martedì 26 novembre 2013

Costanzo Preve  discriminato? 
È la sociologia bellezza…




Discriminato, emarginato,  ignorato  sono queste le parole che ricorrono nel profluvio di necrologi in Rete dedicati  allo  scomparso Costanzo Preve. Discriminato a sinistra, emarginato dal mondo accademico,   ignorato dai media. 
Sono affermazioni esatte. Anche se,  a dire il vero,  si tratta,  per ogni pensatore rivoluzionario, di una condizione ideale.  Che però da sola non basta. Perché? Il  pensiero non conformista  ha bisogno di un’altra condizione ancora  più importante  che però,  come mostra la  storia del Novecento, finora non si è verificata proprio nelle società “rivoluzionate” grazie alle idee rivoluzionarie:  la libertà. 
Si pensi al pensatore rivoluzionario, comunemente ritenuto il  più grande di tutti.  Dove sviluppò  le sue idee Marx? Non in Germania, neppure nella più liberale Francia,  ma in  Inghilterra, la patria del liberalismo politico ed economico.  Perciò il  pensiero critico -  a maggior ragione quello  rivoluzionario -  per svilupparsi sembra necessitare  di un clima di libertà. Altrimenti rischia di  morire.
Cosa vogliamo dire?  Che un conto è venire  ignorati intellettualmente dal mainstream editoriale,  un altro essere arrestati e  finire in prigione solo perché  si  sia   manifestata  l’idea, magari in privato fidandosi dell' amico, di scrivere un certo libro contro  lo "stato delle cose".
Preve, non ignorava tutto questo.   Una volta  mi raccontò, tra il serio e il  faceto,  che da giovane, durante un viaggio Oltercortina, si accorse, e con il dolore del comunista convinto, che la gente comune con cui parlava, manifestando tutto  il suo entusiasmo,  lo guardava con sospetto… 
Preve da persona colta e intelligente qual era, sapeva benissimo  che l’Occidente godeva e gode  di una libertà, micro o macro che sia, altrove inesistente. E di questo clima  di libertà  si è  giovato come pensatore non conformista.  Quel che però  non riusciva a comprendere,  probabilmente a causa dei suoi nobili slanci utopici,  è che ogni società, passata, presente, futura,  aveva, ha e avrà  i suoi meccanismi sociologici di legittimazione e formazione del consenso: semplificando,  il proprio politicamente corretto.  Pertanto,  il vero  problema  è quello del “dosaggio” storico della libertà.  Il che  dipende dalla qualità delle classi dirigenti, dalle risorse, dalle circostanze, eccetera.  Insomma,  esistono ed esisteranno sempre società più libere, meno libere, prive di libertà.  Sarà pure banale asserirlo, ma  la perfezione non è di questo mondo.  Fermo restando che  senza libertà,  in senso assoluto,  non può  fiorire alcun  pensiero critico,   né possono   nascere  pensatori come  Marx o  Preve. 



Carlo Gambescia

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