martedì 25 ottobre 2011

Giustizia? Non basta la parola





In tempi dove la corruzione politica sembra (si fa per dire…) dilagare. può essere interessante interrogarsi sull’idea di giustizia. In realtà, che cos’è la giustizia?
 Un passo alla volta. Dobbiamo innanzitutto distinguere fra due tipi di giustizia: giustizia metaumana, quella del Signore in barba bianca che si affaccia tra le nuvole, e la giustizia umana, che implica, giudici, avvocati, secondini, agenti delle tasse, ispettori del lavoro, eccetera. La giustizia metaumana rinvia a un piano superiore. E si fonda sulla distinzione tra un ordine assoluto (superiore) e un ordine umano (inferiore). Parliamo di un’ opposizione fondata sul principio che la giustizia, la “vera giustizia”, non è di questo mondo. Si pensi al passo del Vangelo di Matteo: « Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di questi è il regno dei cieli».
 La giustizia umana, invece, per dirla con quella vecchia volpe di Proudhon è «tutta umana, nient’altro che umana; è farle torto riportarla da vicino o lontano, direttamente o indirettamente, a un principio superiore o anteriore all’umanità» (La Giustizia nella Rivoluzione e nella Chiesa). Di conseguenza non potendo fondarsi su un principio superiore, la giustizia umana deve basarsi sul principio dell’unicuique suum («a ciascuno il suo»).
 Tuttavia, come determinare ciò che spetta esattamente a ciascuno? Dal momento che il principio di giustizia interna (quel che io credo mi spetti, in termini di redistribuzione di diritti e beni soggettivi), di regola, non collima mai perfettamente con il principio di giustizia esterna (quel che la società ritiene che mi spetti, in termini di redistribuzione di diritti e beni oggettivi)?
Da questo “scollamento”, infatti, sorgono i conflitti e l’appello dei differenti attori (individui o gruppi sociali) alla formulazione e applicazione di un criterio di giustizia “giusto”. Di regola, finiscono per esistere tanti modi di intendere l’unicuique suum , quanti sono i soggetti in conflitto… Non esiste perciò soluzione definitiva, almeno in questo mondo. Ecco perché, come scriveva Thomas Mann, «la giustizia non è ardore giovanile e decisione energica e impetuosa: giustizia è malinconia”» ( Disordine e dolore precoce).
 Spesso la corruzione nasce nelle pieghe dello “scollamento” tra giustizia interna e giustizia esterna. E soprattutto in contesti dove la giustizia metaumana non gioca più alcuno ruolo, né sul piano interiore né su quello esteriore.
Il corrotto - e ovviamente il corruttore - considera inadeguato quel che la società ritiene che sia giusto per lui (in base allo status). Di qui il tentativo di procurarsi “beni personali aggiuntivi” in qualsiasi modo. Oppure è la stessa società, se priva di principi di giustizia esterna, a favorire, grazie al vuoto anomico, la generale “ricorsa”, spesso feroce, ai “beni personali aggiuntivi”. E qui ci fermiamo. Perché ora dovrebbe essere chiaro quanto sia difficile contrastare la corruzione in una società segnata da un più o meno prevedibile scollamento tra le due forme di giustizia (interna ed esterna). E per giunta priva di qualsiasi forma di credenza, almeno in parte condivisa, nei valori di giustizia esterna o metaumana. O no?

Carlo Gambescia


Nessun commento:

Posta un commento