martedì 27 giugno 2006

Due  acuti  editoriali di Galli della Loggia
Cattocomunisti borghesi,  ancora pochi mesi...



In un due lunghi articoli apparsi sul "Corriere della Sera" (il 18 e il 26 giugno) Ernesto Galli della Loggia asserisce sostanzialmente due cose: a) che il populismo cattocomunista è morto; b) che la sinistra si è imborghesita.
Le due asserzioni sono collegate a una tesi ancora più ampia, sociologica e storica: quella della trasformazione sociale e culturale del ceto medio italiano (dopo il Sessantotto). Un ceto che da reazionario sarebbe divenuto progressista. Ma nel senso, e qui Galli della Loggia utilizza le tesi di Pasolini sulla mutazione antropologica dell'italiano medio, di un conformismo di massa, che avrebbe solo cambiato di segno. Ovviamente, alla base di questo processo Galli della Loggia pone l'avvento del postindustriale, il riassorbimento di parte della classe operaia nel ceto medio, e la fine, dopo la caduta dell'Unione Sovietica, seguita a quella più antica dei fascismi, di ogni possibilità reale di costruire una "terza" o "seconda" via, come alternativa al capitalismo liberale.
Galli della Loggia utilizza Pasolini, come una specie di randello, per "martellare" una sinistra, che a suo avviso, invece di essere con il Papa contro il consumismo, è contro il Papa e favorevole al consumismo (in tutti i sensi, anche sessuale).
Che valore storiografico e sociologico può avere un'analisi del genere? Tutto da discutere. E comunque non è questo il punto. Ne ha invece moltissimo sotto il profilo politico, come dire, "a breve". Perché quella che è un' incoerenza sotto il profilo dell'argomentazione storica e sociologica (non si può, come fa Galli della Loggia, prima delineare un processo come progressivo, cioè l'avvento della modernità sociale postindustriale, e poi rinfacciare alla sinistra "neoconvertitasi" di non contestarla, e a quella "non convertitasi" di contestarla ancora e troppo...), si trasforma, appena ci si trasferisce sul piano della retorica politica in critica astuta e ben finalizzata. Perché lo scopo degli editoriali è quello di demolire la sinistra nel suo insieme e così indebolire il governo Prodi: Galli della Loggia per un verso critica la sinistra moderata perché non è sufficientemente tale, dal momento che è troppo libertaria sul piano morale, per l'altro critica la sinistra radicale, perché troppo statalista - e quindi fuori tempo massimo - sul piano sociale. E critica entrambe perché, seppure con modi e toni diversi, sarebbero contrarie al Papa.
In effetti, il problema politico sussiste. Il governo Prodi è diviso tra libertari e sociali. Per non parlare del rapporto con gli Stati Uniti, che per i moderati di sinistra, a prescindere da Bush, rappresentano il meglio della postmodernità sociale capitalistica, mentre per i radicali, sicuramente il peggio... Quanto al rapporto con la Chiesa sarebbe necessaria una scelta netta (anche solo di toni): o di qua o di là. Senza tentennamenti. Anche se - ma questo è il parere personale di chi scrive, e quindi discutibilissimo - la via di una mediazione politica intelligente con la Chiesa, sarebbe la soluzione migliore, soprattutto, se vincesse la politica del "mani libere" con gli americani: un Papa pacifista, potrebbe essere un prezioso "alleato interno".
Comunque sia, per sottrarsi alla critica "politicamente" demolitrice di Galli della Loggia, il governo Prodi dovrebbe saldare insieme libertarismo morale e interventismo pubblico, nonché assumere un atteggiamento di assoluta libertà nei riguardi degli Stati Uniti. E infine chiarirsi con la Chiesa.

Ne sarà capace? 

Carlo Gambescia

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