giovedì 10 giugno 2010

Il libro della settimana: Riccardo Campa, Mutare o perire. La sfida del transumanesimo, pref. di Stefano Vaj, Sestante Edizioni 2010, pp. 310 euro 25,00 .
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La sfida del transumanesimo può finalmente essere raccolta da chiunque, grazie alla chiara messa a punto di Riccardo Campa, professore di sociologia della scienza, presidente dell’Associazione Italiana Transumanisti, già direttore della World Transhumanist Association (WTA): Mutare o perire. La sfida del transumanesimo, pref. di Stefano Vaj (Sestante Edizioni 2010, pp. 310 euro 25,00 ).
Ma entriamo subito nel merito, citando dalla Carta dei Princìpi della WTA, commentata da Campa:

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“Due punti di questa dichiarazione sono particolarmente importanti sul piano etico: il primo è l’affermazione del ‘diritto morale’ di utilizzare la tecnologia per superare le limitazioni biologiche dell’umanità; il secondo è l’affermazione che il titolare di tale diritto non è l’uomo, ma ‘l’essere senziente’. Si tratta di una definizione ampia che include l’uomo, ma insieme ad esso anche la macchina intelligente, l’animale potenziato, l’alieno se esiste, e l’ibrido uomo-macchina (caso paradigmatico: il cyborg). Siamo dunque di fronte - conclude Campa - ad una concezione della bioetica radicalmente nuova; una posizione che in genere lascia perplesse le persone più tradizionaliste e, di conseguenza, genera aspre polemiche”.
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E in particolare - aggiungiamo - con la Chiesa Cattolica. Polemiche inevitabili, perché, come ammette anche Campa, tra cristianesimo e transumanesimo non c’è ponte:“Nel cristianesimo è Dio che si fa uomo per donare la salvezza alle sue creature, nel transumanesimo è l’uomo che si fa dio per salvarsi dal creatore”.  Tuttavia preferiamo restare in ambito sociologico, ponendo due questioni.

Innanzitutto, per dirla con Sorokin, se ogni sistema di pensiero sembra portato nel tempo ad assolutizzare i valori in cui crede, il rischio “sociologico” maggiore, consiste nella sempre possibile egemonia di un solo credo. Si tratta di una “regola” sociologica che dipende anche dall’ eventuale “tasso di radicalismo” contenuto in un’idea. E che sembra valere per il cristianesimo, come per ogni altro sistema di pensiero.
Se le cose stanno così, che dire dell’overdose di radicalismo racchiusa nel “mutare o perire” del transumanesimo? Esito di una scelta “presentata” come obbligata fra il restare vittima dell’evoluzione-trasformazione (perire) dell’uomo, o dirigerla (mutare), puntando su un’ evoluzione autodiretta ?
Il rischio “sociologico” del transumanesimo - per ora, semplice verità tra le verità - è proprio nell’ aut-aut: un “di qua o di là” che in caso di vittoria” rischia di risolversi nell’ assolutizzazione egemonica del Divenire transumanista rispetto all’Essere cristiano. Per farla breve: perché fuggire dalla Chiesa Cattolica per entrare in quella dei Transumanisti?
Ma non va ignorato un altro aspetto sociologico, legato alla fase in cui il movimento, anche di pensiero, si fa istituzione. Ad esempio, per venire all’ attualità, come può essere articolato socialmente - istituzionalizzato, appunto - il diritto, pur condivisibile, al testamento biologico? Verranno istituite commissioni mediche, di “specialisti”? E su quali parametri? E in quali strutture? Pubbliche o private? Come evitare il rischio della routinizzazione delle decisioni? E quindi degli errori e abusi? E per favore, non si risponda asserendo che il problema è in via di superamento “perché tanto i cyborg non muoiono mai”…
Purtroppo, quel che può “filare” sul piano logico-ideologico, può non “filare” sul piano pratico-sociologico. Le idee vanno sempre rapportate alle gambe storte degli uomini. E il sociologo deve tenere in debita considerazione gli effetti perversi delle azioni sociali, persino le più nobili.
Ciò non significa respingere l’idea di mutamento, bensì rivendicare la natura complessa di ogni agire sociale e della società in particolare: un’ entità che precede e va oltre l’uomo e per la quale tutto muta, nulla perisce.

Carlo Gambescia

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