giovedì 9 febbraio 2006



Profili/12
Reinhart Koselleck 




Il 3 febbraio è morto Reinhart Koselleck . Con lui scompare probabilmente una figura di storico totale. Nel senso di uno studioso non "specialista", ma capace di utilizzare, e al meglio, gli strumenti della sociologia, delle scienze politiche e giuridiche, della filologia e della semantica storica. E quindi in grado di spiegare e storicizzare concetti e istituzioni, a partire da quello di "modernità liberale". E di una società liberale, oggi presentata come il migliore dei mondi possibili.
Nasce nel 1923 a Gorliz, in Germania, di buona famiglia, mostra subito grande intelligenza e passione per gli studi. La guerra lo travolge: come tanti altri giovani tedeschi anche Koselleck, si arruola nel 1941, come freiwilling nella Wehrmacht. Combatte in Asia centrale. E vive la tragedia della ritirata e della resa. Tra il 1947 e il 1953 completa gli studi di storia, diritto pubblico, filosofia e sociologia, presso le università di Heidelberg e Bristol in Inghilterra. Dopo di che intraprende la carriera accademica. Nel 1965 ottiene la libera docenza, nei due anni successivi , 1966-1967, insegna Scienza Politica alla Ruhr-Universitat di Bochum. Dal 1968 al 1973, insegna Storia Moderna all'università di Heidelberg. E dal 1974 alla morte, è docente di Teoria della Storia all'Università di Bielefeld, di cui oltre essere fondatore, ha promosso e diretto il Centro di Ricerche Interdisciplinari (1974-1979). Molto noto all'estero, grande viaggatore (ha insegnato tra l'altro negli Stati Uniti, Francia, Giappone). Koselleck era un uomo di una curiosità e vitalità inesauribili. Come è stato notato nel suo pensiero sono presenti influssi di Schmitt, Heidegger, Lowith, Gadamer, Conze, Freyer e Alfred Weber.
Autore di una ventina di libri, alcuni dei quali tradotti in italiano. Critica illuminista e crisi della società borghese (il Mulino 1972 [ed. or. 1959]; La Prussia tra riforma e rivoluzione. 1791-1848 (il Mulino 1988 [ed. or. 1967]); Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici, Marietti 1986[ed. or. 1979]), Progresso, con Christian Meier (Saggi Marsilio 1991[1975]), dall'importante collezione "Lexicon - Geschichtliche Grundbegriffe", il "Lessico storico dei concetti politici", da lui fondato e diretto con Otto Brunner.
Di particolare interesse, per la radicale analisi delle dicotomie liberali, è la sua dissertazione dottorale, molto apprezzata da Carl Schmitt (cfr. ad esempio Id., Categorie del 'politico', il Mulino 1988, p. 131, nota), Kritik und Krise (trad. it. il Mulino 1972). Nel testo Koselleck dimostra come l'utopia borghese e illuministica, tutta incentrata sulla separazione tra pubblico e privato, sia frutto della scelta dell'illuminismo ( come movimento di idee) di mascherare l'ansia di riforme, valorizzando nel privato le fantasie utopistiche ( e di qui anche il ruolo delle Logge massoniche, cfr. in particolare il capitolo II, pp. 69-170), per poter così difendersi dall'occhiuto assolutismo monarchico. Le élite postrivoluzionarie, incluse quelle attuali (ma questa è una ipotesi personale) continueranno a vivere sotto il segno di fantasie morali private (o comunque "impolitiche") che rappresentano non solo l'antitesi della politica assolutistica ( e il che può essere giusto), ma della politica in quanto tale: come sostrato culturale e sociale dell'uomo; un "sottofondo" che purtroppo implica bene e male mescolati insieme. E dunque anche la dicotomia amico-nemico. E qui basta ricordare l'uso retorico e nefasto, che si fa ancora oggi, dei diritti dell'uomo, come base privatistica (i diritti soggettivi universali), di una politica di forza "pubblica" e militare. Nella convinzione "assoluta", ma fantastica, che una volta instaurato il "regno" dei diritti universali dell'uomo, verrà spontaneamente meno anche il ruolo della politica e del "nemico", cosicché  il "privato" fantastico avrà  finalmente la meglio sul "politico" realistico. Sotto questo aspetto il  rapporto con la politica, viene perciò vissuto ancora oggi, come durante le fasi più acute delle rivoluzione francese (e qui è invece Koselleck a parlare), quale instaurazione del regno di utopia attraverso l'uso della forza, se non proprio della violenza. La ghigliottina come i bombardieri, ieri come oggi, sono giudicati veicoli di progresso.
Un buon modo per ricordare Koselleck è perciò quello di leggere subito Critica illuminista e crisi della società borghese (www..mulino.it). Un libro storicamente e concettualmente molto solido e sicuramente non inferiore per valore euristico al più conosciuto testo in argomento scritto da Adorno e Horkheimer.

Carlo Gambescia

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