mercoledì 22 settembre 2021

L' Azionismo e i suoi amici...

Che cos’è l’Azionismo? Spesso se ne parla, ma quasi nessuno sa bene cosa sia. Diciamo che al di là dell’azionismo storico risorgimentale, che prende nome dal “Partito d’Azione”, corrente politica di varie tendenze, mazziniane, repubblicane, semisocialiste, socialiste, l’Azionismo novecentesco ha salde radici sociali nell’antifascismo di sinistra, liberal-socialista. Quindi non marxista. Nonostante ciò, l’Azionismo del XX secolo si nutre di una visione della società di mercato in cui lo stato si deve occupare dei consumi sociali (infrastrutture, scuole, strade, sanità, ad esempio), mentre al mercato sono lasciati i consumi privati (inerenti ad esempio al tempo libero, agli acquisti di beni vari, eccetera). Capitalismo sociale di mercato, allora? Non del tutto, perché la radice comune dei diversi azionismi, di ieri come di oggi, rimanda al giacobinismo, a una versione totalitaria, non liberale, e se liberale solo a parole, della democrazia. Che vede nello stato la soluzione, non il problema. In sintesi, “il giacobino sa cosa è bene per il popolo”, e per imporlo usa tutta la forza dello stato. Il totalitarismo giacobino, quindi azionista, consiste nell’oppressione delle minoranze. Altro che liberalismo. Infatti, per l’azionista, proprio nel senso dell’azione politica, l’ultima parola spetta sempre allo stato, non all’individuo. Si tratta di una forma macro-archica di liberalismo che scorge nell’archia (governo, dominio, potere) dello stato (di qui, il macro) un potente regolatore delle disuguaglianze sociali e promotore di nuovi diritti civili anche i più fantasiosi, ribattezzati come liberali, purché ben visti dalle élite giacobine: dal culto dell’Essere supremo alla celebrazione dei diritti dei granchi violinisti. Enrico Letta, per esempio, è un azionista, come lo è Macron. Ma si pensi anche allo spagnolo Sánchez. Diciamo che la crisi verticale del marxismo ha provocato un poco ovunque – si pensi alla stessa Germania delle coalizioni di centro-sinistra degli ultimi anni, incarnate dalla Merkel – il rilancio di un liberal-socialismo, il cui liberalismo si riduce ai diritti dei crostacei. A un’etichetta su un barattolo di frutti di mare dai contenuti socialisti. In genere, alle radici dell’azionismo c’è un atteggiamento di sufficienza verso il popolo. Il che spiega, di rimbalzo, perché le destre, notoriamente elitarie, oggi appoggino, un poco ovunque, il populismo, vellicando furbamente il popolo “tradito” dalle élite liberal-socialiste. Si può dire che il Populismo sta all’Azionismo come l’Azionismo sta al Populismo. Grosso modo, queste sono le categorie politiche, tutte e due estranee al liberalismo, intorno alle quali si è sviluppato il discorso pubblico (paola grossa) in Occidente. In particolare dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, che ha visto il rilancio del liberalismo, al quale però si subito opposto il giacobinismo azionista. Sia l’azionismo che il populismo hanno però connotazioni fortemente razziste. Quelle del populismo verso “lo straniero”, l’”immigrato” sono note. Meno note, perché non rimandano al colore della pelle, sono quelle dell’azionismo verso gli avversario politico in genere. Che, il giacobinismo azionista dipinge come un nemico, con il quale non si deve neppure provare a parlare Per capirsi: se il liberalismo, storicamente parlando, ha trasformato il nemico in avversario, favorendo la mediazione politica, l’azionismo continua a considerare chiunque “pensi diverso” un nemico assoluto. Da abbattere, anche in senso fisico. Si tratta di una retorica forte e menzognera al tempo stesso, che ricorda quella populista contro l’immigrato. Infatti, alcuni studiosi, a tale proposito, parlano dell’azionismo come espressione di un populismo di sinistra. Comunque sia, per una riprova di questa ferocia – insomma di quanto stiamo dicendo – basta andare subito in edicola, anche digitale, e acquistare una copia del quotidiano “Domani”. Si legga l’editoriale di Stefano Feltri. Già il titolo è tutto un programma: “Berlusconi resta tutto ciò a cui la sinistra si deve opporre”. In pratica, abbiamo sotto gli occhi, una specie di micromanuale di antropologismo sociale antiberlusconiano. Il Cavaliere viene liquidato in perfetto stile giacobino-azionista come rappresentante “ di un pezzo dell’ identità condivisa dal paese”. Berlusconi, ovviamente non è un santo, ma il delirio, perché di questo si tratta, di “Domani” (Feltri ne è direttore), rinvia a una retorica che, senza tanti complimenti, asserisce la presunta superiorità di una “razza” azionista su tutte le altre “razze” politiche. Certo, l’editore di “Domani” è un nemico giurato di Berlusconi. Però qui siamo ben oltre l’antipatia o l’odio personale. L’editoriale di Stefano Feltri è un documento storico e sociologico. In poche battute spiega e fa capire l’essenza stessa dell’Azionismo. (Carlo Gambescia) P.S. Ci scusiamo per la formattazione. Ma purtroppo per il momento meglio di così...

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