mercoledì 16 ottobre 2024

Il Governo dei rapinatori di banche

 


Un esempio di incultura economica? Si legga la seguente dichiarazione di Giorgia Meloni a proposito dell’una tantum sulle banche (e sembra) assicurazioni, una volta accantonata, ma solo sul piano evocativo, la tassa sui “sovraprofitti” bancari.

“3,5 miliardi provenienti da banche e assicurazioni saranno destinati alla Sanità e ai più fragili per garantire servizi migliori e più vicini alle esigenze di tutti”.

Cioè si rapinano le banche (produttive) per buttare soldi nella fornace dell’assistenzialismo (improduttivo).

La spesa totale (2022-23) per la sanità ammonta a circa 130 miliardi (parliamo di settecentomila dipendenti), il deficit annuo (2022) a quasi di 1 miliardo e mezzo. Come si può intuire una goccia nell’oceano. Del resto il rapporto tra la spesa per il personale e investimenti fissi lordi (impianti e macchinari) è ridicolo. Il 3-5 per cento della spesa totale (che va via quasi tutta in stipendi), tra i tre e cinque miliardi (*)

Insegnano gli economisti, quelli seri, che, anche lo stato, come un’impresa, deve essere attento al rapporto costi-ricavi. E da che mondo è mondo, se i costi superano i ricavi, lo stato, come qualsiasi impresa rischia di fallire.

Questo in teoria. Perché lo stato a differenza dell’imprenditore privato può evitare il fallimento, o comunque rimandarlo, ricorrendo all’uso della forza. Tre sono le modalità storiche: 1) conquistando, quindi rapinando, altre nazioni; 2) stampando moneta, impoverendo così, quindi di nuovo con la rapina, non i cittadini di altre nazioni, ma i propri; 3) tosando i cittadini, in particolare i ceti produttivi, che una volta rapinati, perdono, in vista di altre rapine, qualsiasi volontà di produrre profitti.

Giorgia Meloni, e le altre destre di governo, compresa Forza Italia, che diceva di essere dalla parte delle imprese, hanno scelto l’opzione numero tre. Ovviamente, le guerre di conquista, nell’Europa unita, sono anacronistiche ( Russia a parte). Mentre l’inflazione è un’arma elusiva, serve solo a spostare verso l’alto l’asticella dei prezzi, diminuendo però il potere d’acquisto. A poco a poco si diventa tutti più poveri.

Pertanto il ricorso alla modalità della rapina in banca era scontato. 

Dicevamo dell’incultura economica della destra di governo.Come sanno gli economisti, ogni euro, frutto della rapina, avrà un effetto distorsivo, perché ricadrà sui costi delle banche, che a loro volta, ricadranno sui contribuenti. I tributi non sono mai economicamente neutrali. Perché vanno colpire dal lato della domanda i consumi e da quello dell’offerta il credito. Un disastro annunciato. Detto in soldoni, sarà più difficile ottenere un prestito.

Agli economisti, i “faciloni” di destra rispondono, come potrebbe rispondere l’uomo della strada, che di economia non sa nulla: “Le banche ne hanno tanti di soldi, perciò euro più euro in meno”… No comment. P.S. La sinistra risponde in modo simile. L’incultura è generalizzata.

Quanto alle banche, va detto che dopo una timida protesta, più che altro una specie di gol della bandiera, sul termine sovraprofitti (in effetti ignoto alla letteratura economica), poi tramutato lessicalmente in contributo straordinario, sembra di “solidarietà”, hanno ceduto, come la Chiesa francese prerivoluzionaria.

Cosa accadde? Che a Luigi XVI, affamato di soldi, la chiesa rispose di non essere disposta a pagare nuove tasse. Avrebbe invece accettato il versamento  di un contributo straordinario, magari di anno di anno se  necessario, fissato però dalla chiesa stessa, e non dal monarca: una specie di gentile dono. Come fini? I rivoluzionari dell’89 misero in vendita tutti i beni della Chiesa, e tramutarono alto e basso clero in dipendenti pubblici.

La debolezza non paga mai.

Carlo Gambescia

(*) Qui per un quadro contabile generale: https://www.corteconti.it/HOME/StampaMedia/Notizie/DettaglioNotizia?Id=22081094-73a1-49b2-8ed0-81e4b4ad57a9 .

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