venerdì 19 giugno 2020

A proposito di inno nazionale “storpiato”
Il Covid razzista


Non ho visto la finale di Coppa Italia. Troppo triste lo  stadio vuoto a causa di  un’ ingiusta  emergenza politica che non sembra finire più.  
Ma ancora più triste è quel che si legge oggi sulla “Verità”  a proposito dell’ inno d’Italia  “storpiato”  da un cantante “nero”. Che per giunta avrebbe pure salutato il non pubblico con il pugno chiuso...
Il quotidiano diretto da Belpietro fa veramente del suo meglio (si fa per dire) per alimentare  un  insalubre  clima razzista.  Se il cantante fosse stato “bianco”,  si sarebbe accettata la scusa dell’emozione o al limite della ridotta professionalità.  E invece, ecco spuntare, neppure tra  le righe,  la classica tesi della provocazione,  immagine  usata a scopo retorico  dai nazisti nei riguardi degli ebrei:  il “nero” come l’ “ebreo”,  provoca perché tale. Al  “bianco” si perdona tutto  al “nero” no.     
Si rifletta bene su questa  pericolosa deriva mediatica, che distingue anche altri giornali di destra (per non parlare dei siti neofascisti…).  Un atteggiamento odioso sempre più  socialmente pervasivo che si ciba  dei  maleodoranti  stereotipi  del razzismo classico:  il  nero che provoca,  il  complotto dei bianchi traditori contro i bianchi  veri patrioti, eccetera, eccetera.  
Un'ultima cosa.  Come ho scritto di recente è  certamente  vero che anche l'antirazzismo rischia di tramutarsi in una risorsa politica di natura demagogica: in strumento per chiudere la bocca agli avversari  tramutandoli in appestati politici.  Però una cosa è l'onorevole Boldrini che platealmente, neppure l'Italia fosse l'Alabama, si inginocchia  in Parlamento (*), un'altra trasformare  artatamente un cantante stonato nella longa manus del  nuovo Protocollo dei Savi di una Sion nera... 
Il primo atteggiamento  è  patetico, al limite si commenta da sé, fa quasi sorridere,  il secondo invece fa paura, perché rimanda agli anni più bui del Novecento, a quel complottismo che nutrì il delirio nazista.
Altro che Covid-19. Oggi il vero pericolo è la  pandemia razzista.   

Carlo Gambescia           

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