martedì 16 giugno 2009

Contrappunti
Leggere Lolita a Teheran? 
No grazie



L’amico Attilio Mangano si chiede, alla luce di quello che sta accadendo in Iran, se la sinistra sarà in grado di capire che “la domanda da porsi comincia a essere questa, la sinistra del futuro si chiama Lolita a Teheran” ( http://isintellettualistoria2.myblog.it/archive/2009/06/13/attilio-mangano-come-discutere-della-sinistra-del-futuro-sen.html ). Nel senso, se abbiamo capito bene, di una chiara scelta di campo in favore di quel diritto alla felicità, difeso da Azar Nafisi in Leggere Lolita a Teheran, e non di discussione, autenticamente liberale, sulla necessità di non imporre mai alle persone, come invece pare avvenire nell’Iran di Ahmadinejad, una certa idea di cosa "debba essere" il bene e la felicità per loro.
Crediamo, infatti, che il problema sia molto più complesso. E che riguardi il diritto o meno per ogni popolo di scegliere la sua strada, sulla base dei propri valori storici. Fermo restando(ecco il punto), all’interno di una scelta collettiva condivisa democraticamente, il diritto per ogni cittadino di dissentire.
Il che significa che il futuro della sinistra, non può essere rappresentato dalla difesa di un astratto diritto alla felicità buono per ogni latitudine, sostanzialmente occidentalista, ma dalla difesa dei concreti diritti individuali (di pensiero, parola, voto, eccetera), quando e se minacciati da un visione monolitica di ciò che "debba essere il bene per il popolo”. Dal momento che è giusto che ogni popolo scelga il proprio cammino, ma è altrettanto giusto che siano tutelate le minoranze dissenzienti.

Insomma, l'occidentalismo come pensiero unico, è una cosa, il liberalismo come tutela del pluralismo di pensiero, un'altra. Mai dimenticarlo.
Ora, non sappiamo di preciso che cosa stia accadendo in Iran: il velo occidentalista, ben più spesso di quello islamico, che caratterizza l’informazione, impedisce qualsiasi forma di documentazione oggettiva sulla situazione iraniana, ma di una cosa siamo sicuri: se la "battaglia" post-elettorale in corso, come sembra ritenere Mangano, è solo quella tra un astratto diritto alla felicità e il diritto di un popolo a vivere come democraticamente decide, allora crediamo che l’Iran debba essere lasciato libero di scegliere. O, se si preferisce, di sbagliare da solo…
Per contro, desiderando andare oltre questa scelta secca, si può sostenere che vero punto della questione, non sia quello, come suggerisce Mangano, di sposare una delle due cause (o il diritto dei popolo, o il diritto alla felicità), ma di individuare il "punto critico" dove il diritto di un popolo, facendosi opprimente sconfini nella tirannia e nell’oppressione del singolo.
Un’opera che di regola viene concretamente affidata e svolta da apposite commissioni Onu di controllo elettorale . Ma si pensi anche al ruolo innovativo che potrebbe giocare una vera internazionale socialista e liberale, capace di porsi, quantomeno moralmente, al di là degli schieramenti, e così svolgere attività di Terzo Garante, come dire, Elettorale. E qui piace ricordare il nome di Lelio Basso, che tanto fece per coniugare, pur combattendo un astratto diritto alla felicità, diritti dei popoli e diritti individuali.
Ovviamente, anche qui c’è una controindicazione: siamo infatti assolutamente consapevoli che proporre commissioni "neutrali" - già difficilmente proponibili in tempi normali - in un mondo in guerra e diviso blocchi, ( di qua l’Occidente, di là l’Islam) può sembrare molto ingenuo. E lo è.
Cosa che però non implica il dover essere d’accordo con la scelta puramente occidentalista, racchiusa nell’idea di un astratto diritto alla felicità “a prescindere”, che Mangano sembra considerare la via maestra per la sinistra.
Concludendo: Leggere Lolita a Teheran? No grazie.
Carlo Gambescia 

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