mercoledì 2 ottobre 2024

Missili iraniani su Israele

 


A questo punto Israele potrebbe contrattaccare. Perché,  per stare al mantra Onu,  i missili iraniani hanno “violato la sovranità israeliana”. L’Iran, pur non essendo sotto attacco, ha aggredito Israele. Quindi reazione difensiva.

Anche perché il Libano – ammessa e non concessa la tesi dell’ “invasione” israeliana – non è parte integrante del territorio iraniano. Quindi Israele in queste circostanze  non avrebbe violato  la sovranità di Teheran.

In realtà, violazione israeliana vi è stata, ma dei vincoli ideologici ed economici tra Teheran (stato finanziatore) e i terroristi Hezbollah (che ricevono armi e denari).

Un’ organizzazione terroristica che in Libano, ecco il vero punto della questione, si muove come un vero stato nello stato. Fa il bello e il cattivo tempo. Di qui l’intervento israeliano, diciamo in autotutela contro un’organizzazione terroristica non contro uno stato – il Libano – che purtroppo non è più sovrano da un pezzo.

La cosa può sembrare fantasiosa ( ma è per capire meglio), si pensi a un’ organizzazione terroristica, installatasi in Italia, per così dire le brigate di dio dell’ajatollah Orbán, con il consenso, forzato o meno, del governo Meloni. Brigate militarizzate di ungheresi, finanziate da Budapest, che rivendicano il possesso di territori dell’ex Jugloslavia, un tempo appartenuti all’Impero Austro-Ungarico. Ovviamente, la Croazia, non militarmente forte come Israele, non sarebbe in grado di reagire penetrando in territorio italiano. Però, ripetiamo, quel che qui interessa comprendere è la natura di stato nello stato dei terroristi Hezbollah.

In realtà, i missili iraniani sono stati quasi tutti intercettati, l’Iran, per ora, resta una tigre carta: ha sparato a salve per salvare la faccia. Tutto qui. Se reazione di Israele ci sarà, sarà mirata e non istantanea ( o quasi). Israele, per ora, vuole semplicemente schiacciare un’organizzazione terroristica.

Il che però pone un  problema, ormai ricorrente: quello della pericolosità dell’Iran sciita e teocratico, finanziatore di Hezbollah, per la stabilità dell’intera area medio-orientale.

Come ha dichiarato Netanyahu nel suo intelligente appello al popolo “persiano” il nemico non è rappresentato dagli iraniani, oppressi da più di quarant’anni da un regime fondamentalista in guerra contro la civiltà moderna. O che comunque del mondo moderno apprezza solo la tecnologia militare. Il nemico ha la configurazione di un “piccolo gruppo di teocrati fanatici”. Che, come lasciano intuire le parole di Netanyahu, va schiacciato come la testa di un serpente velenoso.

Si dice che Trump sia arcinemico del regime degli ajatollah. Bah… Non crediamo che un isolazionista, al di là delle antipatie personali, una volta presidente, cambi idea e mandi i “ragazzi americani” a morire per difendere Israele.

Anche Kamala Harris, in caso di vittoria a novembre, pur restando fedele all’alleanza con Israele, non sembra intenzionata a muovere un dito sul piano militare contro il regime iraniano. Sembra più a sinistra di Biden.

Purtroppo l’Iran, vero stato terrorista, sembra godere, soprattutto in Europa, di una condizione di speciale immunità. E ne sta approfittando per costruirsi la bomba atomica, grazie anche a tecnologie russe e cinesi.

Probabilmente Israele interverrà, prima del passo fatale. Per Gerusalemme è impensabile che l’Iran disponga di armi atomiche. Un attacco mirato però non implica la neutralizzazione defintiva di Teheran. Obiettivo che invece può essere raggiunto solo con un intervento militare congiunto Israele-Stati Uniti. Ovviamente da preparare in modo accurato attraverso i servizi segreti, la destabilizzazione interna, il placet degl stati confinanti. E qui, cosa fondamentale, servirebbe una specie di consenso preventivo della Russia, ma anche della Cina, sostegni al momento impossibili.

Del coinvolgimento europeo, neppure a parlarne, destra e sinistra, per una ragione o per l’altra, hanno più o meno le stesse posizioni neutraliste verso la crisi medio-orientale. Inoltre in Europa, l’antisemitismo, anche quando in maschera (il cosiddetto “antisionismo”), sembra più vivo che mai.

Come si può intuire si tratta di impresa non semplice. Di conseguenza, nell’incertezza, l’unica strada possibile, che ricade sulle spalle, forti e sudate, di Israele, è quella, ancora prima di liberare gli ostaggi, di impartire una lezione ai terroristi di Hezbollah e Hamas, lezione che non possano dimenticare almeno per altri vent’anni.

Carlo Gambescia

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