lunedì 10 aprile 2023

La cultura dell’indottrinamento

 


La destra italiana non è liberale. Ma anche la sinistra, nonostante i proclami, non scherza.

Si prenda la questione della legge ungherese che sembra rendere difficile, se non impossibile, ogni manifestazione delle idee Lgbt (acronimo che è ancora mutato, ma ci atteniamo a questo).

Le destre sostengono che la si è promulgata per salvaguardare i bambini dalla pedofilia. Ma come? Proibendo, di fatto, in nome delle "tradizione" che nelle scuole e nei mass media si parli e sia insegnata la “cultura di genere”. Per contro le sinistre vorrebbero che fosse insegnata in nome del "progresso".

Parliamo di una cultura – semplifichiamo – che riconduce la differenza biologica tra i sessi a un fatto culturale. Ridotta all’osso – si fa per dire – la questione rinvia a un problema di libertà individuale che coinvolge la tradizionale dottrina biblica-cristiana della famiglia, difesa dalla destra, con ricadute, come sostiene la sinistra, sull’uguaglianza dei diritti dinanzi alla legge.

In realtà, il lettore non sobbalzi sulla sedia, è l’impostazione dell’intera questione che va cambiata. Diremmo ribaltata. Per quale ragione?

Chi scrive teme l’indottrinamento scolastico di qualsiasi genere sia, proprio come metodo. Indottrinare cosa significa? Che esiste un dottrina – un sistema di verità indiscutibili – stabilito per sempre, che si deve inculcare nelle menti.

Le figure del balilla e dell’attivista fascista, comunista, ecologista, ugulitarista, lgbtista, eccetera, rinviano a un'opera di  sistematico lavaggio del cervello da parte dello stato che è l’esatto contrario di ogni moderno esercizio della libertà individuale. Infatti sia nella destra meloniana-orbániana che nella sinistra lgbtista sembra prevalere l’idea che le leggi dello stato debbano avere sempre preminenza. Insomma, quanto a contenuti, destra e sinistra, puntano sul metodo dell’ indottrinamento statale dell’individuo.

Pertanto il vero problema, che non ha precedenti se non nella modernità liberale che si fonda sulla rivendicazione della libertà individuale rispetto ai poteri dello stato, altra costruzione moderna, in particolare lo stato sociale… Il problema, dicevamo, non è tanto nei contenuti: progresso o tradizione, cultura di genere o cultura biblico-cristiana.  Quanto nella metodologia di indottrinamento dell’individuo “per il suo bene”, sostenuta dagli amici come dai nemici delle leggi ungheresi. Da destra e sinistra insomma.

La libertà dell’individuo e la libertà dello stato sociale di legiferare sull’individuo si escludono a vicenda. Ed ovviamente quanto più l’individuo è realmente libero tanto più si riduce la pericolosa libertà dello stato di indottrinare-legiferare e viceversa. Il vero pericolo pertanto è nella metodologia dello stato sociale che pretende di condizionare, se non determinare, la libertà di scelta dell’individuo. Quindi nessuna uguaglianza, ma sottomissione dell'individuo a questa o quella dottrina maggioritaria, "tradizionalista" o "progressista" che sia.

Il principale merito della modernità liberale è quello di aver promosso la cultura delle neutralità assiologica: della neutralità del valori morali. Che – qui il punto fondamentale – non si difende ricorrendo allo stato giudice, poliziotto, psicologo e assistente sociale, ma lasciando che le idee facciano liberamente il loro corso. Saranno così i costumi sociali a evolvere lentamente, senza ricorrere alla scorciatoia dei decreti di maggioranza, di destra come di sinistra, che pretendono di conoscere ciò a cui aspiri ogni singolo individuo. Il che, ripetiamo, vale per agli amici e i nemici delle legge ungheresi, come pure per gli amici e i nemici delle nozze gay. Per farla breve, il problema è di metodo non di contenuti.

L’essenza dello stato di diritto è nell’accettazione di un importante presupposto sociale: che è il costume a precedere il diritto, non il diritto a precedere a costume. E di questo si dovrebbe discutere. Altro che dare per scontato l’ indottrinamento dell’ l’individuo nell’uno o nell’altro senso…

Si dirà che si deve comunque intervenire perché Giorgia Meloni e Viktor Orbán “vogliono spostare indietro le lancette dell’orologio della storia”. Può darsi. Anzi, diamo per scontato che sia così. Però si pensi ai giacobini che si inventarono una religione civile di stato che però sempre religione era, perseguitando chiunque non fosse d’accordo. Il pericolo statalista è sempre in agguato.

E qui ritorniamo alla grande questione che destra e sinistra si intestardiscono a ignorare: che lo stato non è la soluzione, ma il problema.

Carlo Gambescia

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