giovedì 23 settembre 2010

I libri della settimana: Hans Morgenthau, Il concetto del politico. ‘Contra’ Schmitt, a cura di Alessandro Campi e Luigi Cimmino, Rubbettino 2009, pp. CXVIII-200, euro 16,00; Ernst Nolte, La rivoluzione conservatrice nella Germania della Repubblica di Weimar, a cura di Luigi Iannone, Rubbettino 2009, XI-76, euro 10.00 - www.rubbettino.it ; Lorenzo Zambernardi, I limiti della potenza, Etica e politica nella teoria internazionale di Hans J. Morgenthau, il Mulino 2010, pp. 251, euro 23,00 - www.mulino.it


Hans Morgenthau                                                                                Ernst Nolte

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Ci sono libri che vanno letti uno dietro l’altro o insieme perché affrontano, senza magari dichiararlo nel titolo, la stessa questione, ovviamente anche per contrasto... Ne citiamo tre, e non tanto a caso, visto che sono la “materia prima” della nostra recensione: Hans J. Morgenthau, Il concetto del politico. ‘Contra’ Schmitt, a cura di Alessandro Campi e Luigi Cimmino (Rubbettino 2009, pp. CXVIII-200, euro 16,00); Ernst Nolte, La rivoluzione conservatrice nella Germania della Repubblica di Weimar, a cura di Luigi Iannone (Rubbettino 2009, XI-76, euro 10.00), Lorenzo Zambernardi, I limiti della potenza. Etica e politica nella teoria internazionale di Hans J. Morgenthau, (il Mulino 2010, pp. 251, euro 23,00).
Qual è argomento dominante? Hans Morgenthau? Carl Schmitt? La rivoluzione conservatrice? No, il realismo politico. E nelle sue tempestose relazioni con l’etica e con gli alti e bassi della storia, fatti di trionfi, cadute, guerre e rivoluzioni,
Hans Morgenthau, politologo e internazionalista tedesco-americano, si muove, più o meno abilmente, tra realismo politico e comando etico. Carl Schmitt, giurista, espunge l’etica dei valori dalla politica, anzi dal “politico”. Mentre un profeta della rivoluzione conservatrice, come Moeller van de Bruck, proietta la politica oltre l’etica borghese, verso i sentieri scoscesi del sentire storico di "un popolo" per alcuni, di "una razza" per altri.
Tre figure fatte per non intendersi. A partire dal giovane Morgenthau - come rileva Alessandro Campi - che muovendo da "una concezione psico-sociologica del politico" si “contrappone apertamente alla concezione metafisica, astratta e per di più frammentaria e logicamente incongruente, avanzata invece da Schmitt” ( Il concetto del politico. 'C0ntra' Schmitt , p. CVII). Povero Schmitt… un tempo così apprezzato da Campi. Sic transit gloria mundi.
Del resto secondo Zambernardi, autore di un eccellente studio, Morgenthau sperimenterà “su di sé quell’enorme ‘potenza del niente’ che un pensatore tedesco come Jünger riteneva esperienza necessaria per conoscere la propria epoca”. E con un effetto di ricaduta, questa volta positivo: Morgenthau “trasformerà la tentazione nichilista, in cui grandi filosofi quali Heidegger e Schmitt e lo stesso Jünger erano caduti, in una forma di sobria lucidità, in critica nei confronti di qualsiasi dogmatismo, e, infine, in prudenza nei rispettivi campi di conoscenza, della morale e, soprattutto, in quello dell’agire politico” ( I limiti della potenza. Etica e politica nella teoria internazionale di Hans J. Morgenthau, p. 242).
Insomma, realismo, sobriamente lucido, non ignaro dei valori (Morgenthau) contro realismo nichilista, per un tratto a braccetto con il Belzebù nazista (Schmitt). Ai lettori l’ardua sentenza. Anche se probabilmente la storia l’ha già pronunciata.
Qui però si apre la questione del complicato rapporto tra realismo politico e liberalismo. Altro piano inclinato della storia. Un liberalismo, accettato scetticamente come male minore da Morgenthau. Ma contrastato, come sappiamo, da Schmitt e Moeller van de Bruck. Scrive Nolte a proposito di quest’ultimo: “Moeller condusse un attacco al liberalismo già nella raccolta Il nuovo fronte, pubblicata nel 1922: il liberalismo sarebbe espressione di una società che non è più comunità; avrebbe ‘sepolto culture, annientato religioni, distrutto patrie’ e rappresenterebbe l’autodissoluzione dell’umanità” (La rivoluzione conservatrice nella Germania della Repubblica di Weimar, p. 52).
Come conciliare realismo politico ed etica della libertà? Difficile dire. Come scrive Iannone, nella sua Introduzione: “Nei periodi di profonda crisi gli intellettuali hanno il dovere di esplorare tutte le strade possibili, anche le più ardite” (p. XI). Giusto. Ma come capire dove fermarsi per salvare la libertà di tutti ? Carl Schmitt lo comprese troppo tardi: dopo essere passato attraverso il fuoco della catastrofe nazionalsocialista. Morgenthau, emigrato in America dopo l'avvento di Hitler, vittima delle leggi razziali, aveva invece intuito tutto fin dall'inizio. Mentre Moeller van de Bruck, scomparso nel 1925, non farà in tempo a scoprire dove avrebbe condotto il sentiero "non interrotto" da lui intravisto...
Concludendo, tre libri aperti, che alle risposte definitive preferiscono anteporre le domande giuste. Lasciando che sia il lettore a interrogarsi e giudicare. Il che di questi tempi non è poco.

Carlo Gambescia

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