sabato 27 giugno 2020

Lucia Azzolina, la scuola di massa  e la decadenza  delle élite

Il ruolo   di Ministro della Pubblica Istruzione (per semplificare) è forse è uno dei più difficili. Perché? Per una ragione semplicissima: in una società in cui istruzione ed educazione (civica) di massa rappresentano la ragione stessa della sua esistenza, il Ministro della Pubblica Istruzione  si ritrova a svolgere  un ruolo che sconfina nell’utopia.  Di qui la difficoltà, se non l'impossibilità di portare a termine la sua missione. 
Ci spieghiamo meglio:  istruzione ed educazione, proprio perché di massa, non possono non tradursi, rispettivamente, in nozionismo e conformismo. In qualcosa di antimeritocratico per eccellenza.  Del resto,  la  scuola di massa, soprattutto nella sua versione dell’obbligo,  è l’esatto contrario di qualsiasi logica sociale elitaria: deve promuovere tutti per ragioni di consenso sociale.
Dinanzi a una situazione del genere, un ministro, se vuole restare tale, non può che assecondare, con  rarissime variazioni sul tema, la contraddittoria vulgata, come abbiamo visto,  sulla scuola di massa come strumento di elevazione sociale.  Di qui, le rituali promesse sui finanziamenti pubblici, sulla sviluppo della formazione, sull’assunzione di docenti, eccetera, eccetera. 
Il che significa anche un’altra cosa:  docenti e ministri, che non possono  non provenire  dalla stessa scuola di massa, hanno, in primo luogo,  una preparazione sommaria e, in secondo luogo, volenti o nolenti, devono attenersi al mito incapacitante della scuola di  massa come strumento di elevazione sociale. Quindi alla radice della questione non c'è un problema di scuola pubblica o privata (o comunque non solo),  ma di teoria e pratica (strettamente collegate) dell'antimeritocrazia, che si traduce in un abbassamento  dei valori  generali  di preparazione delle élite repubblicane. 
Di conseguenza,  perché meravigliarsi che un personaggio, in fondo seriale, come  Lucia Azzolina,  non sia  all’altezza del ruolo?  In Italia, fin dalla scuola primaria,  quel che non funziona è la selezione delle élite repubblicane,  perché le nostre istituzioni scolastiche  non rispondono a criteri meritocratici.  Ma non potrebbe non essere così, perché come abbiamo detto, la scuola di massa, sociologicamente, è una contraddizione in termini. Per dirla brutalmente,  come si può essere selettivi, se tutti devono essere promossi?  Se non si può negare a nessuno, il famigerato pezzo di carta?  
Scuola di massa è sinonimo di “diplomificio”. E quest' ultimo termine indica che il vero fondamento dell’intero sistema scolastico  ( primario, secondario  e perfino universitario), non è nella selezione meritocratica delle élite, ma nel perseguimento del consenso sociale, puntando sullo sviluppo crescente delle aspettative collettive.  Di qui, le promesse salvifiche, cui segue scontento sociale, quindi nuove promesse, nuovo scontento, e così via.  Fino a quando però?    

Carlo Gambescia