mercoledì 9 aprile 2008

Elezioni politiche 2008 

Per chi votare? 




Nell’ultimo mese ci siamo imposti di non parlare di politica italiana. E soprattutto per una ragione “pregressa” di natura personale: chi scrive, infatti, aveva già deciso almeno da gennaio, che, in caso di elezioni anticipate, questa volta non sarebbe andato a votare. Basta.
Ora, se la democrazia non “fabbrica” più cittadini, attraverso l’esercizio del voto, come li “fabbrica”? Nessun problema, il circuito della legittimazione e del consenso oggi segue altre strade.
In primo luogo, va ricordata la “cittadinanza mediatica”. Gli studi sui contenuti dei programmi e delle notizie veicolate dai media, provano che viene costantemente ripetuto un solo messaggio: il nostro sistema di vita, quello italiano, europeo, occidentale, è il migliore in assoluto. E le disfunzioni, che tra l’altro non sono poche (ambientali, sociali, economiche), sono sempre presentate come fisiologiche: come un prezzo, fin troppo lieve, da pagare al giusto progresso. E il cittadino "mediatizzato" si adegua...
In secondo luogo, non può essere ignorata la “cittadinanza economica”. Il sistema produttivo, tutto sommato, finora, pur con alti e bassi, ha retto. Il che ha permesso una redistribuzione abbastanza regolare del prodotto sociale e garantito tutele sindacali, previdenziali e assistenziali. Di qui proviene il consenso delle classi lavoratrici, ma anche la trasformazione del dibattito politico in economico: la “politica” ormai ruota esclusivamente intorno ai criteri fiscali di divisione del prodotto sociale.
Il terzo luogo, va segnalata la “cittadinanza consumistica”. Assicurare a tutti (o quasi) la possibilità di acquisire beni e servizi, rappresenta la carta vincente: la “riprova” che il sistema funziona. L’iperconsumo viene giudicato dalla gente comune, che subisce l’ipnotico effetto della cittadinanza mediatica, come l’ambito traguardo della cittadinanza economica.
E così il cerchio si chiude, e si chiuderà fin quando la "macchina economica" macinerà profitti, da redistribuire a tutti o quasi, anche se in misura diversa secondo la posizione sociale.
Di conseguenza - ecco il ragionamento delle persone comuni - se si vive in una specie di Paese dei Balocchi, che senso può avere la cittadinanza politica? Perché si dovrebbe votare per cambiare? Se, nonostante i casi di corruzione e malgoverno, tutto sembra “marciare” per il meglio, perché l’elettore dovrebbe punire i corrotti ? E del resto non sono gli stessi politici, dagli sguardi rassicuranti e benevoli, a promuovere politiche centriste, presentando la realtà che ci circonda come il migliore dei mondi possibili?
Un’ultima osservazione: le cittadinanze mediatica, economica e consumistica sono inversamente proporzionali alla cittadinanza politica. Se si consolidano le prime tre, si indebolisce la seconda. Insomma, la gente non va a votare perché reputa la politica ininfluente sull'economia. Come del resto si evince dagli studi in materia, che attestano come il crescente astensionismo elettorale sia un fenomeno tipico delle democrazie opulente, tutte incentrate sui consumi, sull'economia e poco o punto sulla politica, in senso forte e alto.
Si dirà: dopo questo "dotto" ragionamento, conseguentemente, si dovrebbe andare a votare. Proprio per distinguersi, diciamo così, dalle masse amorfe del non voto (quelle del Franza o Spagna, eccetera)...

Ma per chi votare? Ecco il punto. Di qui la nostra scelta di restare domenica prossima a casa

Carlo Gambescia

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