giovedì 7 febbraio 2013


Il libro della settimana: Pier Luigi Guiducci, Il Terzo Reich contro Pio XII. Papa Pacelli nei documenti nazisti, pref. di padre Peter Gumpel sj, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2013, pp. 376, Euro 18, 00 .

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La guerra, da sempre, costituisce un  banco di prova per il cristiano,  soprattutto quando la fede  viene vissuta  come pacifica e creativa comunione con Dio e con  gli  uomini.  Osservazione che  a maggior ragione può essere estesa  alla guerra ideologica che ha insanguinato buona parte del secolo scorso. Anche perché sulla posizione di estrema debolezza politica - non morale attenzione - delle chiese cristiane nei due grandi conflitti mondiali  si è scritto tanto, forse troppo. E in particolare sulla terribile questione dell’Olocausto. Infatti,  alcuni storici si interrogano tuttora con intenti polemici sul cosiddetto  “silenzio” di Pio XII verso le persecuzioni nazi-fasciste degli ebrei. In realtà - e qui si scopre la malafede di certa storiografia -  i dodici tomi di documenti pubblicati dalla Santa Sede negli anni Settanta del Novecento ( Actes et documents du Saint Siège relatifs à la seconde guerre mondiale), provano abbondantemente l’esatto contrario. Ossia  i notevoli sforzi di Papa Pacelli -  nell'ordine -  per mantenere la pace,  limitare le ostilità e  mitigare la condizione di tutte le vittime, ebrei inclusi.
Parliamo di una collezione  imprescindibile per qualsiasi storico serio e anche per il lettore colto e desideroso di  andare oltre le pure polemiche politiche. Un' "opera monumentale"   cui fa riferimento padre Peter Gumpel sj nella sua densa prefazione al libro di Pier Luigi Guiducci, professore di Storia della Chiesa presso le Pontificie Università Lateranense e Salesiana: Il Terzo Reich contro Pio XII. Papa Pacelli nei documenti nazisti (Edizioni San Paolo).  Ma è del volume di Guiducci che qui  desideriamo parlare. E per quale ragione?   Perché, al di là del titolo,  lo storico romano,  che ha condotto laboriose   ricerche nei principali archivi europei, ci spiega perché la forza morale, estesissima, di Pio XII non poteva trasformarsi in forza politica. In primo luogo, perché priva  di spada; in secondo luogo, perché si trattava di una "privazione" cercata e voluta in nome del Vangelo.    La Chiesa Cattolica fece tutto ciò poteva fare in una situazione delicatissima, barcamenandosi  tra i contendenti, come del resto provano i documenti pubblicati  nel libro.  Parliamo di un contesto politico  in cui il Papa era giudicato, fin dai suoi anni tedeschi, un nemico assoluto del Reich. Altro che amico dei nazisti, come alcuni sostengono...  
La questione, ovviamente,  rinvia al violentissimo spirito anti-cristiano, sconfinante nel paganesimo, che permeava la dottrina nazionalsocialista:  un  odio verso la fede stessa  che  andava  oltre, pur inglobandola ferocemente,  la figura di Pio XII.  Il quale,  a un tempo buon pastore disarmato e  fine diplomatico,  fece tutto il possibile per evitare l’affondamento della navicella cattolica, dando ordini di far salire a bordo  i membri di altri fedi, ebrei inclusi. Nel libro,  come agghiacciante esempio  del clima di quegli anni, si riporta,  tra i tanti documenti citati,   un colloquio tra Hitler e un suo collaboratore all’indomani della caduta di Mussolini:

Hitler: «Bisogna restituire il colpo, e restituirlo facendo in modo di acchiappare il governo Badoglio al completo»
Hewel: « Dobbiamo comunicare o no che le uscite del Vaticano saranno bloccate?».
Hitler: « Per me fa lo stesso, io il Vaticano lo occupo subito. Lei crede forse che il Vaticano mi metta in soggezione? Lo occuperemo subito: c’è dentro l’intero corpo diplomatico, ma io me ne frego, più tardi faremo le nostre scuse. La banda è là dentro, e noi lo tireremo fuori, quel branco di porci!» (p. 295).

Insomma, come già  notò,  anche un critico non propriamente benevolo, John S. Conway, in un volume che, se ricordiamo bene,  attende ancora  di essere tradotto (The Nazi persecution of the Churches 1933-45, 1968), esistevano già all'epoca  prove sufficienti  per temere che, se il Papa avesse protestato con maggior vigore  in favore non solo degli ebrei, la ritorsione non avrebbe colpito solo la Chiesa Cattolica ma anche tutte le vittime che tentava di  difendere.  Insomma, il Papa,  stretto nelle spire  di una  gigantesca serpe a due teste  (nazionalsocialismo a Ovest e  comunismo a Est)  scelse,  se ci si perdona la semplificazione, il male minore. O se si vuole,  la via della prudenza politica.  Senza però mai   rinunciare alla sua ecumenica missione pastorale:  come provano le testimonianze dei numerosi ebrei, coraggiosamente salvati da preti cattolici con il placet del Papa, grazie alla concessione di asilo e di nuovi documenti di identità.  Si potrebbe perciò parlare, riprendendo una felice espressione dottrinaria di  Reinhold Niebuhr,  di realismo politico cristiano, di cui Papa Pacelli  fu  il  fulgido campione.
Quali sono le conclusioni del professor Guiducci?

«Papa Pacelli (…) rimase per il Terzo Reich una persona da eliminare. Fu visto così. La resa dei conti finale venne solo rimandata a causa delle vicende belliche, ma non fu cancellata. Nella mente di Hitler non doveva esserci in prospettiva né una Chiesa cattolica né un Papa, né una gerarchia ecclesiale. Tutto doveva essere ricondotto a un’unica espressione religiosa interna al regime e da questo controllata. Abolendo parte della Sacra Scrittura, inneggiando a un Cristo ariano, cancellando  magistero pontificio e sacramenti, annullando funzioni religiose e pratiche di pietà, si sarebbe arrivati - nel pensiero del dittatore - alla rinascita di una grande nazione resa forte dal mito della razza e del sangue. Nuovi superuomini avrebbero cancellato per sempre l’immagine “perdente” del Crocifisso cattolico. Era solo questione di tempo. Non fu così» (p. 331).

In definitiva, un   libro eccellente.  Tra l’altro ben scritto. Le pagine sul rastrellamento degli ebrei romani sono al tempo stesso documentate e  toccanti. Buon esempio -  da  antologia -   di un sapere storico capace di spiegare, far rivivere e, quando occorre,  ammonire. Soprattutto le giovani generazioni.

Carlo Gambescia

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