mercoledì 4 maggio 2011


Gioco  ricco mi ci ficco...
Il corpo di Osama, 
Obama e gli antiamericani



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È interessante, anche se da copione, come il fronte antiamericano, nelle varie sfumature, stia reagendo alla morte di Osama bin Laden. All’inizio, semplificando, ha sposato la tesi del non è lui, o sei è lui, lo hanno tirato fuori dal frigorifero. Ora che invece circolano filmati riguardanti l’ uccisione del terrorista, gli antiamericani, cambiando al volo tesi, pongono l’accento sull’immane crudeltà degli Stati Uniti Usa, mettendola sull’umanitario.
Naturalmente le tesi, in particolare quelle del frigorifero e della crudeltà, possono essere “mescolate” insieme, sulla base dell’origine pregressa dei filmati. Inoltre, va anche da sé, quanto le tesi accusatorie del variegato fronte antiamericano collimino perfettamente con quelle del peggiore terrorismo islamico. Del resto, in politica reale, "il nemico dell'amico e sempre nostro amico". Regola che vale per tutti, antiamericani e americani.
Crediamo invece che le esitazioni politiche americane, come del resto la ritrosia a mostrare il corpo di Osama bin Laden, evidenzino ancora una volta due fatti: il primo congiunturale, il secondo istituzionale.
Il fattore congiunturale è determinato dalla debolezza della presidenza Obama. L’attuale presidente - per dirla fuori dai denti - ha scarse o nulle capacità politiche. È meno che mediocre. Di qui i tentennamenti decisionali e l’incapacità di prendere partito e assumersi la responsabilità storica e politica dell’eliminazione fisica di Osama, in ordine anche a “dettagli”, per quanto moralmente orridi, a cominciare dalla necessità di esporre “mediaticamente” il cadavere del terrorista, come del resto quella, giustissima (dal punto di vista del realismo politico), di farlo sparire per evitare culti e santuari.
E qui entra il gioco il secondo fattore, quello istituzionale; fattore che può essere scomposto in due elementi: quello del pessimo rapporto storico tra braccio militare e braccio politico: negli Usa in particolare, gli uni non si fidano degli altri. Ciò significa che un’operazione militarmente riuscita come quella dell’eliminazione di un pericoloso terrorista, rischia per conflitti interni all’amministrazione civile e militare di non poter essere sfruttata a fondo, soprattutto mediaticamente. Ma anche per un’altra ragione. Perché il secondo elemento istituzionale rinvia al moralismo americano, ossia al timore di finire “ingiustamente” sulla graticola mediatica, come toccò ad esempio ai militari latino-americani che eliminarono Che Guevara. Moralismo "impolitico", di cui la politica reale ( in cui ciò che è giusto lo decide il vincitore), poi si vendica, come nel caso della assoluta necessità politica (e simbolica ovviamente) di eliminare Osama. Come è stato. Di qui però l’ipocrisia, ma anche il balletto delle versioni differenti. Aggravato, come abbiamo asserito, dai tentennamenti di Barack Obama, personaggio politicamente inconsistente.
Può darsi che nelle prossime ore gli Stati Uniti forniscano, finalmente, una versione più completa e dettagliata, inclusi i particolari moralmente (ma non “politicamente”) più ripugnanti. Ma purtroppo il guaio (politico) ormai è fatto. Di fascine per accendere un grosso fuoco mediatico gli antiamericani ne hanno già abbastanza.

                                                                                                                 Carlo Gambescia

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