Nomine nuovi direttori Rai-Tv
Renzi lottizza. Sai che scoperta…
In
Italia, televisione e radio pubbliche
contavano qualcosa prima dell’avvento delle consorelle private. Quello c’era, quello gli italiani erano costretti a vedere. La Rai vinceva facile. Sui programmi informativi, chi ne capiva, sapeva,
chi non capiva veniva sottilmente influenzato, ad eccezione dell’elettore
comunista e neofascista, più
politicizzato.
Oggi, comunque la si metta, c'è più concorrenza. Qualche
anno fa, per ragioni politiche non ancora chiarite, andava forte lo sport di sparare alzo zero sulle televisioni di Berlusconi, perché, secondo il mantra sinistrorso, diseducative e
apportatrici di voti a Forza Italia. E sia pure. Ma la televisione pubblica dal 1954
fino all’arrivo delle corazzate antennate del Cavaliere, quanti danni ha causato al cervello degli italiani? Nessuno ha mai quantificato il veleno contenuto nello statalismo televisivo iniettato per anni in dosi industriali nell'immaginario collettivo. Ancora oggi, e non solo a sinistra, piace
ricordare, gonfiando il petto, il ruolo
pedagogico della televisione di stato: il maestro Manzi, gli sceneggiati, e perfino il valore culturale dei programmi a
quiz. Come se una televisione pubblica
dovesse essere una cattedra scolastica, da cui fare lezione agli italiani minorenni. Insomma, si rimpiange una televisione, che per
mentalità, discendeva da Mussolini. L'idea di una televisione come arma più forte del regime: non quello fascista ma democristiano (anni Cinquanta) e democristiano-socialista (anni
Sesssanta-Settanta).
Tutto
qui. Chiacchiere e distintivo. Nessuno più ricorda (o fa finta) le ballerine
con i mutandoni, il siluramento di attori, registi e giornalisti che politicamente
non si sottomettevano, i silenzi sull’Unione Sovietica e la disinformazione sul
dissenso russo, la sbornia gauchista e anti-americana degli anni Settanta. E la lottizzazione. Spietata. Non fra i partiti ma tra le correnti della Balena bianca. Della quale però nessuno parlava. Proprio come
durante il fascismo, quando un giornalista se voleva campare doveva tenersi
stretta la tessera del PNF. E qui sarebbe interessante chiedere, citiamo un
nome per tutti, oggi famoso e comunistissimo, ad Andrea Camilleri, ex regista Rai, perché non si licenziò. Forse però la risposta, postuma, c’è: conseguimento della pensione, e pure elevata.
Il
culo di Nadia Cassini, che trasbordava dal teleschermo, anno di grazia 1979, fu vissuto, da quei pochi critici televisivi liberi, con lo stesso piacere che i loro nonni liberali provarono leggendo la Storia d'Italia di Benedetto Croce, pubblicata negli anni del fascismo: un atto di
liberazione intellettuale. E dagli italiani, tutti, come una rivoluzione sessuale catodica. Poi arrivò Berlusconi che, da buon eroe dei due mondi
televisivi (pubblico e privato), operò la moltiplicazione dei culi. E il
desiderio collettivo, come insegna la legge di Weber-Fechner, calò. Non però la voglia (individuale) di lottizzazione del Cavaliere. Ma non furono da meno Prodi, Veltroni & Co.
Ora,
questa mattina, gli orfani di Berlusconi e di Berlinguer (padre) denunciano Renzi, perché
lottizza. Sai che scoperta…
Carlo Gambescia
Carlo, perfetta analisi. Non ho altro da aggiungere.
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