giovedì 26 aprile 2018

I moderati italiani, un popolo senza più casa politica
E io mi astengo…
 
Il dato del 2018, assente nel grafico, è  più o meno in linea con quello del 2013 

Moderato è chi rifiuta gli estremi, quindi  le utopie politiche. È per la mediazione, il compromesso, il realismo delle cose che si oppone sempre all’irrealismo delle idee sulle cose. Il moderato ritiene che le cose vadano da sole e che il migliore governo sia quello che governa meno. La sua è una critica, forse senza neppure saperlo, a uno stato  che fa troppo. E che dunque deve fare meno: lasciar fare, lasciare passare.  Questo il suo motto.
Il moderato,  non si fida del politico che promette troppo. Nel dubbio non vota, resta a guardare, magari poi sentendosi colpa. Ma preferisce non votare. Del resto è un  suo diritto (naturale) di libertà. Insomma, il moderato guarda al  centro dello schieramento politico, non è completamente di destra e neppure di sinistra. 
Quali forze politiche hanno espresso il moderatismo italiano  nell’Italia repubblicana? Innanzitutto la Democrazia Cristiana, che però dopo De Gasperi, non  si è  più limitata  a guardare a sinistra ma si è spostata a sinistra, determinando  la progressiva fuga dei moderati. Che, a poco a poco,  dall’inizio degli anni Sessanta con l’apertura ai socialisti, poi negli anni Settanta al Pci, si  sono ritrovati senza casa politica. 
Al  moderato  non piaceva l’estremismo di  Almirante.  Restava freddo davanti alle galoppate  di Craxi e alle evoluzioni verso il Pci, del suo avversario, De Mita.  E neppure  si entusiasmava per Andreotti,  pur apprezzandone le arguzie. Ovviamente,  non credeva nelle  promesse  di  Berlinguer.  E nemmeno capiva le astruserie di Moro.
Il moderato  negli anni Settanta e Ottanta non votava più,  credeva solo nell’Arma dei Carabinieri.  Negli anni  Ottanta, tornava a ridere con le televisioni dei Berlusconi,  per poi votarlo negli anni Novanta, scorgendo in Forza Italia il provvisorio surrogato di un grande partito di centro.  E  subito dopo, negli anni Duemila, cadere in depressione.
Diciamo che fino a oggi, nonostante il micro-sussulto per Renzi, già archiviato, ancora non si è risollevato. Il moderato,  continua  a non votare. E ad assistere, sentendosi magari  in colpa,  al trionfo degli estremismi di destra e di sinistra. Il moderato con il populismo non ha alcun punto di contatto.
In qualche misura, interpretando  la letteratura in argomento, la crescita dell’astensionismo elettorale in Italia va vista come il progressivo ritiro nel suo guscio dell’elettore moderato,  che  non fidandosi delle promesse, di regola esagerate, dei demagoghi di destra e sinistra,  preferisce non votare, anche perché, guardandosi intorno, scorge  la società  marciare da sola, gli stili di vita non cambiare e nonostante il catastrofismo mediatico, la vita procedere normalmente  nelle sue cose quotidiane. Come dicevamo, lasciar fare, lasciar passare.  Le cose vanno da sole. Ecco l'Italia dei moderati. 
Il moderato non  è  il presuntuoso  "apote" di Prezzolini ("quello che non la beve"), segue invece più umilmente  la corrente delle cose:  si fa portare.  Si nutre, insomma,  del conformismo della quotidianità   Il moderato vive nella e di quotidianità.  E in base all’andamento di essa  giudica le cose.  Come i mercati, il moderato  vota tutti i giorni, facendo la spesa, andando al lavoro, in vacanza, eccetera, eccetera. E per quanto i mass media, possano estremizzare le cose, l’invisibile partito moderato del non voto, oggi quasi maggioritario, ci ricorda che l’Italia funziona meglio della sua rappresentazione  mediatica.   Insomma,  si dovrebbe essere felici, o quantomeno  politicamente appagati,  del fatto che il numero degli astensionisti sia cresciuto. Perché si tratta di  un segno di progresso sociale: in Italia si vive bene, e di conseguenza, votare è un  fatto secondario: la società va da sola, a che serve la politica?       
E invece no.  Estremisti, pedagogisti della democrazia, virtuisti, ecologisti, post-comunisti, fascio-comunisti, e rivoluzionari vari,  insomma  quelle  minoranze chiassose e mediaticamente sovra-rappresentate,  deprecano l'astensionismo, sottovalutando però  il nesso tra crescita del non voto e deciso miglioramento dello stile di vita degli italiani. E, infatti, il giacobino, per usare una categoria riassuntiva, odia il consumismo, il glamour, il divertentismo, tutto ciò che sia  contrario a quella visione dolente della vita, da grande rottura di palle (pardon), che accomuna  tutti i nemici, da destra e a sinistra, della democrazia dei consumi:  del migliore dei mondi possibili al quale si continua a opporre, il migliore dei mondi impossibili, tratteggiandolo graziosamente con i colori della decrescita, dell'anticapitalismo,  del nazionalismo,   eccetera, eccetera. 
Il punto è un altro: l’assenza una grande  forza, esplicitamente di centro. O comunque di una destra e sinistra, maggioritarie e  per questa ragione  largamente spostate al centro. Sicché,  mancando   una forza politica di questo tipo, il moderato non vota. E continuerà a non votare. 
Per contro,  fluttua invece il voto estremo, degli scontenti della vita e dei "piagnoni",  da destra e sinistra, e fluttua all’interno dell’area del voto: insomma sono sempre gli stessi elettori, che però cambiano casacca.Con la stessa smorfia alla Travaglio martellata sul viso. 
Ma questa è un’altra storia.

Carlo Gambescia