mercoledì 20 febbraio 2013


Come promesso, continuiamo a fornire materiali di riflessione  sul “grande malato”, per usare la terminologia riproposta su queste pagine  da Bernard Dumont. Oggi siamo lieti  di ospitare il tagliente scritto del professor Alberto Buela che, come il lettore scoprirà, non fa sconti  intellettuali  e  formula  un' interessante previsione sul “dopo Ratzinger”. Lo scritto di Buela  è disponibile anche  nell'eccellente traduzione di Aldo La Fata: http://corrieremetapolitico.blogspot.it/2013/02/la-chiesa-il-papa-e-la-sua-rinuncia.html#comment-form   . Buona   lettura. (C.G.)



La Chiesa, il Papa e la sua rinuncia
di Alberto Buela


Spirito Santo. Vetrate della Basilica di San Pietro


A proposito dell’ abdicazione del Papa, Carlo Gambescia, sociologo e padrone di casa, ha distinto cinque tesi: la apocalittica, come segno della fine di un’epoca; la provvidenzialista, sostenuta da coloro  che confidano  in  Dio, il quale “vede e provvede”; la dietrologica che indaga su ciò che si nasconderebbe dietro la rinuncia; la progressista, che invece vi scorge la possibiltà di una democratizzazione della Chiesa; l’umanitarista che si limita a rispettare la dolorosa scelta del Papa.
Come credenti,  condividiamo la quinta tesi. Che, tuttavia, da analisti politici quali siamo, non ci soddisfa, perché accetta, senza spiegarli, i fatti  nudi e crudi.
La stragrande maggioranza dei mezzi di comunicazione sociale ha scelto la tesi progressista o democratico-riformista secondo la quale le insperate dimissioni del Papa consentono di proseguire, e in maniera più vigorosa che mai, nella modernizzazione della Chiesa, linea inaugurata dal Concilio Vaticano II, e parzialmente interrottasi durante il pontificato di Giovanni Paolo II (1978-2005),  Papa anticomunista, nonché contrario alla sinistra.  E continuata , ma con scarsa convinzione, da Benedetto XVI (2005-2013).
In buona sostanza, i mezzi di comunicazione sociale puntano su un Papa immaginario,  a loro uso e consumo.  Aspirano a un Santo Padre in stile Giovanni XXIII (1958-1963), all'epoca  "riconsacrato"   dagli stessi media come il “Papa Buono”...  Mentre, in realtà,  egli aprì le porte della Chiesa “al fumo di Satana", secondo l’espressione di un altro Papa, Paolo VI (1963-1978), in seguito  forse  pentitosi per gli errori commessi. E qui va sottolineato che  dopo Pio XI (1922-1939), che si oppose a Hitler pubblicando un'Enciclica in lingua tedesca (“Mit Brennender Sorge”, “Con viva preoccupazione”, 1937) e Pio XII (1939-1958),  la Chiesa sembra aver  perduto definitivamente  la sua rilevanza internazionale. Nessuno dei Papi successivi è riiuscito a ottenere quella risonanza mondiale  che aveva distinto  nei secoli la Chiesa romana.
Certo,  non si può non ammettere quanto il mondo sia cambiato.  In realtà, però, il mutamento ha riguardato soprattutto la Chiesa. E a cominciare dal Vaticano II (1962-1965). Concilio, fortemente mediatico e mediatizzato (nel senso di aver subito grandemente l’influenza dei mezzi di comunicazione sociale): un Concilio, come si dichiarò ai quattro venti,   tutto rivolto all’ "aggiornamento"; che iniziò come pastorale e finì come dogmatico; che desacralizzò una liturgia millenaria; che trasformò i parroci in professori di sociologia. 
In definitiva,  si trattò  un Concilio che non tenne minimamente in conto, un fatto fondamentale, ben sottolineato da Franz Brentano, profondissimo filosofo:  che il sapere della Chiesa è un “sapere di salvezza” e non un sapere sociale e politico.
E la conseguenza politica  e storica  di questo fatto fu che, la Chiesa, giocando con Paolo VI la carta del socialismo,  andò in pezzi con esso.
A causa di questo processo  diminuirono  vocazioni e conversioni, due pilastri che  avevano permesso alla Chiesa, durante il papato di Pio IX (1846-1878) e Leone XIII (1878-1903), di resistere e poi battere il  Kulturkampf di Bismarck. Ovviamente il progressismo si guarda bene dal parlarne.  A  tale proposito va ricordato che per contro nel periodo 1871-1950  le vocazioni si moltiplicarono come del resto le conversioni di grandi pensatori e personalità varie: Scheler, Bergson, Newman, J.Green, il rabbino di Roma, Edith Stein, Simone Weil, Ch. Peguy, P. Claudel, L. Bloy, J. Maritain, Ch. de Foucauld, J. Joergensen, P. Wust, Raissa Maritain, J. Cocteau, G. Marcel, G. Chesterton, Y.Lewis, G. Greene, F. Copleston, T.S. Eliot, T. Haecker, E. Jünger, García Morente, per ricordare uno storico spagnolo.
Però queste conversioni, di altissimo livello intellettuale e spirituale,  cessarono di colpo  con lo “scandalo” del Vaticano II (dal greco skándalon  nel senso stretto  di  ostacolo, insidia, molestia,  capace di sviare l'uomo  dalla difficile strada  intrapresa verso il bene).
In questo modo, la Chiesa precipitò se stessa e i suoi fedeli  nella più grande confusione. Il famoso "aggiornamento" si risolse  nella  pedissequa accettazione della  istanze di una pubblica opinione che in larga maggioranza proveniva da una  sinistra liberaleggiante,  in verità  mai stata cattolica. Insomma, il concetto di "aggiornamento" fu un concetto equivoco, che all’interno della Chiesa venne inteso come adattamento parziale a certe necessità sollevate dalla modernità, mentre all’esterno, tra i nemici (massoni,  fondamentalisti ebraici, atei, marxisti, socialisti, liberali, protestanti, neopagani) venne giudicato come   resa  a  una tavola di valori,  lontana anni luce dalla  Chiesa: abbandono del celibato, sacerdozio femminile, pillola anticoncezionale, uso del preservativo, aborto, divorzio, matrimonio gay, il sacerdozio aperto agli omossessuali, l’eutanasia, l’utero in affitto, l’ irresponsabilità degli ebrei nella crocifissione di Cristo ( ci rifieriamo al passo di San Paolo nella I Tes. 2, 14-25: 1, contestato dalla teologia post-conciliare).
Il Papa ha rinunciato perché sapeva che la Chiesa, in quanto istituzione politica, era (ed è) nelle mani di poteri a lui superiori, come quelli  della Curia romana o di altri poteri indiretti. Cosicché, non volendo essere trattato alla stregua di un burattino, ha rinunciato. E in questo senso, come ha ben titolato il quotidiano madrileno, ex cattolico, “ABC”, “El Papa Libre” (“Il Papa [è] libero”).
Il Papa non ha agito, da agnostico, da persona indebolita dal male o dalla vecchiaia, né da borghese individualista che fugge davanti alle difficoltà, né ha agito in veste di Papa, altrimenti non avrebbe mai rinunciato. I Papi non scendono dalla Croce, come stato detto da un Vescovo. La decisione del  Santo Padre è stata una scelta privata della persona Ratzinger, in quanto unica, singolare e irripetibile. Parliamo della scelta di  un essere morale e libero.  Perciò,  sotto tale aspetto,  la scelta è indiscutibile.
Ci sono segnali che permettono sperare? Non molti. Di sicuro, i poteri che hanno generato la drastica decisione di Ratzinger, non cercheranno di porre sulla Cattedra di San  di Pietro un intellettuale politicamente progressista (Benedetto XVI nel suo messaggio al parlamento tedesco non propose “uno Stato socialdemocratico”? E alla fine della sua enciclica Caritas in veritate non parlò della costituzione di un governo mondiale?), già anziano  e impacciatissimo  nel manovrare gli  uomini. E allora?  Eleggeranno chi  avrà tutti i requisti racchiusi nel concetto di establishment: gruppo dominante che detiene il potere e l’autorità.
Ci arrischiamo a dire, che considerata la situazione finanziaria dello Stato del Vaticano, il prossimo Papa potrebbe provenire da qualche grande potenza, anche emergente.  Per  parafrasare un celebre detto, “Don Denaro” è un dominus molto importante.
 Le nostre  opinioni sono  puramente umane. E di sicuro ben altro sarà il criterio di Dio Padre Nostro che nella sua infinita grandezza  potrà giovarsi,  per influire sul prossimo Conclave, del soffio dello Spirito Santo. La cui  santa opera, però, va oltre l’analisi politologica. (trad. di C.G.)

Alberto Buela


Alberto Buela, filosofo argentino, professore universitario, collaboratore di programmi culturali  televisivi.  A Buela si devono fondamentali studi nel campo della metapolitica. Di recente ha pubblicato Teoria della dissidencia e Disyuntivas de nuestro tiempo . È in stampa il suo ultimo libro, Sobre el ser y el obrar.

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