lunedì 21 giugno 2010

Proposte anticorruzione
Perché non separare le carriere dei manager?





Oggi le prime pagine dei giornali aprono con due notizie: le indagini sul cardinale Crescenzio Sepe accusato di corruzione nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti alla “cricca” e la deludente prova della nazionale di calcio con la Nuova Zelanda.
Si potrebbe perciò pensare: "Ecco l’Italia! Calcio e scandali e talvolta anche scandali calcistici". In realtà basta ripercorrere la storia unitaria per scoprire che la corruzione non è un’ invenzione dei nostri anni Novanta.
Ma allora l’Italia è il paese più corrotto in Europa? Difficile rispondere, perché non esistono statiche sicure al riguardo. Alcuni sostengono che la differenza è proprio nella società civile. Quanto più è libera, moderna, secolare e distante dalla politica, tanto più un paese riesce a contenere i “livelli” di corruzione entro limiti fisiologici. E l'Italia a modernità sarebbe messa piuttosto male...

Si tratta di un’ipotesi interessante ma difficilmente verificabile. La Gran Bretagna e gli stessi Stati Uniti, di solito celebrati come perfetti esempi di modernità civile, non sono affatto indenni dalla piaga della corruzione.
Allora, tutto il mondo è paese? No. Diciamo che un inizio di spiegazione (sociologica) può essere rappresentato dall’ampiezza della cosiddetta "area grigia", dove si intersecano moralmente ed economicamente poteri pubblici e privati. Sappiamo che la cosa potrà dispiacere a molti - compreso chi scrive - ma alcune indagini mostrano che le economie miste a forte predominio del pubblico sul privato - e in questo Italia e Francia hanno fatto scuola - sono soggette ad alti "tassi di corruttività". O comunque sia, sono più a rischio di altre.
Con questo non si vuole sostenere il contrario, ossia che l’economie private siano virtuose. Anzi, come alcuni rilevano il rischio corruzione aumenta quando si passa di colpo dal pubblico al privato - insomma, dove si privatizza - perché la promiscuità persiste: l' “area grigia” non sparisce con un colpo di bacchetta magica. Resta invece lì, con il suo pesante bagaglio di possibili complicità tra ex funzionari pubblici “privatizzati e nuovi manager privati in precedenza pubblici, o addirittura ministri. Parliamo di una persistenza, come dire relazionale-morale e ambientale (in consigli di ammnistrazione, commissioni di studio e controllo, gare di appalti, eccetera) che di regola rischia di favorire tassi di corruzione ancora più elevati, rispetto a quelli dell’economia mista.
Diciamo questo, solo per sottolineare la complessità sociologica della questione.
Forse - la buttiamo lì - andrebbero separate le carriere: un manager pubblico potrebbe essere obbligato a restare, manager pubblico a vita. Un manager privato, manager privato per sempre. E così via…
Troppo rigidi? Comunque sia, ci assale un dubbio. Quanto può essere credibile proporre una soluzione del genere, in un paese dove il più grande imprenditore televisivo privato è diventato Presidente del Consiglio?


Nessun commento:

Posta un commento