sabato 30 settembre 2023

A proposito di “Melonomics”...

 


Carlo Trigilia, oggi professore emerito di sociologia economica, va tuttora apprezzato per la sua giusta insistenza teorica (sviluppata in non pochi volumi e saggi) sul ruolo dell’informale nello sviluppo del mercato. Cioè del momento non istituzionale, ad esempio della cultura civica ramificata. Che Trigilia ha sempre inquadrato in un’ottica locale (dal basso verso l’alto). A lui si deve la fortuna del termine “distretto” economico e sociale.

Pertanto è un professore che parla o meglio scrive di cose che conosce. Però uno dei pericoli della sociologia è quello dello schematismo. Morbo che talvolta colpisce anche i migliori.

Come capita al professor Trigilia quando scrive di “Melonomics” quale prolungamento della “Reaganomics” (*). Il che, dispiace dirlo, significa due cose: 1) attribuire a Giorgia Meloni una cultura economica liberista che Fratelli d’Italia, per ragioni di eredità politica antiliberale (quindi siamo ben oltre il puro liberismo) ignora del tutto; 2) difendere di rimbalzo, non sappiamo quanto intenzionalmente, l’approccio statalista all’economia italiana, che la sinistra, sempre per eredità ideologica, ma di segno contrario, coltiva tuttora.

Si prenda come esempio lo schema proposto da Trigilia, delle due destre che convivrebbero all’interno del governo Meloni: quella neo-liberista del “tassa di meno spendi di meno” e quella populista dello “spendi di più e tassa di meno”.

Politiche che a suo avviso rinviano a un elettorato composito: operai e precari da una parte, piccoli imprenditori, lavoratori autonomi dall’altra. Di qui l’impossibilità di far quadrare il cerchio del consenso della “Melonomics”: se si tassa di meno non si più spendere di più, se si spende di più si deve tassare di più.

A dire il vero, l’unica politica coerente, dal punto di vista del realismo economico (quale rispetto delle leggi economiche, tra le quali ne ricordiamo una, semplicissima, di buon senso: le uscite non possono superare le entrate), sarebbe quella del  “tassa di meno spendi di meno” . Che però fa perdere voti. 

In realtà, Giorgia Meloni sembra invece molto affezionata a Palazzo Chigi. Quindi difficilmente cadrà sulla “Melonomics”, ammesso e non concesso che sia frutto di una meditata scelta culturale e non di un’improvvisazione dell’ultimo minuto:  cosa che invece crediamo possibile, considerato lo statalismo che ha sempre caratterizzato i fascisti dopo Mussolini. 

Pertanto la Meloni continuerà a navigare a vista. L’unica cosa che sa fare. Fino a quando, come una mela fin troppo matura, cadrà dall’albero. Generale Vannacci permettendo (pardon per la battuta, ma anche Pulcinella, scherzando, eccetera, eccetera).

E qui veniamo a ciò che sottende il ragionamento di Trigilia, che è il ragionamento tipico della sinistra. Il professore, nonostante gli anni trascorsi a studiare l’economia informale su microscala sembra non aver mai smesso di credere nell’ economia formale, in macroscala, teleguidata dallo stato. E nel nome di un mantra caro alla sinistra: quello, schemino più schemino meno, del “più si tassa più si spende”. Che non è meno pericoloso dello “spendi di più e tassa di meno" della destra populista.

Si mediti su un punto: i due approcci, sia il “più si tassa più si spende” sia lo “spendi di più e tassa di meno”, si basano sullo stesso presupposto, quello di una crescita economica elevata. Che però può essere favorita solo dallo sviluppo dell’economia di mercato, che invece rischia di essere fortemente limitato da quella spirale tra spesa pubblica e pressione tributaria che invece limita la libertà di mercato. Come? O con le tasse più elevate (sinistra) o con la spesa pubblica crescente (destra populista).

Va detto che sinistra e destra populista, poiché entrambe stataliste, puntano, per spezzare la spirale spesa pubblica pressione tributaria sul mitologico recupero dell’evasione fiscale, che però, come gli studi confermano, è funzionale alla crescita delle pressione tributaria. Quindi l’evasione fiscale si combatte con il taglio delle tasse.

Del resto l’evasione, per quanto possa essere criticabile dal punto di vista dello “stato etico” (di destra o sinistra) – altro Leviatano, ma, come si dice,  che  basti  una pena al giorno... – è una forma di autodifesa del contribuente, come individuo che cerca di sottrarsi al bacio della morte dello stato.

Il professor Trigilia non si offenda, ma nel nostro futuro non vediamo alcuna “Melonomics”, ma solo un passaggio di consegne tra due “fratelli coltelli”, se ci si perdona la caduta di stile. Infatti se il governo Meloni dovesse cadere, si passerebbe dai sostenitori dello “spendi di più e tassa di meno” (destra populista) al seguaci del “più si tassa più si spende” (sinistra). 

Che malinconia.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/cosi-la-base-elettorale-di-fdi-condiziona-la-melonomic-uk0yysr9 .

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