giovedì 19 dicembre 2013


Il libro della settimana: Raymond Aron, realista politico. Del Maquiavelismo a la crítica de la las religiones seculares, Sequitur 2013, pp. 88,  Euro, 12,00.




Jerónimo  Molina   rischia  di viziare  i suoi abituali  lettori: due libri a breve distanza l’uno dall’ altro ed entrambi di notevole qualità.  Del primo, Nada en las manos, (Los Papeles del Sitio)  abbiamo già riferito(http://carlogambesciametapolitics.blogspot.it/2013/10/il-libro-delle-settimana-molina-nada.html), del secondo,  Raymond Aron, realista politico. Del Maquiavelismo a la crítica de las  religiones seculares (Sequitur)  ci occuperemo oggi.
Non è facile dire qualcosa di nuovo su Raymond Aron (1905-1983), scienziato sociale in grado di  ben figurare accanto a  nomi storici della cultura politica e sociologica francese come  Montesquieu,  Comte, Tocqueville, Durkheim. Di conseguenza,  la bibliografia su di lui,  seppure diseguale, è sterminata. Tuttavia Molina, professore associato di Politica sociale presso l’Università di Murcia,  in cinque snelli capitoli consegue due fondamentali obiettivi: il primo, di offrire una vivace panoramica del pensiero aroniano;  il secondo, di individuare nel realismo politico il punto di raccordo  dei diversi filoni della sua vasta e ricca opera: dalla filosofia della storia alla sociologia  della modernità e degli intellettuali, dalla sistematica dei regimi politici alla geopolitica della guerra.  Un sano realismo, quello di Aron,  lontano dal cinismo come dall'idealismo,  attento sia  agli insegnamenti della scienza, sia alla lezione della storia, senza però mai  cadere nelle trappole dello scientismo e dello storicismo assoluto. La cifra di Aron  è rappresentata dall'originalità stessa della sua opera, finora, tutto sommato,  difficile da classificare secondo i  rigidi  canoni dell'Accademia. Da ciò consegue l'importanza della chiave di lettura  fornita da Molina.     
Forse può tornare utile come traccia  citare ( e seguire)  per esteso l’Indice del libro: 1.Primado de lo Politico; 2.Ideología; 3.Maquiavelismo; 4.Realismo politico; 5.Religiones secolares.
In Aron, il Primato del politico,  rinvia alle costanti del politico: ciò che storicamente si ripete nel comportamento politico degli uomini; l’Ideologia, invece rimanda al momento della legittimazione, o se si preferisce della giustificazione dell’azione politica, altro fenomeno che si ripete regolarmente nella storia; il Machiavellismo,oltre che al Machiavelli teorico, rinvia al momento dell’autonomia del politico da qualsiasi schiavitù ideologica.
Questi tre fattori  - come spiega Molina -  vanno a fortificare l’ossatura del Realismo politico aroniano, ossia di un approccio alla politica come si  manifesta (la verità effettuale) e  non come deve o dovrebbe manifestarsi (la verità ideale). In quest’ultimo caso, quando si cede  all' idealismo,  si rischia sempre di precipitare nei vorticosi abissi dell' utopia, come  prova la parabola delle  Religioni secolari, incarnatesi nei  totalitarismi novecenteschi, fenomeni politici  fondati sul transfert  (politico e collettivo)  della salvezza dall'al di là nell'al di qua. 
Di qui,  due   problemi molto sentiti da Aron: da un lato, quello della necessaria indipendenza di ogni studioso dalla politica, dall'altro, quello non sempre eludibile del rapporto con il potere. Problemi che si intersecano, perché  il  condizionamento della riflessione politica resta al tempo stesso  fattore analitico  e  fattore condizionante:  nodo  solubile, forse solo storicamente,   dal momento che ogni verità è figlia del suo tempo... 
Si dirà, ben magra consolazione.  Tuttavia,  fra l'accettazione e il rifiuto di quella che Ortega chiama la "circostanza",  resta aperta la strada dello studio e dell'analisi storica e sociologica del  tempo in cui si vive, accettando di  passare tra due file di spade sguainate, taglienti  e  talvolta con la punta intinta nel veleno.  E di ciò, come mostra Molina,  Aron era perfettamente consapevole. Di qui,  la tristezza che sembra avvolgere ogni pensatore politico  realista da Kautilya in poi.  E che, come rilevato,  è possibile ritrovare nell’opera di Raymond Aron.  Una condizione, anche esistenziale,  che  Jerónimo  Molina  tratteggia con eleganza, finezza psicologia  e  vasta conoscenza della materia. 
Nonostante, la  piccola mole,  nel libro  sono affrontati  numerosi aspetti del pensiero aroniano. Ne ricordiamo solo due: il suo liberalismo politico (non economicista); l’apprezzamento della storia  come laboratorio politico ex post e, quindi,   non quale teatro di utopici esperimenti politici ex ante. Notevoli,  infine,  le pagine dedicate al  confronto fra Maritain e Aron sul ruolo del momento machiavellico in politica: contrastato dal  primo per regioni religiose e dottrinarie, accettato  dal secondo in nome dell'avalutatività scientifica, del sapere storico e, ovviamente, del realismo politico: senza però mai esagerare.
In questo senso andrebbe approfondita  la pietas politica aroniana - probabilmente di matrice pre-cristiana - per la natura umana come realmente è e non come viene artificiosamente concepita da riformatori e utopisti post-cristiani. E per due ragioni: la prima, per stratificare meglio  la fisionomia intellettuale di Aron; la seconda, per allargare lo spettro cognitivo del realismo, di cui la  pietas , come antica accettazione del ciclo politico,  sembra essere un  elemento concettuale e umano  non secondario.  
Concludendo, siamo dinanzi  a un altro eccellente volume. Che rappresenta  un  nuovo tassello verso la costruzione di quel  libro sul realismo politico che il  professor Molina  non potrà non scrivere.  Non può sottrarsi. Anzi,  non deve. E crediamo di  parlare anche  a nome dei lettori.

 Carlo Gambescia  

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