sabato 2 settembre 2023

Brics e futuro dell’Occidente

 



Gli anticapitalisti, gli antiliberali e gli antioccidentali fanno tifo per i Brics (acronimo di Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), stati che dal 2009 si riuniscono regolarmente una volta all’anno. Dal gennaio 2024 entreranno a far parte dei Brics Arabia Saudita Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran. Altri 22 stati dall’Algeria al Vietnam hanno presentato domanda di ammissione.

Qual è lo scopo dei Brics? Non è economicamente amichevole, perché questi paesi vogliono creare un’ area economica alternativa all’Occidente euro-americano, inclusivo di paesi come il Giappone, l’Australia, la Nuova Zelanda.

Si parla di una moneta alternativa al dollaro e all’euro, di un controllo sui prezzi delle materie prime. Insomma, di esercitare una pressione economica sull’Occidente, in particolare sugli Stati Uniti, in nome di una “democrazia” economica che ad esempio Cina e Russia non praticano al loro interno. O sulla quale si  nutrono dubbi, come in India.

In realtà, siamo davanti a un processo centripeto, sul piano economico, non ancora politico. Processo che a dire il vero finora non ha prodotto grandi risultati. Più proclami che altro. Però va analizzato con attenzione, perché non  si tratta solo  del vecchio copione terzomondista,  come poi vedremo.

Quale può essere l’atteggiamento dell’Occidente verso i Brics? In realtà l’Occidente, a sua volta, non è ancora un blocco unico. Ad esempio Europa e Stati Uniti hanno perso una decina di anni fa la grande occasione di creare quel mercato economico transatlantico, di cui ora non si parla più (*).

Si tratta perciò di impedire l’accentuazione di un processo centrifugo, sotto il piano economico (ma anche politico), tra Europa e Stati Uniti. Va osservato  che l’invasione russa dell’Ucraina, come tutte le guerre, ha rinsaldato l’alleanza atlantica. Però il nazionalismo, sulle due sponde (incluso certo “nazionalismo” europeo), non aiuta. Il che però può valere anche per i Brics, che politicamente parlando (per regimi politici, strutture economiche, culture morali e religiose) sono molto più divisi dell’ Occidente, a partire dai suoi cinque protagonisti.

Pertanto l’atteggiamento da adottare è di cautela, come davanti a ogni possibile pericolo. Inoltre va rafforzato l’ asse economico e politico interno all’Occidente. A un processo centripeto (Brics) si deve rispondere con un processo centripeto ( potenziamento dell’ asse Stati Uniti-Europa), altrimenti, l’ Occidente euro-americano rischia di subire la stessa sorte delle potenze incapaci di rafforzare tra di esse i legami politici ed economici.

Ogni divisione all’interno del mondo occidentale può diventare un regalo ai suoi nemici, in primo luogo la Russia, seguita da una Cina che, a causa della sua cripticità geopolitica (cosa vuole realmente?), rappresenta un pericolo o comunque una possibile minaccia per l’Occidente.

Ovviamente vale anche il contrario. Di qui la necessità di una qualche forma di attivismo dell’Occidente nel proporsi di seminare divisioni in campo “nemico”. Pensiamo per il momento a divisioni economiche. Ci si deve infatti augurare, che al processo centripeto dell’Occidente ne corrisponda uno centrifugo all’interno dei Brics. Come insegnano le regole o meglio regolarità della metapolitica.

Il vero problema perciò è rappresentato dal perseguimento della compattezza da parte dell’Occidente. Un processo centripeto che consenta all’Occidente di essere in grado di raccogliere la sfida dei Brics.

Sulla possibilità di realizzarlo avanzeremmo però qualche dubbio. Va infatti detto che in Europa le correnti di opinione antiamericane sono abbastanza forti, come pure negli Stati Uniti quelle isolazioniste. Crediamo manchi, per ragioni di crisi spirituale (per usare un termine sorpassato), che qui non indaghiamo, la coscienza, la fierezza, l’orgoglio (il “pride”) di ciò che ha rappresentato, di enormemente positivo, l’Occidente nella storia universale, soprattutto dalle grandi scoperte geografiche in poi.

A questa debolezza, se ne somma un’altra economica: si ritorna a credere, soprattutto in Europa, che ogni nazione dell’Occidente possa farcela da sola. O ancora peggio, che un’Europa, la stessa Europa che Aron e Freund hanno giustamente definito decadente, possa farcela da sola, senza gli Stati Uniti. In realtà, mentre l’isolazionismo americano può avere un fondamento economico, quello europeo, soprattutto sul piano del’energia, è pura fantasia. 

L’Europa ha necessità di alleati economici e politici. Ovviamente può sceglierli anche tra i Brics. Ma in questo modo favorirebbe quel processo centrifugo cui abbiamo accennato. Si darebbe una mano ai nemici dell’Occidente.

Va detto che il sorgere di divisioni, per ora geoeconomiche ma dalle conseguenze geopolitiche, non favorisce lo sviluppo di un mercato mondiale, unica forma di pacifico e libero scambio di beni e conoscenze tra i popoli. Negli ultimi due secoli, ogni volta che il nazionalismo ha avuto la meglio sull’internazionalismo economico, a far tempo dal blocco continentale napoleonico a quello vagheggiato dagli hitleriani, si sono innescate  guerre disastrose.

Si ripeteva, ogni volta, che dietro la libertà di commercio si nascondevano gli interessi delle nazioni ricche: l’egemonia prima della Gran Bretagna, poi degli Stati Uniti. E che quindi i popoli andavano liberati. 

Il nome di questi liberatori? Ieri, Napoleone, Guglielmo II, Hitler, Mussolini, Stalin, oggi Putin, Xi Jinping… Alcuni di questi personaggi sono tuttora idolatrati dagli anticapitalisti, dagli antiliberali, dagli antioccidentali ricordati all’inizio.

I Brics sembrano incamminati sulla stessa strada. Ripetono più o meno gli stessi slogan. E l’Occidente pare pronto a ripetere gli stessi errori.

Carlo Gambescia

(*) Si veda qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2014/05/il-libro-della-settimana-italico.html .

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