domenica 29 aprile 2018

La triste  vicenda del piccolo Alfie Evans
Il socialismo sanitario della serva



Nella vicenda del piccolo Alfie Evans,  in pochi hanno notato che in gioco vi  era qualcosa di più. Certo, si è discusso, e giustamente, dell'annosa questione del chi deve decidere se,  come, dove e quando staccare la spina, perché  ha grande rilevanza etica per il cristiano.  O comunque  per chiunque ritenga che la vita umana sia parte di un disegno divino e provvidenziale.  Lo stesso però  si può dire di coloro che,  prescindendo dal credo religioso di ognuno, scorgano nel  diritto di vita e di morte una questione individuale, privata, intima.
In realtà, il punto sfuggito a molti  è  che  Alfie e i suoi genitori sono stati brutalmente risucchiati da un sistema sanitario di tipo socialista ( universalista, secondo certa  sociologia ancella del welfare state). Dove i medici, per potestà regolamentare decidono autonomamente  della vita e della morte dei pazienti. E per giunta, in caso di contrasti con pazienti e famiglie,  sembrano trovare sempre  sostegno tra i  magistrati. Altro che "c'è  un  giudice a Berlino"...
Molti osservatori italiani, prendendo come al solito lucciole per lanterne, hanno sostenuto  che  purtroppo i medici britannici sono stati costretti a queste dure decisioni, per ragioni di risparmio,  rivolte a tutelare i malati con maggiori speranze di vita. E in questo, giustamente,  seguiti  a ruota da giudici (per inciso, il sistema di common law spesso è un’arma a doppio taglio).  Sicché,   per riprendere il filo delle argomentazioni welfariste italiane,  se le strutture sanitarie inglesi e britanniche - si dice -  venissero finanziate adeguatamente, invece di subire tagli,  certe cose non accadrebbero. Siamo davanti  al classico  argomento  del socialismo buono che non può non avere la meglio sul socialismo cattivo. Auguri.
In Gran Bretagna,  dove il NHS (National Health Service) fu una bella pensata socialista post-seconda guerra mondiale,  negli ultimi anni si è cercato,  considerati costi crescenti e disservizi, di favorire la concorrenza tra strutture sanitarie pubbliche. Di qui però, quella corsa  ai tagli e alle mortali discriminazione tra pazienti.
Nel  Regno Unito esiste  anche una sanità privata, basata su assicurazioni individuali, ovviamente mai cresciuta, perché schiacciata dal gigantismo pubblico, nonché  dalla  concorrenza, però introdotta tardivamente. Attenzione però: concorrenza  non tra pubblico e privato ma tra  pubblico e pubblico.  Insomma, per dirla terra terra, se la  cantano e se la suonano da soli.
Come è noto,  neppure la Thatcher provò a riformare integralmente il Servizio Sanitario Nazionale. In seguito,  Blair e Cameron  hanno introdotto quegli elementi di rigore e concorrenza (nel senso sopra indicato) che  hanno però prodotto, se ci si passa l’espressione,  una specie di socialismo dei conti della serva.  
Tuttavia, per molti inglesi e britannici la sanità pubblica resta  una specie di credenza religiosa, una “religione nazionale”, come  talvolta capita di leggere, ovviamente sul “Guardian”. 
Chissà se lo è ancora,  per i genitori  di Alfie?

Carlo Gambescia