sabato 5 ottobre 2024

Gauchet e Manent in gilet giallo

 


Sul numero 79 de “L’Incorrect” (*), rivista della destra cattolica conservatrice francese, molto a destra diciamo, uscito questo mese, si può leggere una duplice intervista, a Marcel Gauchet (1946) e Pierre Manent (1949).

Due illustri intellettuali che, dispiace dirlo, dopo quel che abbiamo letto non possono non essere ascritti, sociologicamente parlando, alla famiglia dei borghesi impauriti. 

Quasi coetanei, oggi professori emeriti, la Francia non li ha trattati male. Hanno decine di libri alle spalle, case editrici prestigiose, riconoscimenti, vita confortevole, eccetera. Manent fu assistente di Raymond Aron, paladino di un liberalismo realista, Gauchet invece di Claude Lefort, grande studioso (da sinistra) di Machiavelli. Manent proviene dal liberalismo conservatore, Gauchet dal socialismo liberale. Insieme, però condividono una visione disincantata della politica. Non si aspettano troppo. Soprattutto da Macron.

E qui viene il bello, anzi il brutto. Perché il nocciolo dell’intervista ruota intorno alla questione della crisi della democrazia rappresentativa. Asserragliata, secondo i due filosofi, in una specie di fortezza, chiusa a qualsiasi confronto con un elettorato, non rappresentato, nonostante i voti, perché esprimerebbe una sensibilità antisistemica a sinistra come a destra.

A giudizio di Manent e Gauchet, come pare favorevoli ad aprire una linea di credito, questa chiusura sarebbe sinonimo di un’incapacità, non tanto ( o non solo) della classe politica macroniana, quanto delle istituzioni rappresentative. Che, e qui il giudizio di Manent, è tassativo, sarebbero giunte al capolinea, dopo un lungo viaggio di almeno due secoli. Anche Gauchet, sembra essere pienamente d’accordo. Con la gioia de “L’Incorrect”, che vede di nuovo riconosciute, e per giunta da due figure illustri, le tesi antiparlamentariste ( e antidemocratiche tout court, si noti il titolo…), del cattolicesimo reazionario, sentitissime in Francia, fin dai tempi di Joseph de Maistre e Louis de Bonald.

Dicevamo, borghesi impauriti. Di cosa? Dell’Europa, dei musulmani, delle guerre, della Russia, della Cina. Che accade allora? Due grandi professori di Francia, abituati a spaccare il capello quattro, si lasciano andare, per reagire con la stessa scompostezza di pensiero dei “gilets jaunes”.

Un passo indietro. Le istituzioni parlamentari non sono crisi da oggi. Tutta la storia dei parlamenti liberali ricorda l’orografia tellurica del Guatemala. La democrazia liberale, a differenza di altre istituzioni politiche, proprio perché aperta al dibattito pubblico, resta più vulnerabile, dal momento che può essere usata, come mezzo e non come fine proprio da suoi nemici. E in Francia è accaduto varie volte, con i Giacobini, con Napoleone I e III, con Pétain, e in modo più elegante con de Gaulle.

E come? Sempre evocando la stessa idea: esiste una Francia che non è rappresentata, eccetera, eccetera. Dov’è, si proclama, la sovranità del popolo? Sottacendo il fatto che, comunque sia, si è dinanzi non a tutto il popolo ma a una parte del popolo. Di conseguenza, quando il non rappresentato, da “parte” diventa “tutto” , quando viene eretto a monumento politico (in buona o cattiva fede), vuole per sé tutta la scena: sale a cavallo e domina la piazza. Il suo scopo diventa quello di impadronirsi del potere e perseguitare gli sconfitti. In “non rappresentato-monumento equestre”, disconosce il concetto di alternanza, che invece è il sale della liberal-democrazia.

Pertanto non è la democrazia liberale ad essere in crisi, o comunque non lo è più di altre volte, ma l’idea libertà. Il borghese impaurito, nelle sue varie stratificazioni (dal coltivatore diretto al professore emerito), alla libertà preferisce la sicurezza. E per questo motivo è disposto a tutto, anche ad abbattere le istituzioni parlamentari. Pecca di egoismo. Per andare dove? Prima verso la democrazia plebiscitaria, poi autoritaria, e infine la dittatura vera e propria di una parte sul tutto. Magari attraverso un capo carismatico.

Sono cose che un professore dovrebbe sapere. E se le dimentica è perché ha paura.

Per contro, Macron sotto questo profilo, piaccia o meno, è un paladino della libertà. Lo si potrebbe definire un borghese coraggioso. Il suo governo è una diga liberale contro il plebiscitarismo di stampo fascio-comunista, per usare un termine giornalistico.

E proprio per questa ragione Macron, viene di solito descritto dai suoi nemici – che sono i nemici della libertà – secondo i criteri e la retorica dell’antiparlamentarismo classico: imbroglione, venduto, eccetera.

Concludendo, che malinconia vedere due professori, due borghesi oggi impauriti, di cui abbiamo letto i libri, spesso con diletto, schierarsi, in “gilet giallo”, dalla parte dei nemici del liberalismo.

Carlo Gambescia

(*) Qui il fascicolo: https://lincorrect.org/produit/n79/ ; qui il sito: https://lincorrect.org/ .


venerdì 4 ottobre 2024

Netanyahu e “l’Unità” dei piagnoni

 


Sorvolando sulla fondatezza o meno dei dati OXFAM (*). Anzi diamoli per buoni, come definire titolo e articolo de “l’Unità”? Un contributo alla pace? Dal momento che qualcuno potrebbe pensare che se Netanyahu si togliesse o fosse tolto di mezzo, la pace in Medio Oriente trionferebbe. In realtà, Netanyahu o meno, sono quasi ottant’anni che la pace latita.

E qui si apre la questione delle responsabilità che ogni osservatore risolve in base alla preferenze politiche. Discussioni infinite. Ecco allora che Netanyahu e gli statisti che lo hanno preceduto sono giudicati campioni della libertà dagli amici di Israele e mostri dai suoi nemici. Come da titolo.

Come giungere allora a una valutazione onesta dell’operato di Netanyahu? In politica valutazioni oneste non esistono. Come giudicare allora l’opera di un uomo politico?

Diciamo subito che Hitler senza i bombardamenti a tappeto sulla Germania e una guerra feroce su più fronti avrebbe vinto. La sua vittoria avrebbe condotto alla sparizione della moderna civiltà liberale. Lo stesso metro può essere esteso alla altrettanto devastante guerra combattuta nel Pacifico contro i giapponesi.

Perciò fecero benissimo, nell’ora più buia, Churchill, Roosevelt, de Gaulle, a resistere, anche alleandosi in seguito con il diavolo Stalin, anticapitalista e antiliberale. Si doveva vincere. Punto. Era in gioco, ripetiamo, la sorte dell’Occidente. Essere liberali e civili non basta con i nemici illiberali e incivili. Vanno schiacciati, per non essere schiacciati.

Nella Seconda guerra mondiale il numero delle vittime civile superò quello delle vittime militari (30 milioni contro 40). Gli Alleati complessivamente ebbero più vittime dei paesi dell’Asse ( 44 milioni contro 10) (**).

Ora per lo stato di Israele si pone lo stesso problema: si deve vincere. Se abbassasse le armi, sarebbe immediatamente cancellato. Con una interessante variante però, che Netanyahu ha saputo cogliere da quell’abile statista che è.

Quale? Che al momento i nemici regionali di Israele sono in difficoltà. E non per gli accordi di Abramo di normalizzazione dei rapporti diplomatici. Accordi del 2020, proposti svogliatamente da Trump, e siglati da Israele, Emirati arabi, Marocco e Sudan, il nulla sul piano militare… Accordi che eventualmente sono l’effetto di queste difficoltà non la causa.

Può apparire bizzarro, nel momento in cui in Occidente ci si piange addosso, il mondo arabo e islamico comincia a capire che non può competere con la forza economica, tecnologica e militare dell’Occidente. Russia e Cina, sono un passo indietro se non due. I BRICS una trovata propagandistica del giornalismo geopolitico filorusso.

Non è la prima volta nella storia dell’Occidente che un’unità politica gode di un credito esterno, che fatica, tra una lacrima e l’altra, ad attribuirsi all’interno. Si pensi all’atteggiamento, per così dire reverenziale, dei Persiani verso la Grecia vittoriosa a Maratona e Salamina, che durò per secoli, ben oltre le conquiste di Alessandro. Oppure all’atteggiamento delle popolazioni “barbare”, nelle loro varie sfumature etniche, che consentì all’Impero romano d’Occidente altri due secoli di vita. Che nel caso di quello d’Oriente divennero più di dieci, benché a fasi alterne. In sintesi, Atene e Roma, e alla fine anche Bisanzio, si suicidarono. Per farla breve: consunzione interna, con spallata finale esterna.

Quindi, e a maggior ragione, se “ci si crede” si può durare. Anche a lungo.

Di questa difficoltà morale del mondo islamico, che spiega le reazioni disperate sul piano terroristico di minoranze violente che poco conoscono la storia, Israele sta approfittando, tra l’altro dopo essere stata gravemente provocata e attaccata.

In che modo? Innanzitutto riducendo alla ragione organizzazioni come Hezbollah e Hamas che hanno militarizzato le popolazioni palestinesi. Altro che civili… Nella migliore delle ipotesi donne e bambini sono usati come scudi umani a scopi propagandistici. Come del resto fece Hitler che a sua volta, soprattutto negli ultimi due anni di guerra, militarizzò le popolazioni tedesche, donne, anziani, ragazzi dai sedici anni in su.

In realtà, al momento l’unico vero ostacolo alla pace nell’area mediorientale è rappresentato dall’Iran. Il che significa che solo l’eliminazione di questo regime teocratico può garantire la normalizzazione. Ovviamente, non basta vincere, occorre convincere. Il che implica l’integrazione culturale delle popolazioni palestinese e iraniana: la loro occidentalizzazione. Solo dopo si potrà parlare delle forme istituzionali. Ciò significa che, per quel che riguarda la Palestina, la tesi dei due stati, uno dei quali nelle mani dei fondamentalisti islamici, al momento, non ha alcun fondamento reale. Qui però anche Israele dovrà fare la sua parte: deve capire l’importanza dell’integrazione.

Israele, in qualche modo, è la buona coscienza di un Occidente che invece si piange addosso. Un Occidente che vede rinascere al suo interno la bestiaccia antisemita. Un Occidente che nasconde la testa nella sabbia, salvo quando si tratta di attaccare Israele.

Il titolo de “l’Unità” è la riprova di questo atteggiamento piagnone, disfattista, chiaramente autolesionista. che favorisce i nemici dell’Occidente e di Israele.

Per contro, Gerusalemme sta facendo un buon lavoro. Qui la sua buona coscienza. Che spiega  la forza tranquilla di   Netanyahu,  statista all'altezza di Churchill, Roosevelt, de Gaulle. Altro che terrorista... Se lo è lui, lo furono anche Churchill, Roosevelt, de Gaulle. Questa però  è la tesi dei fascisti e degli antisemiti, di destra e sinistra.  Di coloro che sono stati sconfitti e che sognano la rivincita.

Infine resta un fatto: la teocrazia iraniana va abbattuta. Solo allora tornerà la pace, non eterna né universale, ma almeno nell’area mediorientale.

È così difficile capirlo?

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2024/10/CS_GAZA-1-ANNO-DOPO_OXFAM_MAI-COSi-TANTE-VITTIME-TRA-DONNE-E-BAMBINI-NEGLI-ULTIMI-20-ANNI_1_10_2024_final-003.pdf?_gl=1*j1za7e*_up*MQ..*_ga*MTg3ODM2NjU0NC4xNzI4MDE4NDY3*_ga_1WNLKELH9K*MTcyODAxODQ2Ny4xLjEuMTcyODAxODY5MC40NC4wLjA.

(**). Per una sintesi: http://www.lacittainvisibile.it/la-seconda-guerra-mondiale/le-vittime-della-guerra.html .

giovedì 3 ottobre 2024

Marcello Veneziani: il Willy Wonka della fabbrica di cioccolato fascista

 


C’era sfuggita. Abbiamo pescato una di quelle interviste che in un mondo rovesciato, tipo Ucraina annientata, Mosca vittoriosa, Stati Uniti chiusi in casa, Nato a fondo, Israele sepolto sotto le bombe iraniane, potrebbero valere un invito a Mosca, per ritirare un premio dalle mani di Putin.

Di cosa parliamo ? Dell’ intervista concessa da Marcello Veneziani alla “Gazzetta del Mezzogiorno”. Un quotidiano locale, niente di che. Però, forse proprio per questo, l’intellettuale di Bisceglie, giocando in casa, si è lasciato andare (*)

Vi si sostengono due cose:

La prima, è una lancia spezzata in favore di Mosca:

“L’aspetto paradossale di questo occidentalismo di ritorno è che si fonda sulla negazione della civiltà europea e occidentale: ci vergogniamo delle nostre radici, della nostra cultura, delle nostre tradizioni civili e religiose, siamo tolleranti verso l’Islam ma infastiditi verso la cristianità, ci apriamo ai mondi remoti e ci chiudiamo ai mondi vicini. Ragioniamo e agiamo contro i nostri interessi e i nostri valori. E perdendo il senso della realtà stiamo perdendo anche il senso della geopolitica, che ci imporrebbe ben altri comportamenti, anche in relazione al mondo russo”.

La seconda, che l’uomo occidentale non è libero.

“Ha la libertà di disfare, non di fare; ha la libertà di dire, senza però essere ascoltato; ha la libertà di allinearsi, non di divergere. Abbiamo libertà nei consumi, non nei pensieri. Viviamo la libertà solo come deresponsabilizzazione, diritti scissi dai doveri, libertà da, non libertà di, tantomeno libertà per. Così la libertà è una scatola vuota, e un prigione senza muri”.

Si dirà, le solite banalità filorusse e reazionarie di estrema destra, con la marcia in meno dei giochi di parole tipici di Veneziani: ad esempio “libertà di disfare, non di fare”… In Russia, Cina, Cuba, che tipo di libertà c’è ? E nell’Italia fascista e nella Germania nazista che libertà c’era? Né di fare né disfare… “Prigione senza Muri”. Ma che significa? Certo, per Matteotti, Amendola, Gobetti, Carlo e Nello Rosselli, non ci fu bisogno di alcun muro. Perché vennero uccisi su ordine di Mussolini.

La fabbrica di cioccolato ideologico di uno stralunato Marcello Veneziani-Willy Wonka, cioccolato nerissimo ad alto contenuto di cacao fascista, rimanda, per usare un parolone, a una visione trasfigurativa. Che mette l’Occidente in pessima luce mentre promuove a pieni voti la Russia. Il che, come dicevamo, se Mosca vincesse, assicurerebbe all’intellettuale di Bisceglie un ipotetico “Premio Putin”. Al momento, ne esiste uno, proposto dal Burkina Faso, per onorare l’indefessa opera di Putin in favore dell’Africa: partite di frigoriferi e cucine economiche a canna lunga.

In realtà Veneziani tace o sorvola sui crimini del totalitarismo vero, fascista, nazista e comunista. Si rifletta: ha scritto una valanga di libri inutili, mai un testo in cui si riconosca il pericolo, ancora prima del fascismo, della cultura della tentazione fascista (secondo la definizione di Kunnas, del primo Kunnas). Cultura, che odia la modernità liberale ( da Veneziani liquidata come una “cappa”), una cultura reazionaria in cui invece si riconosce pienamente.

Ecco, se si dovesse ricorrere a una “denominazione cumulativa”, Veneziani è il classico fascio-comunista. Gli vanno a genio, e lo ha anche scritto, i Gramsci e i Pasolini. E probabilmente anche i post-comunisti e postfascisti ( post, solo in senso cronologico…) come Putin e Giorgia Meloni e compagnia europea cantante. Di recente ha difeso anche la vittoria dei neonazisti austriaci e tedeschi ( quelli di “Hitler ha fatto cose buone”). I liberali, pardon la “scatola vuota” liberale, mai.

Il lettore si è mai chiesto perché il fascismo eliminò Matteotti, Gobetti, Amendola, i Rosselli? E tutto sommato “salvò” Gramsci e cooptò Bombacci e altri transfughi?

Per la semplice ragione che Mussolini odiava il liberalismo, perché ne temeva le idee di libertà. Croce fu lasciato ai suoi studi, perché in fondo politicamente conservatore. Per contro il liberalismo dei “magnifici cinque”, caduti in nome della libertà, era innovatore e riformista. Se fossero vissuti, nel 1945, tutti tra i cinquanta e i sessanta anni , avrebbero contribuito, e con grande rilievo, a porre le basi di un’Italia libera in un Occidente moderno.

Un mondo libero che Veneziani, come Mussolini, odia profondamente. La libertà è una: o c’è  o non c’è. E spesso la si difende, pagando con la vita. Altro che libertà di fare, disfare, e altre stupidaggini da stralunato Willy Wonka fascio-comunista.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.marcelloveneziani.com/lo-scrittore/interviste/in-occidente-la-liberta-e-una-scatola-vuota/ .

mercoledì 2 ottobre 2024

Missili iraniani su Israele

 


A questo punto Israele potrebbe contrattaccare. Perché,  per stare al mantra Onu,  i missili iraniani hanno “violato la sovranità israeliana”. L’Iran, pur non essendo sotto attacco, ha aggredito Israele. Quindi reazione difensiva.

Anche perché il Libano – ammessa e non concessa la tesi dell’ “invasione” israeliana – non è parte integrante del territorio iraniano. Quindi Israele in queste circostanze  non avrebbe violato  la sovranità di Teheran.

In realtà, violazione israeliana vi è stata, ma dei vincoli ideologici ed economici tra Teheran (stato finanziatore) e i terroristi Hezbollah (che ricevono armi e denari).

Un’ organizzazione terroristica che in Libano, ecco il vero punto della questione, si muove come un vero stato nello stato. Fa il bello e il cattivo tempo. Di qui l’intervento israeliano, diciamo in autotutela contro un’organizzazione terroristica non contro uno stato – il Libano – che purtroppo non è più sovrano da un pezzo.

La cosa può sembrare fantasiosa ( ma è per capire meglio), si pensi a un’ organizzazione terroristica, installatasi in Italia, per così dire le brigate di dio dell’ajatollah Orbán, con il consenso, forzato o meno, del governo Meloni. Brigate militarizzate di ungheresi, finanziate da Budapest, che rivendicano il possesso di territori dell’ex Jugloslavia, un tempo appartenuti all’Impero Austro-Ungarico. Ovviamente, la Croazia, non militarmente forte come Israele, non sarebbe in grado di reagire penetrando in territorio italiano. Però, ripetiamo, quel che qui interessa comprendere è la natura di stato nello stato dei terroristi Hezbollah.

In realtà, i missili iraniani sono stati quasi tutti intercettati, l’Iran, per ora, resta una tigre carta: ha sparato a salve per salvare la faccia. Tutto qui. Se reazione di Israele ci sarà, sarà mirata e non istantanea ( o quasi). Israele, per ora, vuole semplicemente schiacciare un’organizzazione terroristica.

Il che però pone un  problema, ormai ricorrente: quello della pericolosità dell’Iran sciita e teocratico, finanziatore di Hezbollah, per la stabilità dell’intera area medio-orientale.

Come ha dichiarato Netanyahu nel suo intelligente appello al popolo “persiano” il nemico non è rappresentato dagli iraniani, oppressi da più di quarant’anni da un regime fondamentalista in guerra contro la civiltà moderna. O che comunque del mondo moderno apprezza solo la tecnologia militare. Il nemico ha la configurazione di un “piccolo gruppo di teocrati fanatici”. Che, come lasciano intuire le parole di Netanyahu, va schiacciato come la testa di un serpente velenoso.

Si dice che Trump sia arcinemico del regime degli ajatollah. Bah… Non crediamo che un isolazionista, al di là delle antipatie personali, una volta presidente, cambi idea e mandi i “ragazzi americani” a morire per difendere Israele.

Anche Kamala Harris, in caso di vittoria a novembre, pur restando fedele all’alleanza con Israele, non sembra intenzionata a muovere un dito sul piano militare contro il regime iraniano. Sembra più a sinistra di Biden.

Purtroppo l’Iran, vero stato terrorista, sembra godere, soprattutto in Europa, di una condizione di speciale immunità. E ne sta approfittando per costruirsi la bomba atomica, grazie anche a tecnologie russe e cinesi.

Probabilmente Israele interverrà, prima del passo fatale. Per Gerusalemme è impensabile che l’Iran disponga di armi atomiche. Un attacco mirato però non implica la neutralizzazione defintiva di Teheran. Obiettivo che invece può essere raggiunto solo con un intervento militare congiunto Israele-Stati Uniti. Ovviamente da preparare in modo accurato attraverso i servizi segreti, la destabilizzazione interna, il placet degl stati confinanti. E qui, cosa fondamentale, servirebbe una specie di consenso preventivo della Russia, ma anche della Cina, sostegni al momento impossibili.

Del coinvolgimento europeo, neppure a parlarne, destra e sinistra, per una ragione o per l’altra, hanno più o meno le stesse posizioni neutraliste verso la crisi medio-orientale. Inoltre in Europa, l’antisemitismo, anche quando in maschera (il cosiddetto “antisionismo”), sembra più vivo che mai.

Come si può intuire si tratta di impresa non semplice. Di conseguenza, nell’incertezza, l’unica strada possibile, che ricade sulle spalle, forti e sudate, di Israele, è quella, ancora prima di liberare gli ostaggi, di impartire una lezione ai terroristi di Hezbollah e Hamas, lezione che non possano dimenticare almeno per altri vent’anni.

Carlo Gambescia

martedì 1 ottobre 2024

Il “liberal-nazista”: portatore (neppure sano) della lebbra fascista

 


Qual è la tesi della destra? La stessa destra che si dichiara liberale? Ma che in realtà non lo è? Quella di Belpietro, Feltri, Sallusti, Sechi, Capezzone e cosi via? Che il voto, in quanto espressione democratica della volontà del popolo, va sempre rispettato. Anche quando il popolo, come in Austria, si pronunci per partiti che proclamano che Hitler ha fatto cose buone. Si veda il titolo di oggi de “La Verità”. Del resto Feltri, penna di punta di questa destra, non ha dichiarato che il Führer, era severo ma giusto?

Diciamo che in apparenza è una tesi ultrademocratica, non liberale. Perché il vero liberale ha altre preoccupazioni. Ad esempio che la “volontà” del popolo possa cancellare la libertà individuale, approvando leggi persecutorie verso l’individuo con la pelle più scura o più chiara, o perché credente o non credente in dio

La volontà del popolo, disgraziato concetto che ha sostituito la volontà di dio (concetto altrettanto deleterio), può perciò essere usato per far passare qualsiasi legge dai contenuti liberticidi. In qualche misura si attribuisce alla "volontà" del  popolo lo stesso potere imperscrutabile della divina provvidenza.

Nella Germania e nell’Austria naziste (dopo l’annessione) giudici e poliziotti, sentenziavano e applicavano leggi antisemite architettate da ministri e giuristi del Führer, carismatico capo votatissimo da popolo tedesco. Fino al 1939 Hitler ricorse alla tecnica plebiscito, proprio per offrire pubblica prova del suo rispetto per la volontà del popolo tedesco. E il popolo tedesco approvava. Solo sulla guerra (poi mondiale) non fu chiamato a votare…

Ora, con questi gravissimi precedenti, come si può parlare di rispetto della volontà del popolo, sempre e comunque?

Di solito, solo per fare un esempio, un “liberal-nazista”, come Belpietro (non troviamo espressione migliore di questa), risponde che è la sinistra per prima a non rispettare la volontà del popolo, perfino nello stile di vita. E qui si pensi al tormentone pseudomoralistico della destra sulla sinistra al caviale.

Che la sinistra dichiari, per parafrasare Luigi XIV, “il popolo sono io”, è vero. Però un vero liberale dovrebbe assumere un atteggiamento critico sia verso il populismo di sinistra come di destra. E invece Belpietro, Feltri, Sechi, Sallusti, Capezzone, eccetera, applicano il balordo principio del due pesi due misure: criticano il populismo di sinistra e celebrano i movimenti politici neonazisti, altrettanto populisti, nascondendosi, dietro il paravento della volontà del popolo.

In realtà la sinistra non è solo comunismo, esistono al suo interno storiche componenti, liberali e riformiste, che non possono essere ignorate o messe sullo stesso piano delle pericolose idee professate dal “radicalismo” di destra e sinistra

Questa inidoneità , del “liberal-nazista”, a cogliere il senso profondo dell’individualismo liberale, che, per farla breve, alimenta una giusta diffidenza verso la capacità di intendere e di volere del popolo, tramuta Belpietro, Feltri, Sechi, Sallusti, Capezzone, eccetera, in portatori, neppure sani, della malattia fascismo. Dal momento che il populismo è un sintomo preciso di questo morbo politico.

Probabilmente, Belpietro e sodali, come tutti i contagiati, non si rendono conto, pensano, a una febbricola e invece hanno il cancro.  O per dire meglio,  la lebbra fascista.

Carlo Gambescia