venerdì 23 giugno 2006




 Sanità
Il vero problema: l'area grigia 
pubblico-privato



Se il referendum, che si terrà domenica e lunedì, confermasse le riforme costituzionali varate dal centrodestra, potremmo tutti ritrovarci, in un futuro neppure lontano, con tante sanità regionali diverse. Il che rappresenta un rischio per tutti i cittadini. Perché?
In primo luogo, perché se vincesse il sì, alcune regioni, potrebbero favorire certe prestazioni e altre no. Inoltre, potrebbero essere esclusi da alcuni servizi i cittadini non "non residenti" nella regione. E il diritto alla salute è invece un importantissimo diritto sociale, sancito costituzionalmente (articolo 32).
In secondo luogo, perché le regioni con minori risorse e strutture (ad esempio quelle del Sud) verrebbero penalizzate, e sarebbero comunque costrette a fornire alcune prestazione specialistiche, infittendo i rapporti, quelli in regime di convenzione, con le imprese private.
Però non basta dire " no, noi questa riforma non la vogliamo". C'è un altro problema. Qual è il vero nodo da sciogliere, a proposito della sanità italiana? Il problema sempre eluso, fin dall' istituzione del servizio sanitario nazionale, avvenuta alla fine degli anni Settanta?
E' quello dell'esistenza della cosiddetta "area grigia", dove confluiscono le prestazioni sanitarie pubbliche "erogate" da privati "autorizzati". Il cosiddetto regime dell'assistenza in convenzione. Ora, è qui inutile citare dati (si tratta di cifre da capogiro, che finiscono nelle tasche di privati...). Basti dire tre cose.
La prima è che una caratteristica esclusivamente italiana.
La seconda, ancora più grave, è che fonte di corruzione, come stanno mostrando, per l'ennesima volta, gli scandali questi giorni.
La terza è che se tutti i governi dal 1978 (anno in cui venne varata la legge di riforma sanitaria), hanno lasciato che l'erba velenosa della "connivenza pubblico-privato" crescesse senza trovare ostacoli, una ragione ci sarà pure stata? E ci sarà? Visto che anche l'attuale governo di centrosinistra, sul punto, nicchia...
La risposta è semplice. Gli studi mostrano che nelle democrazie contemporanee la corruzione aumenta in quelle aree economiche semiprivate o semipubbliche, dove pubblico (i partiti) e privato (le imprese lobbiste) vengono a contatto. Che cosa succede? Nasce una specie di "secondo mercato", ovviamente illecito, dove dal lato dell'offerta, i "politici" mettono in vendita, permessi, licenze, appalti e liquidazioni di pagamento, che dall'altro lato, quello della domanda, le imprese private (i lobbisti insomma), sono del resto desiderose di "acquistare", e in misura crescente. E così, come avviene nella sanità italiana, la corruzione autoalimentata dal regime delle convenzioni tra pubblico-provato diventa per i politici una fonte di finanziamento e per i lobbisti una forma di investimento. Non solo: come insegna la sociologia della corruzione, la rete "corruttiva" crea un sistema di complicità sotterranee basato su scambi di favori, che non giova assolutamente al buon svolgimento, in termini di controlli, di un servizio semipubblico o semiprivato.
Perciò il vero nodo da sciogliere, non è tanto (o comunque solo) quello di evitare la frammentazione "federalistica" della sanità "nazionale". Ma innanzitutto di bonificarla. Come? Facendo una scelta secca. O pubblico o privato. E comunque sia, cominciare a investire in conto capitale. Il punto è quello di creare stutture sanitarie efficienti su tutto il territorio nazionale. Che lo faccia il pubblico o il privato è questione di scelte o gusti (ideologici) personali. L'essenziale è impedire che pubblico e privato continuino a fingere di farlo insieme... Perché la radice di ogni corruzione italiana si annida proprio lì.

Carlo Gambescia 

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