spagna e Portogallo, l’interesse dei giovani nei riguardi della politica è addirittura minore che in Italia.
Ci troviamo perciò davanti a un problema strutturale. Anche perché, ammesso pure che i giovani italiani di colpo “rinsaviscano” politicamente, quale potrebbe essere la sorte di un giovane peones parlamentare? Non diversa da quella del maturo peones… Ovvero, contare meno di zero…
Per dirla fuori dai denti: un ipotetico senatore venticinquenne di belle speranze, davanti al capogruppo settantenne, un vero lumacone a sua volta ammanicato con altre potenti cariatidi di partito, e dunque capacissimo di stroncare una giovane carriera in cinque minuti, di quanto potere decisionale potrebbe disporre? Il lettore può rispondersi da solo.
Dalle interessanti indagini condotte da Carlo Carboni ( Élite classi dirigenti in Italia, Laterza 2007) sulla banca dati del Who’s who , che riduce a 5500 i personaggi di spicco italiani in tutti i campi, risulta «che i quattro quinti dei potenti over 60 erano presenti già a partire, come minimo, dal 1998, mentre si riscontra una percentuale pressoché dimezzata fra coloro che avevano nel 2004 massimo 40 anni». Amare le sue conclusioni: «Si entra quindi tardi nell’élite (da quarantenni o molto più spesso da cinquantenni), ma vi si resta fino a tarda età».
Perciò, largo ai giovani. Ma come? Col mitra. 
P.S. Ovviamente scherziamo.


Carlo Gambescia 

Nessun commento:

Posta un commento