martedì 11 aprile 2017

Sociologia di Diego Fusaro




Ieri sera, dopo aver indossato le vesti poco curiali del frequentatore di  Facebook,   per colloquiare con i  moderni (dei Social),   ho inserito un post,  tra il serio e il faceto.  Questo: 



Dopo di che, come si dice, mi sono voluto levare una curiosità: quanti file hanno su Google Fusaro e Jünger?   E così ho scoperto che  tra i due  ci sono circa 50 mila file differenza in favore del secondo: Fusaro ne ha  395 mila (1),  Jünger  450 mila (2).
Ciò significa che Fusaro  è un pensatore del calibro di Jünger? Certo che no! Però la differenza, piuttosto ridotta,  rivela l'esistenza di ben altro:  un  dominante clima di sistematico livellamento dei valori culturali.  Di chi è la colpa?  Della cultura di massa?  In parte sì. Storia vecchia, inutile negarlo: è  la democrazia culturale, bellezza...  Più si amplia il pubblico, più il messaggio deve essere semplice.  Tuttavia, Internet e le pratiche Social hanno addirittura prodotto i  cori da stadio,  andando ben oltre le previsioni di McLuhan,  il quale, benché si occupasse di media tradizionali non era poi così pessimista.  O comunque, mai così ottimista  come il  Domenico De Masi in versione  grillina, più futurista "che pria", che sta alla sociologia come Luciano De Crescenzo sta alla filosofia... Ma questa è un'altra storia.           
Per fortuna, tornando sul  discorso dei file,  Marx e Croce ne hanno milioni (3):  quindi continuano ad essere  seguiti e letti, anche in Rete.  Però  sconcerta  che Jünger e Fusaro abbiano  più o meno  lo stesso numero di file: dal un lato, un Ribelle vero  che si è gettato nell'infernale fornace totalitaria , e ne uscito vivo, o quasi,  conseguendo risultati letterari pubblicamente apprezzati  da tutti; dall'altro,  un ribelle in erba, cresciuto davanti ai Puffi,  che scrive sempre lo stesso libro e  che al massimo avrà preso qualche contravvenzione.  
Miracoli dei Social? Sì e no. Per capire,  bisogna fare un passo indietro.  Quanti file ha Pier Paolo Pasolini, il ribelle per antonomasia della cultura politica italiana? Circa 450 mila (4). Anche qui,  un secondo caso Jünger-Fusaro? Di sicuro, Pasolini, in particolare l’ultimo, diceva  le stesse cose di Fusaro. Magari  in bello stile.  Però - attenzione - le diceva a cinquant’anni.  E a  poco più di trenta aveva scritto due capolavori  come Ragazzi di Vita e  Una vita violenta,  oltre a dar  prova di essere, come si dice,  sensibile poeta.  
 Ciò che è  interessante, dal punto di vista sociologico,   è che la “carriera” del “ribelle” Pasolini è più lenta di quella del "ribelle"  Fusaro.  Pasolini, negli anni Cinquanta, esistenzialmente, si arrangiava: la fama arrivò dopo,  lentamente,  con il cinema, e solo con un certo cinema ( Il Decameron, I Racconti di Canterbury, eccetera), che in qualche misura, anticipava, per un usare un termine spagnolo, il landismo italiano degli anni Settanta (le commedie  scollacciate, anche in costume).
Cosa vogliano dire? Che Internet e i Social, rispetto a un mezzo di comunicazione sociale come il cinema,  hanno accorciato i tempi -  massacrando la  qualità -  della canonica  fase di   transizione dell' "intellettuale di successo": dall’oscurità alla fama.  Questo dal punto di vista  tecnico.  Poi,  ovviamente,  ci sono le doti personali ( talvolta carnivore):   il  saper cogliere l’attimo e la capacità di  intrattenere le relazioni giuste. Per dirla, più dottamente,  con Bourdieu, occorre  saper investire e accumulare le quantità necessarie   di capitale culturale e relazionale ( non una di meno, non una  di più),  per farsi largo  nella vita  sociale ed accademica.   
Ma, nel caso di Fusaro c’è anche un altro fenomeno sociologico  che va ad aggiungersi all’anticapitalismo culturale, di principio,  tipico  di certa cultura italiana di destra e sinistra e rilevabile  anche in Pasolini e Fusaro. Che cosa?  Il “gentismo”, la rivoluzione anni Novanta (che ancora persiste)  della piazze televisive (non dei salotti, attenzione):  piazze che gridano al Crucifige e che  ai tempi di Pasolini non esistevano. 
Si potrebbe dire che Fusaro è un misto di pasolinismo e di gentismo,  come del resto provano le sue apparizioni televisive.  Un mix di complottismo e populismo che dal punto di vista comunicativo funziona molto bene. Ma anche, per ricaduta, sotto l'aspetto editoriale:  dal momento che il libro illeggibile  viene comprato, semplicemente, perché contro, come impone la logica amico-nemico dei Social. Leggerlo o meno, è questione collaterale.  Qui siamo oltre la cultura di massa. I tifosi digitali ( e non), ormai, i libri se li tirano in faccia, come proiettili. E gli editori lo sanno.
Insomma, Fusaro dice cose già dette  e per giunta  male. Non ha qualità letterarie:  non è il Pasolini dei nostri giorni,  per non parlare del grande Jünger.  Però  ha iniziato a scrivere  su "La Stampa”.
Come concludere?  Che ogni epoca ha i ribelli che si merita. 

Carlo Gambescia                
  
       
P.S. L’autore dell'articolo  ha  su Google 11 mila e seicento file:  https://www.google.it/webhp?sourceid=chrome-instant&ion=1&espv=2&ie=UTF-8#q=carlo+gambescia .  
Evidentemente quelli che si merita…




(1) Diego Fusaro,  senza virgolette,  Circa 395.000 risultati (0,52 secondi) 

(2) Ernst Jünger , senza virgolette,  circa 450.000 risultati (0,49 secondi) 

(3) Karl Marx, senza virgolette, circa 39.500.000 risultati (0,46 secondi

(4) Pier Paolo Pasolini, senza virgolette,    circa 446.000 risultati (0,54 secondi)