36° anniversario della strage di Bologna
Come ogni anno, ieri è andata in scena la commemorazione della strage di Bologna. Nessuno si offenda, ma è proprio così. Ormai è diventata una liturgia politica, con i suoi tempi teatrali, i suoi primi attori, i suoi stereotipi ideologici. Sui "corpi" delle vittime, sequestrati dalla sinistra, si è consumato il processo alla Repubblica (prima e seconda). Di più: la messa in stato di accusa (permanente) dei moderati d'Italia, iscritti d' ufficio, tutti, alla P2. Parliamo di un processo, dentro il Paese, dettato da un riottoso e incattivito immaginario antiborghese e antipolitico. Uno sporco gioco al rialzo.
Da qualche anno però, liquefattosi il centrodestra, non si fischia più. O comunque si tratta di fischi non mediatizzati. Quest’anno ha partecipato con uno striscione anchela Comunità Islamica di Bologna: potenza del brand felsineo del Pd.
Da qualche anno però, liquefattosi il centrodestra, non si fischia più. O comunque si tratta di fischi non mediatizzati. Quest’anno ha partecipato con uno striscione anche
Cosa dire? Che più di vent'anni fa, la magistratura ha ritenuto colpevoli tre neofascisti. E che di conseguenza la vicenda dovrebbe essere chiusa. E invece no. Perché?
La prima risposta, quella dell’Associazione che riunisce le vittime, è che si sono condannati gli esecutori, non i mandanti. Tesi condivisa e mediatizzata, oltre ogni misura, dalla sinistra. E stando alle dichiarazioni di ieri, molto apprezzata anche dal Presidente Mattarella.
Ora, che la sinistra, giocando sul più che giustificato dolore delle famiglie, abbia contribuito nel tempo, alla costruzione sociale del Male assoluto (P2, servizi segreti deviati, Cia e quant’altro), prima secondo Mosca, poi secondo "l'Espresso", ora secondo "il Fatto quotidiano", può pure starci. È la politica bellezza… Anche perché c’è un risvolto: la cosa va sottolineata. Negli ultimi due decenni, la stessa sinistra, delle liturgie del 2 agosto, si è ben guardata, una volta al governo, di aprire i polverosi archivi del Viminale, sede degli altrettanto famigerati segreti di stato. E anche questa è politica, non c’è da scandalizzarsi.
Ciò che è grave invece, è che un potere che dovrebbe essere terzo (quindi rispettoso delle sentenze), come quello incarnato dal Presidente della Repubblica, tra l’altro parliamo di un giurista, continui a dichiarare che “permangono ancora domande senza risposta e la memoria è anche sostegno a non dimettere gli sforzi per andare avanti e raggiungere quella piena verità, che è premessa di giustizia” (*).
Argomentazione politica, sbilanciata a sinistra, che fa il paio - nella comune condivisione della tesi complottista, - con quella della destra neofascista che nega ogni responsabilità.
Diciamo che Mattarella ha sposato le tesi del Male assoluto (cui non può non corrispondere l’evocazione della Verità assoluta). Qui, delle due l’una. O Mattarella non ci crede, perché sa come vanno le cose in politica, però fa finta, come il Principe di Machiavelli, che si mostra devoto, in questo caso, alla tesi più gradita alla sinistra. O ci crede veramente, allora al Quirinale c’è un complottista. Però se così fosse, Mattarella dovrebbe esserlo fino in fondo, come si usa dire: a trecentosessanta gradi. E fare due cose: 1) chiamare Renzi e Alfano e imporre loro non solo di aprire formalmente gli archivi, ma di favorire l’accesso a chiunque voglia documentarsi; 2) ascoltare tutti, ma proprio tutti, da Bolognesi, Presidente dell’associazione delle vittime alla Mambro e Fioravanti.
Dici bene. O Mattarella ci fa o ci crede. Però c'è un'altra opzione: non vuole sapere. E io penso che lui non voglia o non possa, comunque non se ne farà niente. Solo retorica di Stato, altra eredità fascista. La verità sulla strage di Bologna, sui mandanti e sugli esecutori, forse sta oltre i confini italiani. I neofascisti, per una volta non c'entrerebbero...
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