venerdì 24 settembre 2010


Senso dello Stato (che non c'è)  
e crisi italiana


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Che cos’è il Senso dello Stato? In un attore politico è consapevolezza. E di che cosa? E' quasi banale dirlo: del fatto che gli uomini passano mentre le istituzioni restano. E che quindi le istituzioni sono più importanti dei singoli.
Il Senso dello Stato si interseca e spesso confligge con la Ragion di Stato. Ossia - parliamo da sociologi - con la tendenza a considerare le istituzioni, oltre ogni ragionevole limite, come "proprietà" personale o di gruppo.
Perciò il confine tra Senso dello Stato e Ragion di Stato resta piuttosto labile, soprattutto quando un uomo politico identifica se stesso con una determinata istituzione. In linea di principio l' identificazione dovrebbe essere massima nella monarchia, minima o pari a zero nella democrazia. Abbiamo usato il condizionale perché non sempre è così. La storia mostra re che hanno favorito la democrazia parlamentare e politici democratici assurti a monarchi.
Dal punto di vista sociologico un’istituzione (monarchica o democratica) è una rappresentazione sociale. Il che significa che le istituzioni si nutrono di “consenso sociale”: la rappresentazione, oltre a rinviare al rappresentante, rimanda, perché ne vive, al rappresentato. Dove non c’è il consenso sociale ( di qualsiasi tipo, non semplicemente espresso con il voto) non c’è rappresentazione. Certo, sussiste il rappresentante, ma presto privo di qualsiasi rappresentatività.
In questo quadro, il Senso dello Stato, principalmente nelle democrazie moderne, assolve un ruolo confermativo delle istituzioni: le legittima. Nel senso che maggiore sarà il Senso dello Stato mostrato dagli attori politici ( di maggioranza come di opposizione), maggiore sarà la rappresentatività delle istituzioni. In certa misura il vero uomo di Stato, non “lavora per se stesso” ma “lavora” altruisticamente per le istituzioni, affinché possano “durare nel tempo”.
Su queste basi come giudicare quel che sta accadendo in questi giorni nella politica italiana? Lasciamo la parola ai lettori.
Carlo Gambescia

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