venerdì 9 novembre 2012

L'Inno di Mameli a scuola
Italiani si nasce o si diventa?



Purtroppo, il problema, dopo un secolo e mezzo, sembra essere sempre lo stesso: italiani si nasce o si diventa? A questo pensavamo leggendo del ddl approvato definitivamente, ieri in Senato, che « promuove l'insegnamento dell'Inno di Mameli a scuola e istituisce la ''Giornata dell'Unita' della Costituzione dell'Inno e della Bandiera'' il 17 marzo» (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2012/11/08/Inno-Mameli-ok-Senato-insegnarlo-scuola-legge_7760785.html ).
Se nel 1861 lo si doveva diventare, nel 2012 il problema “educativo” (diventare italiani) non dovrebbe più sussistere. E invece no. Perché siamo ancora all’ Inno di Mameli da studiare a memoria  a scuola...  All' "addestramento", insomma...

Qui non si tratta di manifestare arcitalianità, ma di rilevare malinconicamente   l’assenza di quel minimum funzionale che dovrebbe unire un popolo. Si dirà, le nazioni sono entità  inventate, eccetera, eccetera. Certo, ma noi non parliamo di un  minimum  mitico-culturale ma   funzionale… Detto altrimenti: non  nazionalismo  ma di spirito di  nazionalità.   E  funzionale a che cosa? Al riconoscimento di un fatto preciso: che alcune funzioni politiche, economiche, culturali, non possono essere esercitate altrove perché producono orgoglio politico, prestigio economico, fierezza culturale. Un’ italianità funzionale   che spesso riscopriamo  negli italiani che risiedono all’estero, soprattutto  in Argentina e negli Stati Uniti.. Ci è  infatti capitato,  viaggiando,  che italiani di terza generazione, magari incontrati per caso,  parlassero con orgoglio di Garibaldi, di Meucci, di Leonardo, senza per questo denigrare la patria d'adozione.E  che per giunta  sapessero a memoria l'Inno di Mameli...
Idealizzazioni che "scattano" quando si vive  all'estero?  Forse.  Ma come spiegare l'italianità  "manifesta"  dei  nipoti?  Con la trasmissione intergenerazionale dei valori. Trasmissione che richiede nei singoli  - tutti membri di  una catena ideale, che però può essere spezzata in qualsiasi momento -    volontà  di trasmettere, ricevere,  ritrasmettere, e così via... Parliamo perciò di una libera scelta e  non di italianità ope legis .  Per farla breve: italiani si diventa, ma lo si deve volere, anche perché  lo si "sente".  Pertanto,  in certa misura, si nasce italiani  per appartenenza a una tradizione familiare. In qualche modo, e non è una battuta,  ogni  nazione è una  federazione di famiglie.
Comunque sia,  che tristezza. constatare, ogni volta, che per amare  l’Italia si deve lasciarla…


Carlo Gambescia 

Nessun commento:

Posta un commento