venerdì 30 giugno 2006


Corsi e ricorsi
Beppe Severghini, il "graeculo"




Nel 212 a.C. la conquista di Siracusa, fece scoprire ai Romani tutta la ricchezza, anche culturale, della Magna Grecia e della stessa Grecia. E nel mezzo secolo successivo Roma infittì i rapporti soprattutto politici, economici e militari con la Grecia. Fino a impadronirsene completamente. Soprattutto dopo la seconda battaglia di Pidna (148 a.C.), che permise ai Romani vittoriosi di ridurre a provincia la Macedonia.
Intanto tra il 212 e il 148 a. C. Roma si era popolata di Greci: intellettuali, mercanti, esperti nelle arti divinatorie, architetti, ma anche truffatori, ladri, prostitute. Per i Romani, soprattutto quelli legati agli antichi costumi, la Repubblica si era andata popolando di individui spregevoli: prima di "italiaoti" (gli abitanti delle Magna Grecia) e poi di "graeculi" (i Greci veri e propri). Un termine dispregiativo, quest'ultimo, che si può tradurre con "grecuzzo", come sinonimo di parassita. Ad esempio, veniva definito tale, il retore greco che viveva a spese delle aristocratiche famiglie romane, vendendo il suo sapere, e spesso costretto a incensarle. Un altro esempio, magari molto alto, è quello di Polibio, autore delle classicissime Storie, portato in ostaggio a Roma dopo la prima battaglia di Pidna (168 a. C.), e poi fattosi apprezzare nel circolo intellettuale di Scipione Emiliano. C'era infine anche un altro termine, "pergraecari", che indicava appunto certa dissolutezza greca. Ma questa è un'altra storia.
Quel che è significativo è che sul piano politico-militare, l'apporto dei "graeculi", di qualsiasi condizione fu praticamente nullo. Roma, proseguì vigorosamente per la sua strada, fino alla costituzione del Principato e dell'Impero. Nel 148 a.C., Roma aveva davanti a sé , più o meno, altri sei secoli di storia. E che storia.
Perché questa lunga premessa? Perché l'articolo di Beppe Severgnini apparso ieri sul Corriere della Sera, nella rubrica "Italians", ricorda per stile e tono, l'atteggiamento verso Roma del "graeculo". Per carità, Severgnini, non è un graeculo qualsiasi. Si potrebbe scomodare, per eventuali raffronti, addirittura la figura di Polibio. E non tanto per la dottrina. Severgnini, per quanto capace, come formazione resta comunque solo un buon giornalista. Ma tuttavia, Severgnini, come Polibio con Roma, giudica il nascente "impero americano", quale unico orizzonte storico possibile. E di qui sicuramente proviene quel suo desiderio di "mettersi comodo in poltrona" visto che il film sarà piuttosto lungo...
Già il titolo del pezzo è tutto un programma: "Noi amici dell'America chiediamo allo zio Sam: 'Lasciaci venire da te' ". Severgnini, che quest'estate andrà a insegnare nel Vermont, ( ancorché scriva "parola d'onore: questa non è una protesta"), critica le autorità Usa per le lungaggini burocratiche che avrebbero preceduto la concessione del suo visto. Dovute ai noti problemi di sicurezza. Che Severgnini non discute.
Ma quel che colpisce delle sue critiche è proprio la forma mentis che c'è dietro. Un atteggiamento che gli specialisti di studi post-coloniali definiscono, di sudditanza psicologica del dominato. In sostanza, Severgnini che cosa rimprovera agli Usa ? Che l'attuale "complessità gotica delle burocrazia" impedirà agli italiani e agli europei di recarsi in massa quest'estate negli Stati Uniti. Dispiace dirlo, ma si perde il conto di quante volte nell'articolo, Severgnini si rivolga ai suoi ideali interlocutori americani chiamandoli "amici", come per mettere le mani avanti... E poi, come non definire irritante quel suo continuo piagnucolio da "graeculo"? "Ma è proprio necessario - scrive Severgnini, quasi in lacrime - per evitare i malintenzionati, trattare tutti da malintenzionati". Siamo alla supplica.
Il pezzo si chiude con un aneddoto: "Per caso, uscendo dal consolato, ho incontrato un collega che sta organizzando una rassegna internazionale di cucina italiana. Tra New York e Londra ha scelto Londra: solo per la facilità di far arrivare chef e invitati. Quanti hanno fatto come lui?".
L'impero Usa si è messo in marcia, e sta schiacciando qualsiasi ostacolo trovi sul suo cammino. ... E Severgnini si preoccupa di visti e rassegne di cucina italiana.

Eh sì, abbiamo i Severgnini che ci meritiamo.

Carlo Gambescia 

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