lunedì 30 maggio 2011

Corte dei conti 

 Controllare  i  bilanci o  fare politica economica,  questo è il problema...




Dopo Standard & Poor’s, ecco la Corte dei Conti. Insomma, come direbbe Totò, esula tu, che esulo io…
Infatti, in occasione della presentazione del suo Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica, la Corte dei Conti ha esulato (e per alcuni non sarebbe la prima volta…), lanciando, dispiace dirlo, un diktat al Governo in stile Standard & Poor’s( http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2011/05/24/visualizza_new.html_846041959.html. )
Prima però i fatti. Nel Rapporto si evidenzia « quanto impervio sia il percorso che la finanza pubblica italiana è chiamata a seguire nei prossimi anni per rispettare i vincoli europei e rendere possibile una crescita economica più sostenuta ». Vabbè, fin qui… Dopo di che però si legge in stile Ufficio Studi: « Non è sufficiente che la spesa primaria rimanga costante in rapporto al prodotto, e neanche che rimanga costante in termini reali ». Di qui la «necessità che la si riduca in termini reali, rispetto a livello, già compresso, previsto nel Def per il 2014», nonché di «interrogarsi su quelli che possono realisticamente essere i nuovi confini ed i nuovi meccanismi dell’intervento pubblico nell’economia». Dal momento che « per rispettare i nuovi vincoli europei sul debito occorrerà un intervento del 3 per cento all’anno, pari, oggi, a circa 46 miliardi nel caso dell’Italia». Si tratta di «un aggiustamento di dimensioni paragonabili a quello realizzato nella prima parte degli anni Novanta per l’ingresso nella moneta unica».
Insomma, nessuna diminuzione della pressione fiscale e possibili tagli a manetta… Questa è politica economica, altro che controlli contabili… Come del resto provano gli sguardi languidi lanciati dalla Corte dei Conti verso i governi bancocentrici primi anni Novanta. Tutti governi che invece - secondo Giano Accame - «realizzarono un esempio di “colonnellismo” bancario che per intensità di presenze non aveva precedenti nella storia di nessun paese (ma un seguito coi governi Dini, prodi e in proporzioni minori persino coi governi D’Alema ». (Una storia della Repubblica, pp. 391-392),
E infatti la Sinistra, come ai vecchi tempi di Azeglio Ciampi, ha subito mostrato di gradire: «I 46 miliardi all’anno necessari per riequilibrare il nostro bilancio e raggiungere gli obiettivi indicati dalla Ue ci dicono che è necessario che il Tesoro non ceda a trovate propagandistiche ed elettoralistiche». Così Michele Ventura, Vicepresidente vicario dei deputati del Pd.
Ma la Corte dei Conti si è trasformata in Ufficio Studi e di Programmazione economica? Perché, stando al dettato costituzionale (art. 100), credevamo che gli alti magistrati contabili dovessero limitarsi a esercitare, riferendone direttamente alle Camere, « il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato», nonché a partecipare, «nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria». O no?

Carlo Gambescia

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